martedì 19 aprile 2011
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Caro direttore,tutti (o quasi) i giornali sono stati sostanzialmente d’accordo con quando titolato in prima pagina e nelle analisi interne di "Avvenire": nel film "Habemus Papam" di Nanni Moretti c’è un ritratto umano, ma manca la fede. Ancora una volta, nei nostri tempi, in un’opera artistica, del cattolicesimo viene messa in evidenza la dimensione orizzontale, non quella verticale. Ancora una volta ho ripensato a quanto l’allora cardinale Joseph Ratzinger disse nel 1988, e ribadì nel 1991, in "Svolta per l’Europa?": «Nella letteratura contemporanea, nell’arte figurativa, nei film e nelle rappresentazioni teatrali domina prevalentemente un’immagine cupa dell’uomo. Ciò che è grande e nobile desta a priori sospetto; dev’essere tolto dal suo piedistallo e ridimensionato». Cordialmente,

Raffaele Vacca - Fondatore del Premio Capri S. Michele

Gentile direttore,rientrato in Assisi dopo un’indimenticabile giornata trascorsa a Roma con un caro amico, mi sono ritrovato anch’io, quasi per caso, alla proiezione dell’Habemus Papam di Nanni Moretti, solleticato da un battage mediatico che negli ultimi giorni era diventato sempre più insistente. Speravo, in cuor mio, che la pellicola potesse raffigurarmi il successore di Pietro con tratti di umanità. La realtà, purtroppo, è ben altra: il film mi è apparso una cinica pantomima, di linguaggio ibrido (tra il comico, il realistico e l’introspettivo, senza essere né l’uno, né l’altro, né l’altro ancora), dove l’icona impenetrabile diveniva eroe dello sberleffo, dove la norma ripiegava nella normativa a rovescio, dove la sacralità cedeva il posto al ridicolo e il sentire individuale, che avrei voluto realmente conoscere, era ridotto ad una pietosa e incomprensibile sindrome di Peter Pan. Vorrei dire ai curatori del film che è difficile emulare Pirandello o Svevo se non si possiedono analoghe qualità artistiche...

Luigi Proietti, Tordibetto di Assisi (Pg)

Gentile direttore,ho visto ieri Habemus Papam di Moretti. Ma no, si sbaglia Salvatore Izzo. Non c’è offesa, non c’è dileggio, per me neanche satira o facile ironia, che francamente era quello che "sospettavo" prima della visione. Anzi, è un racconto a modo suo intimamente religioso. Certo, di una religiosità molto umana, popolaresca, un po’ "alla romana" ma senza cadere mai nel solito cinismo e mai nell’anticlericalismo (altra intenzione che "sospettavo" prima di vederlo…). Su tutto, poi, una interpretazione del candidato-Papa di Michel Piccoli con toni di una misura e di una simpatia umana straordinari: nessun altro film laico ha mai raccontato in modo così umanamente affettuoso e rispettoso la figura di un Papa (e anche quella degli altri porporati e abitanti del Vaticano). Credo che, alla fine, questo è un film che resterà tra i film più paradossalmente cattolici. Con grande stima e molti cordiali saluti.

Sisto Gungui Malli, Brescia

Caro direttore,«Il Papa di Moretti? Ritratto umano ma senza fede»: la lettura dell’articolo di Marina Corradi (Avvenire del 15 aprile) mi è stata di grande conforto; mi sento meno solo nel sostegno della Fede che, all’età di 84 anni, ho ancora la grazia di conservare, nonostante le distrazioni e i dubbi di certa scienza. Vado ripetendo Domine non sum dignus ma, come scrive il mio "coscritto" cardinale Martini nell’articolo pubblicato da Avvenire dello stesso giorno, mi sorregge la Speranza del Suo incontro, quando verrà la mia ora.

F.B.

Interroga e provoca diversi (e persino opposti) pareri l’ultimo film di Nanni Moretti. Si dirà che questo è quanto un’opera che aspira a essere d’arte può e deve fare, anche se non sempre ci riesce. Ma io – che ancora non ho trovato tempo e modo per vedere 'Habemus Papam', e che ho già affidato alla critica bella e acuta di Marina Corradi la 'lettura ufficiale' della pellicola (Avvenire, venerdì 15 aprile) – lascio volentieri la parola ad alcuni dei lettori e amici che ci stanno scrivendo in proposito con gusto, passione e – requisito essenziale – rispetto e buona creanza. Secondo un costume che è regolarmente praticato sulle pagine di Avvenire e anche altrove, ma che altrove – quando è Avvenire a praticarlo – suscita evidentemente stupore e soprattutto clamore. Me ne occupo, qui, proprio per questo.La lettera aperta di Salvatore Izzo, valente vaticanista dell’Agi (una delle principali agenzie di stampa italiane), proponeva domenica scorsa un punto di vista argomentato e diverso dal nostro, con una proposta di 'boicottare' il film morettiano articolata con la verve caratteristica di quel collega giornalista che conosco e apprezzo da tempo. Per questo gli ho assegnato, in questa pagina di dialogo, il nobile spazio che – di quando in quando – diamo a liberi contributi, interni ed esterni al giornale, di quel tenore ('In cauda venenum') o di tenore opposto ('Dulcis in fundo'). Siamo fatti così, guarda un po’, noi giornalisti del quotidiano d’ispirazione cattolica. E lo facciamo così, questo giornale. Con la libertà di ragionare, di scegliere e di pubblicare anche opinioni altrui, a volte pure in forma di 'ripresa' da altri giornali. Perché ricordo quello che i nostri lettori sanno già benissimo? Perché quella mordace lettera è diventata la 'parola' di questo giornale. Salvatore Izzo da qualcuno è stato addirittura proclamato sacerdote, anzi 'Monsignore'. Potrei alzare le spalle e persino sorriderci su... Ma poi, domenica sera, in tv, qualcuno ha proposto a Moretti stesso una domanda sull’«editoriale di Avvenire» (testuale) che avrebbe proposto il boicottaggio preventivo del suo film... Adesso, qualcuno dirà che me la prendo sempre con Fabio Fazio e con il suo programma. Ma che cosa ci posso fare se Fazio fa spesso e volentieri operazioncine di questo tipo?Come posso non ricordare che è stato Fazio ad aver fatto finta di non vedere un mese di campagna di Avvenire («Fateli parlare») per chiedergli di dare voce in un suo programma di successo anche ai malati (e ai loro familiari) descritti come «vite indegne» da chi aveva fatto scelte di tipo eutanasico? E come faccio a non ricordarmi di aver personalmente scritto in quell’occasione almeno tre editoriali (che forse erano davvero «di Avvenire») per chiedergli non di portare in tv «portavoce» di un qualche movimento, ma di fare intelligentemente e onestamente spazio a storie vere (e silenziate) di sofferenza, di solidarietà e di bellissima resistenza umana e civile al dolore e all’abbandono di disabili e malati gravi? Come faccio a non rammentare di aver avuto per tutta risposta una paradossale 'lezione' sulla libertà di chi non fa posto nei suoi programmi (e Avvenire quando mai glielo aveva chiesto?) a «portavoce di movimenti pro-life»? Insomma, gli editoriali di Avvenire sono tali, e meritevoli d’attenzione, solo quando lo decide Fazio. Forse semplicemente (e legittimamente, ci mancherebbe) lui Avvenire non lo legge. Il problema è che quando non vuole – o non può – evitarlo, ne parla lo stesso, a sproposito.Quasi come Moretti che dice – a quanto pare anche a noi – «prima andate a vedere il mio film». Beh, è esattamente quello che i nostri critici hanno fatto, e Moretti in realtà lo sa. Risposta furba, la sua, a una domanda sbagliata e furbetta. I nostri lettori, che stupidi non sono, hanno deciso – o decideranno – in tutta libertà che cosa farsene di questa storia di celluloide. Io avrei ancora intenzione di andare a vederla (da cronista vado sempre alla 'fonte'), ma se continua così mi faranno passare la voglia...
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