Una via giusta, non ci si divida
mercoledì 27 marzo 2019

La legge 194 sull’interruzione di gravidanza è un totem. Chi la tocca ne rimane scottato. Ma anche soltanto a "guardarla" da lontano, scalda parecchio. Così non si può discutere di nulla che abbia a che vedere con la vita nascente che subito si sollevano gli scudi di contrapposte "fazioserie", con toni francamente paradossali. È successo anche ieri, quando una proposta di legge targata Lega e finalizzata a introdurre in Italia l’istituto dell’adozione prima della nascita, è diventata ipso facto una «manovra oscurantista» e una «mossa subdola» per «minare la libertà e l’autodeterminazione della donna». Non solo: riconoscendo la «capacità giuridica del concepito», cosa peraltro inesistente in questi termini nella proposta di legge, si vorrebbe «ostacolare l’applicazione della 194» e, manco a dirlo, «tornare al Medioevo». Il totem sembra non ammettere una discussione non inquinata dall’ideologia, e la prossimità del Congresso mondiale delle famiglie di Verona, con il suo strascico polemico per le presenze sovraniste, non aiuta le parti a giudicare con lucidità.

Allora partiamo da un dato che dovrebbe essere condiviso: l’interruzione di gravidanza secondo la legge italiana non è un "diritto" per nessuno, ma una possibilità garantita dall’ordinamento a determinate condizioni. Le stesse femministe storiche – che nella elaborazione del pensiero sull’aborto non hanno mai preso in considerazione il figlio concepito, ma soltanto la libertà di scelta della donna – sono arrivate a questa conclusione.

La legge 194 è però anche «per la tutela della maternità», e prevede che lo Stato metta in atto misure per evitare la scelta abortiva. Quali sono le alternative che, a tutt’oggi, lo Stato offre? Nessuna. Nessun vero supporto morale e nessun aiuto economico per superare situazioni di difficoltà e consentire a una donna di rinunciare all’aborto. Di questo si occupano, con eroico impegno e risorse limitate, i Centri di aiuto alla vita. Allora, è così scandaloso pensare di rimettere al centro il tema del diritto alla vita di tutti i bambini? O affermare che per ogni gravidanza indesiderata, l’aborto è un insuccesso e la nascita una vittoria? Al contrario, la preferenza per la vita dovrebbe essere una priorità per ogni Paese civile.

Il progetto della Lega non è perfetto ed è suscettibile, come tutte le proposte di legge, di miglioramenti anche sostanziali. Alcuni dati citati nella premessa non sono i più recenti e non sono sempre usati in maniera corretta. Né i deputati proponenti, primo firmatario il padovano Alberto Stefani, anni 28, prevedono un rafforzamento dei sostegni alle donne perché possano abbracciare un progetto di famiglia. È bene essere chiari: l’adozione del concepito non è un aiuto ad accogliere un figlio, così come l’articolo 2 della legge 194 chiede (vanamente) allo Stato di mettere in campo, bensì una importante e decisiva chance di vita per un figlio non desiderato, uno strumento auspicabile per evitare l’aborto. E infine, in ultima battuta, una valorizzazione dell’adozione e della generosa disponibilità di migliaia di aspiranti genitori.

Le imperfezioni e le incertezze della proposta di legge non giustificano che la si liquidi tra le invettive e senza un minimo di riflessione. Certo, perché se ne possa discutere con serenità occorrerebbe sgomberare il campo anche da altre strumentalizzazioni. L’affermazione della dignità e soggettività del concepito è una grande battaglia di civiltà, ma agitare in maniera strumentale, in questo contesto, la bandiera del 'riconoscimento giuridico', oggi, può sortire il risultato di alzare muri e di scoraggiare l’avvio di un dialogo su un percorso auspicabile e percorribile.

Così come occorre dire con fermezza che non si tratta di 'aprire all’utero in affitto', perché l’iter di adozione del nascituro avverrebbe su continua sorveglianza del Tribunale dei minorenni e non ci sarebbero contatti, a quanto si legge nell’articolato, tra gestante e coppia di aspiranti genitori. Quanto al fatto che esiste già il 'parto in anonimato', è senz’altro vero, ma si tratta di una possibilità in più, un et et e non un aut aut. Insomma, non buttiamola in 'caciara'. Parliamone, si apra un confronto onesto, non ideologico, pragmatico. Perché meno si litiga sulla vita, e soprattutto sulla vita dei piccoli e dei deboli, meglio è. È urgente difenderla, è importante promuoverla, è necessario accoglierla.

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