Tre lettere piene di parole e gesti cristiani. La fede conta e la buona Italia c'è
sabato 27 luglio 2019

Caro direttore,
ancora morti inghiottiti dal Mediterraneo. Tanti, troppi! Ancora e soltanto finte polemiche per le finte iniziative della politica europea e mondiale in tema di migrazioni, di rifugiati e richiedenti asilo, di semplici persone in grave stato di sofferenza, che provano a fuggire dai loro inferni e da quelli che altri hanno attrezzato per loro! E all’origine ci sono sempre le guerre, alimentate dagli interessi e dall’avidità di gruppi di potere che considerano l’umanità alla stregua di un sottoprodotto scadente, ingombrante, da usare e poi gettare. Perché valgono molto di più le risorse naturali che le terre hanno nella pancia, e anche quelle che si ottengono colonizzando vastissime superfici da coltivare. La «terza guerra mondiale a pezzi» di cui parla papa Francesco è il risultato di questo assalto alla dignità dell’uomo e alla sua persona, una rapina violenta che si consuma ogni giorno sotto i nostri occhi, che ormai non vedono più – se mai hanno visto – perché non vogliono ammettere una tragica realtà rimossa persino dalle coscienze.
Ma non ci sarà pace finché non capiremo cos’è il rispetto e l’amore al prossimo, ma anche alla natura che ci accoglie e ci nutre, senza chiedere nulla in cambio che non sia la propria salvaguardia. Non ci sarà pace finché continueremo a costruire e vendere armi, a erigere muri e reticolati, barriere fisiche e morali, schiavizzare le persone. Potremo ancora salvarci solo se riscopriremo in tempo il valore dell’umanità, ovvero di quel bene che ognuno custodisce in sé ma che troppo spesso non vuol condividere con nessuno. Che anzi vorrebbe sottrarre agli altri, come potesse assicurare potenza e immortalità, anziché dannazione certa!
Intendiamo chiedere perdono ai tanti morti “di turno”. Da soli, sappiamo di non poter riuscire a influenzare i responsabili morali di queste tragedie quotidiane. Ecco perché abbiamo scritto questa lettera, che si aggiunge alla voce delle sorelle clarisse e carmelitane scalze che sta raccogliendo parecchie adesioni: possiamo solo sperare che alla nostra indignazione si sommi quella di tante altre organizzazioni e persone che continuano a credere nell’umanità. Possiamo sperare di unire le nostre forze e fare pressione su chi decide dei nostri destini, pregarli energicamente di cambiare politica, fino a costringerli a operare per la pace e il rispetto di tutti gli esseri umani e del creato che ci ospita.
Antonio Gianfico
Presidente della Federazione Nazionale della Società di San Vincenzo de’ Paoli


Caro direttore,
nella settimana che ci siamo lasciati alla spalle, mentre alla Camera si votava il cosiddetto "Decreto sicurezza bis" in mare morivano centinaia di persone la cui sorte oramai non interessa più a nessuno. Persone sacrificate sull’altare della propaganda e dell’egoismo, pericolose per il solo fatto di esistere e per il tentativo disperato di sopravvivere. Tutto ciò genera un dolore e una rabbia immensi che aumentano con la sempre più chiara consapevolezza che anche chi cerca di arginare questa deriva vergognosa – salvaguardando quel minimo e purtroppo non sufficiente slancio di umanità – viene criminalizzato e costretto a pagare di persona per le proprie scelte di giustizia e di solidarietà.
Lo vogliamo ribadire con forza: è giusto salvare vite umane ed è giusto disobbedire a tutte quelle leggi che vanno contro ogni individuo, ai suoi diritti, alla sua vita; questa vergogna deve finire! Non dobbiamo più sacrificare alcuna persona e alcuna vita sull’altare della nostra ipocrisia e del nostro egoismo. Facciamo appello a tutte le realtà, alle associazioni, ai cittadini, alle forze politiche affinché si oppongano con noi in maniera decisa e contrastino con tutti i mezzi le prossime fasi dei cosiddetti “Decreti sicurezza”, mettendoci la faccia con decisione, senza posizioni pilatesche o furbe.
Venerdì scorso, 26 luglio, come Emmaus Italia abbiamo versato altri 25.400 euro raccolti dal nostro movimento e dalle nostre comunità in favore di Mediterranea; allo stesso tempo auspichiamo l’urgente ritorno in mare della nave Mare Jonio, e perciò sosterremo tutte le altre navi che sono già presenti nel Mediterraneo (come la Sos Méditerranée o quelle che aderiranno all’appello delle istituzioni umanitarie internazionali per il salvataggio di ogni persona in mare). Non ci sentiamo per questo criminali. Piuttosto consideriamo tali quanti, con vergognosa ignominia e con la scusa di aumentare la nostra sicurezza, colpiscono i più poveri e i più deboli con atti di vigliaccheria e arroganza disumana, del tutto contrarie ai messaggi evangelici che pure vengono sbandierati a ogni occasione. Dobbiamo interrompere questa deriva e combattere con decisione le vere cause di miseria e di sofferenza. Lottiamo ed esponiamoci insieme. Dopo sarà troppo tardi.
Franco Monnicchi
Presidente di Emmaus Italia


Caro direttore,
le scriviamo a proposito della lettera aperta che 62 monasteri femminili di vita contemplativa hanno indirizzato al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio e che il suo giornale ha pubblicato lo scorso 13 luglio 2019. In essa, come sa, si esprime «preoccupazione per il diffondersi in Italia di sentimenti di intolleranza, rifiuto e violenta discriminazione nei confronti dei migranti e rifugiati che cercano nelle nostre terre accoglienza e protezione». La Fondazione Giorgio La Pira, che ha il fine istituzionale di conservare e diffondere il messaggio e la testimonianza del Professore, vuole sottolineare la grande importanza di questo documento, espressione dell’anima autentica e profonda della Chiesa, che richiama la coscienza di ogni cristiano di fronte a un problema di estrema urgenza per la nostra società.
La Pira, infatti, volle sempre fondare il proprio impegno di intellettuale, di amministratore e di operatore di pace sul contatto continuo con la meditazione e la preghiera delle suore, a cui proponeva – con una fitta corrispondenza – i temi più pressanti della pace e della convivenza umana, nel quadro di una vera e propria “teologia della storia”. La Pira asseriva – di fronte ai suoi interlocutori più autorevoli e potenti che ne rimanevano, come lui diceva, esterrefatti – di poter contare sul sostegno e la forza di migliaia di oranti in trecento monasteri di clausura: da lui considerati appunto «le forze più misteriose e soprannaturali della Chiesa e della storia».
Il tema è stato ripreso, di recente, da papa Francesco, il quale con la Costituzione Apostolica Vultum Dei quaerere del 2016, ha indicato la vocazione delle contemplative «come “fari” che illuminano il cammino degli uomini e delle donne del nostro tempo». Anche il Papa richiede il loro sostegno per quanto operano nel mondo: «Non privateci di questa vostra partecipazione alla costruzione di un mondo più umano e quindi anche più evangelico». La Fondazione, pertanto, ritiene necessario invitare ogni cristiano a non sottrarsi a questo provvidenziale appello, che non è limitato a coloro che hanno fatto una scelta di vita particolare, ma riguarda il messaggio che Cristo ha portato nel mondo: e quindi a considerare dovere di tutti quello di ricercare nei ripetuti richiami evangelici alla solidarietà e all’accoglienza la spinta per un impegno concreto non solo nelle strutture ecclesiali, ma anche di fronte alle istituzioni del nostro Paese.
Fondazione La Pira, Firenze

Toni diversi, ma una stessa preoccupazione. È giusto e mi colpisce molto che si stiano manifestando, poco a poco, con questa lucida e appassionata contemporaneità (sia in senso cronologico sia in senso di consapevolezza del tempo che stiamo attraversando) le diverse sensibilità che caratterizzano il cattolicesimo italiano. Con questo termine intendo persone e realtà impegnate nella vita della Chiesa e nei coerenti cammini di servizio e di testimonianza che si aprono a partire dall’adesione sincera e piena di speranza al Vangelo di Gesù. Impegni che, su un piano civile, si esprimono nella condivisione dei valori fondanti del nostro patto costituzionale, valori che la fede illumina in modo decisivo. La lettera ai presidenti della Repubblica e del Consiglio delle sorelle claustrali che tantissimi stanno continuando a condividere e a sottoscrivere ne è stata una limpida e coinvolgente dimostrazione. E continua a farmi pensare che quel segnale, quel battito dolce e fermo sia venuto dal cuore più riposto, e tutto offerto a Dio, della Chiesa che è in Italia.
Mi colpisce anche, cari amici e care amiche, che per dire la nostra fede in Gesù Cristo e per batterci per un mondo più giusto, cominciando dalla nostra società italiana ed europea, dobbiamo occuparci di uomini e donne che non sono tutti e tutte nostri fratelli di fede (anche se in Italia gli immigrati e i richiedenti asilo sono in maggioranza di fede cristiana). Mi colpisce che le vicende, le domande, le fragilità e le potenzialità di queste persone che sono uguali a noi in umanità eppure “altre da noi”, in diversi modi e sotto diversi aspetti, ci spingano anche a interrogarci e a capire chi siamo e che cosa significa oggi per noi dire: “Io sono di Cristo, Lo ascolto, provo a vivere la vita buona che Lui mi propone”. Qualcuno crede che questo significhi usare la propria identità cristiana per “fare muro”, per affermarsi e separarsi, per escludere e, magari, anche per autoescludersi. Le tre lettere della Fondazione La Pira, di Emmaus Italia e della Società di San Vincenzo de’ Paoli Italia che sto accompagnando con queste mie parole ci ricordano, in modo differente e convergente, che essere cristiani e cattolici significa stare dalla parte dei poveri e dei deboli, sempre, senza paura, con fede perché quella è la parte di Cristo.
Dire questo significa, come dice qualcun altro, non volere regole e non volere confini? No, significa volere regole giuste per chi richiede asilo e per chi semplicemente desidera emigrare, significa non volere barriere assurde, senza vie e senza porte di accesso ben illuminate per chi le percorre e difese dai trafficanti e da ogni altro malintenzionato, significa volere sicurezza per tutti, soprattutto per i più fragili, ma non volere mai disumanità, significa volere che l’Italia resti se stessa... Significa voler bene al nostro Paese, difenderne la giusta legalità e restare umani. Le due cose stanno insieme. Se non stessero insieme, il nostro essere cristiani e cattolici sarebbe solo un modo di dire. Se non stessero insieme, anche l’Italia e i valori della nostra cultura sarebbero già finiti. Così non è. E questo è il tempo giusto per dimostrarlo.


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