Tra pace e guerra: a proposito di ideologici, pragmatici e coerenti
giovedì 6 aprile 2023

Gentile direttore, concordo con la sua risposta alla bella lettera di Rita Bailo (sabato 25 marzo 2023): «Da più di un anno bandiera della pace (e due colori rafforzati) al balcone». La lettera chiede «una soluzione di pace duratura che rispetti i confini ucraini senza mortificare troppo Putin e i suoi». Mortificare troppo no, ma un po’ tanto sì. Quanto alla «coraggiosa opposizione nonviolenta russa» spero sia di dimensioni tali da almeno pareggiare la così ritenuta maggioranza italiana che si oppone ideologicamente all’invio di armi, salvo il non patire conseguenze come avviene di là. Auguro buon lavoro.

padre Luigi Amigoni

Caro direttore, ho sempre apprezzato i suoi editoriali, soprattutto quelli a favore della pace nel mondo. Quello con cui sabato 18 marzo ha commentato l’azione della Corte penale internazionale contro Vladimir Putin meno. Leggendo le sue parole, ho ricordato con amarezza le parole del vescovo di Kiev che diceva di non poter perdonare ancora i russi. Forse, questo “ancora”, in attesa del ritiro incondizionato della Russia dall’Ucraina. Non voglio accennare alle ragioni storiche della guerra in corso, non sono una esperta, ma nella mia ignoranza cerco invece di capire come stanno le cose, ascoltando e vedendo le notizie, e vedo i bambini “rubati” da Putin felici, mentre si vede nei tg i bambini tornati in Ucraina tristi e spaesati. C’è anche qualche racconto su di loro e sulle loro famiglie e le contraddizioni a me risultano chiare, contraddizioni che spesso caratterizzano anche articoli sui giornali e servizi nella televisione e nella radio. Vogliamo la pace o no? Il mandato di arresto della Corte dell’Aja è scattato proprio alla vigilia di una nuova iniziativa della Cina, con il suo stesso presidente, che ha riacceso la speranza che un ritrovato dialogo possa contribuire alla pace in Ucraina. Penso alle parole del Vangelo che per spiegare il primo comandamento e anche il secondo dice: «Ascolta Israele...». Ecco il punto: se a Est e a Ovest almeno quelli che si dicono cristiani ascoltassero la Parola, il mondo vivrebbe in pace. Grazie

Silvana L.

Grazie davvero, gentile e caro padre Luigi, per la sua condivisione. So quanto vale. Mi dispiace solo che anche lei continui a qualificare inesorabilmente come «ideologici» coloro che si spendono per la pace e non vorrebbero che l’Italia inviasse armi in teatri di guerra. Secondo questa logica, dunque, «pragmatici» e «realistici» – cioè il contrario di ideologici – sarebbero tutti quelli che accettano che ci si affanni, anzi che letteralmente ci si ammazzi, per fare la guerra? Ci sarà sempre un’ottima e “giusta” ragione per ripetere, moltiplicare e distruttivamente amplificare il gesto fratricida di Caino. Ma ci sarà sempre, e io spero sempre di più, una chiara e tenace volontà di non acconsentire a questo abominio e – come sta scritto (cfr. Rm 12,21) – di «vincere il male con il bene». E io credo che questo sia il vero realismo – in Ucraina, in Russia e in Occidente –, l’obiezione decisiva alla follia sacrilega della guerra (papa Francesco) di cui con coraggio dobbiamo essere capaci. Non per debolezza né per remissività al male, ma per amore. Ne abbiamo abbastanza di tenere aperte le fabbriche delle armi e della sofferenza e di continuare a “mortificare” l’umanità e il creato. Capisco e apprezzo anche lo spirito dell’accorata riflessione della signora Silvana (rispetto la richiesta di non firmare per esteso, la sua lettera). Ma so che volere la pace non significa mai chiudere gli occhi, in nessun modo, sugli orrori della guerra. Anzi sono più che mai convinto che l’azione di pace debba nutrirsi di questa consapevolezza laica, vigile e continuamente alimentata. Così come sono certo anch’io che se almeno coloro che si dicono cristiani vivessero davvero la Parola, il mondo sarebbe un posto migliore per tutti. Invece che discutere di ideologici e di pragmatici, vogliamo provare a essere semplicemente coerenti? (mt)




NON SONO CREDENTE E DA QUALCHE TEMPO VI LEGGIUCCHIAVO, MA ORA SONO ABBONATA

Gentile direttore, mi dispiace, mi dispiace molto dover ricorrere alla tecnologia. Avrei preferito scrivere una lettera a mano, mi pare più consona a trasmettere emozioni e sentimenti. Ma, temo, non l'avrebbe ricevuta o comunque non sarebbe stata consegnata. Scrivo, dunque, per dirle che leggiucchiavo “Avvenire” sul web da qualche tempo o anche su Facebook e, pian piano, ho dovuto riconoscere che mi intrigava e mi attiravano soprattutto gli articoli di un suo collega, Nello Scavo, che ho anche conosciuto di persona a un incontro pubblico. Sono una vecchia donna di 85 anni, ho “lavorato” per e con molti migranti, dal 1999 al 2020, poi sono stata costretta a smettere per acciacchi dell’età (più qualcuno di quelli che toccano anche a giovani e bambini). Quelle persone, tuttavia, sono sempre presenti. Ciò che vorrei dirle è che alla fine mi sono abbonata al giornale che lei dirige. Non leggo tutto, ci sono argomenti che non mi interessano, non sono credente e trovo Catholica e Agorà un po’ troppo difficili, ma nel complesso il quotidiano mi piace, tanto che ho pubblicizzato “Avvenire“ tra conoscenti e amici che ora vi leggono e che si sono stupiti, conoscendovi, del lavoro che fate. Ho, però, una lamentela: mi pare che Scavo scriva di meno... Perché?

Luciana Carnevale

Grazie, gentile signora Luciana, per averci scoperto sino ad abbonarsi e per averci fatto scoprire anche da altri e altre. Scriviamo per questo. E se le sembra che il nostro ottimo collega Nello Scavo scriva un po’ meno, i casi sono due: o batte la fiacca o sta lavorando a qualcosa di buono. Io, pensi un po’, propendo per la seconda ipotesi... (mt)

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