venerdì 16 febbraio 2018
Caro direttore, è certamente positivo che l’economia italiana abbia avuto una costante accelerazione nel 2017, anche se, come ha giustamente ricordato Andrea Monticini ieri su 'Avvenire' ...
Un «patto della fabbrica» per dare futuro al Paese
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Caro direttore,
è certamente positivo che l’economia italiana abbia avuto una costante accelerazione nel 2017, anche se, come ha giustamente ricordato Andrea Monticini ieri su 'Avvenire', un Pil in crescita non significa che tutti stanno meglio e che la crisi del 2008-13 sia definitivamente superata. Nonostante i progressi registrati in molti settori, la nostra economia cresce ancora molto meno rispetto a Paesi come la Francia e Germania. E soprattutto siamo molto lontani da una equa distribuzione della maggior ricchezza che abbiamo saputo produrre attraverso i sacrifici delle famiglie e l’impegno di tante lavoratrici e lavoratori.

La crescita economica viene da maggiori investimenti in nuove tecnologie, infrastrutture, capitale umano, con una riforma fiscale capace di favorire lo sviluppo e l’aumento dei consumi. Ma è importante avere anche un nuovo sistema di relazioni industriali incentrato sulla partecipazione, sulla maggiore produttività e sulla qualità di ciò che le imprese realizzano. Di fronte alla sfida della economia globalizzata, se non entra in campo l’innovazione competitiva, le imprese italiane faranno sempre più fatica a vincere la concorrenza nei mercati internazionali. Ma per fare questo abbiamo bisogno proprio di quel «patto della fabbrica» più volte evocato dagli stessi industriali italiani, superando gli ultimi ostacoli che sono emersi nella lunga fase negoziale. I tempi sono maturi per un accordo, lo diciamo con grande convinzione. Ogni ritardo, ogni titubanza, sarebbe inconcepibile e costituirebbe un grave danno per il nostro sistema economico, per il rilancio della produttività e dei salari.

È necessario, quindi, attraverso buone e innovative relazioni industriali, trovare una sintesi responsabile per creare un clima sociale favorevole al consolidamento della crescita. La grande trasformazione che il mondo del lavoro sta subendo ci riporta al nostro antico mestiere: contrattare. Oggi abbiamo bisogno di condividere gli obiettivi con il sistema delle imprese, fissare regole chiare sul piano dei rinnovi dei contratti, la formazione permanente, il salario, il welfare contrattuale, la misurazione della rappresentanza anche per le imprese, in modo da evitare il pericolo di un 'dumping' negoziale.

Possiamo sperimentare forme nuove di partecipazione non solo organizzativa, ma anche nel capitale delle imprese, utilizzando i fondi contrattuali e previdenziali come lo strumento per costruire una vera democrazia economica. Ecco perché le prossime giornate saranno decisive e costituiranno un banco di prova importante per le parti sociali. Il cambiamento sta riportando al centro un forte bisogno di sindacato, come abbiamo visto nelle vertenze esplose negli ultimi mesi ad Amazon, Ikea, Embraco. Anche dove l’economia ha creato modelli di business nuovo, occorre tutelare meglio il lavoro, la sua sicurezza e la dignità della persona. In questa campagna elettorale fatta quasi solo di slogan, in cui ogni partito sembra chiuso nel giardino del suo proprio elettorato, senza una visione di futuro per l’Italia, con una tendenza a cavalcare e amplificare tutte le tensioni che si muovono nella società, sindacati e imprese possono dare un contributo forte alla concretezza e al «realismo» più volte evocate in queste settimane dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. e dal presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti. Questa è la strada da intraprendere, esercitando fino in fondo il nostro mestiere, rimettendo al centro del dibattito del Paese il ruolo dei corpi intermedi, l’importanza della partecipazione e del dialogo sociale nel governo delle società complesse.

*Segretaria Generale Cisl

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