martedì 7 settembre 2010
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Ambigua, insufficiente, propagandistica, fraudolenta. La fine della lotta armata annunciata domenica scorsa dall’Eta, il movimento separatista basco che ha sempre teorizzato e praticato il terrorismo come metodo politico, è stata accolta da un generale scetticismo che sembra accomunare governo, opposizione e opinione pubblica spagnola. In effetti le perplessità sono tante e non prive di giustificazioni. Il nuovo alto el fuego, diffuso attraverso la Bbc quasi a voler sottolineare il totale disprezzo per i canali informativi iberici, rappresenta l’undicesima tregua proclamata dall’Eta nei suoi 42 anni di storia, disseminata di sanguinosi attentati e drammatici sequestri che hanno fatto più di 800 vittime. L’ultima proposta per un cessate il fuoco venne avanzata nel marzo del 2006, ma pochi mesi dopo la banda terrorista tornò alle vecchie abitudini collocando bombe perfino nei luoghi turistici, come fece a Maiorca nell’estate di un anno fa.Il lungo video-messaggio trasmesso dalla tv britannica, verboso e ideologico com’è tipico di questi "idealisti" con le mani sporche di sangue, restringe il "cessate il fuoco" alle azioni offensive e accenna a una tregua, evitando però di qualificarla come permanente. Auspica, poi, «un processo democratico» per arrivare all’indipendenza dei Paesi Baschi in contrapposizione al «processo di pace» già tentato inutilmente dalle autorità di Madrid.Secondo molti analisti il documento tradisce il profondo stato di crisi dell’Eta, più che mai indebolito dopo i duri colpi subìti da un’azione coordinata delle forze di polizia che hanno smantellato la struttura clandestina del movimento non solo in Spagna ma anche in Francia, con l’arresto di cinque importanti capi militari e di decine di militanti. C’è chi avanza il sospetto che gli indipendentisti baschi abbiano bisogno di una pausa per riorganizzarsi e rifarsi il look in vista delle elezioni regionali del 2011 dopo che la magistratura ha messo fuori legge il partito Batasuna, braccio politico dell’Eta.Eppure c’è anche un’altra spiegazione cui vorremmo credere. L’annuncio di voler mettere fine alla lotta armata è arrivato al culmine di una lunga discussione all’interno del movimento secessionista dove negli ultimi tempi si erano fatti sentire gli appelli a rinunciare alla violenza da parte della cosiddetta sinistra "abertzale" dello schieramento politico basco. L’idea portata avanti da questa nuova sinistra è quella di giungere all’auto-determinazione attraverso un negoziato sull’esempio di quanto avvenuto nell’Irlanda del Nord. I loro dirigenti sono rimasti in stretto contatto con gli ex membri dell’Ira, l’esercito indipendentista irlandese, e sono giunti alla conclusione che a Bilbao, come già successo a Belfast, la pace è a portata di mano.Nel suo libro, "La verità, il nostro destino", il giornalista irlandese John Waters ha ben descritto il meccanismo che è scattato tra acerrimi nemici e li ha trasformati in sinceri partner di governo: «Non si è trattato di una riconciliazione sdolcinata, ma di un profondo rapporto umano che ha superato le barriere ideologiche, storiche e politiche». Waters ha definito questo processo come «lo sbrinamento di un frigo» che esige pazienza e determinazione. Insomma, la storia cambia quando sul suo cammino s’incontrano uomini con un cuore cambiato e con uno sguardo non più offuscato dall’odio. È troppo sperare che una simile logica riesca finalmente ad abbattere l’ultima roccaforte del terrorismo "made in Europe", gli irriducibili dell’Eta?
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