sabato 16 febbraio 2013
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«Convertitevi e credete al Vangelo», sono le prime parole pronunciate da Gesù nel Vangelo di Marco (1,15b). Nel quadro di significato e di compito di questo imperativo, la Chiesa ci fa iniziare e percorrere il cammino quaresimale. Esso ci viene personalmente rivolto nella liturgia delle ceneri, il primo giorno di Quaresima. Monito di significato morale, decisivo della qualità della vita. Esso chiama a una libertà più grande. Una grandezza non misurata dalla somma dei poteri di fare e degli svincoli da divieti, ma dallo spessore morale della libertà. Liberi si è per diventarlo. Si è per natura: libertà nativa di autodeterminazione. Ma per diventarlo, nell’autodeterminazione per il bene, che rende buona la vita.L’autodeterminazione per il cristiano prende la figura della fede. Il bene la figura del Vangelo: «Credete al Vangelo». Il Vangelo è la "lieta notizia" dell’avvento di Dio e del suo Regno: «Il tempo è compiuto, il Regno di Dio è vicino» (Mc 1,15a). Annuncio che precede e fonda l’imperativo della fede, quale attitudine adeguata a riconoscerlo e accoglierlo. Nell’evento di Gesù – nella sua persona, nella sua opera come nella sua parola – il Regno di Dio è venuto a noi: Gesù è il sacramento della "vicinanza" di Dio, segno escatologico (ultimo e definitivo) del suo pro nobis. Così che in lui «il tempo è compiuto». Non c’è da aspettare un altro tempo. Con il Regno è venuto a noi il tutto di Dio. E il suo tutto implica il tutto dell’uomo, della sua libertà di fronte a Dio. Libertà che ha la forma della fede: libertà per Dio, nell’umanità sacramentale di Gesù.Ma non c’è libertà per senza libertà da: da tutto ciò che non è Dio e vuole surrogare Dio nella nostra vita, da tutto ciò che viene a noi con le pretese del regno di Dio ma è dominio dell’uomo. Di qui il nesso fede-conversione: non c’è opzione per il Regno di Dio senza conversione da tutto ciò che impedisce a Dio di venire a noi, alla sua signoria di dimorare in noi, perché occupati e dominati da altre signorie. «Io sono il Signore, tuo Dio: non avrai altri dei di fronte a me» (Es 20,2-3): è l’esigenza prima della legge e della conversione cui essa muove. Una conversione basilare e originaria, come liberazione da tutte le egolatrie e idolatrie che rimuovono il primato e l’unicità salvifica di Dio dalla nostra vita. Ego/idolatrie portate e alimentate dalle religioni senza Dio di una socio-cultura che immanentizza e secolarizza l’anelito d’infinito delle coscienze e delle libertà. Per ciò stesso abbandonate alla propria finitezza. Una conversione, nel contempo, permanente e attuale da tutte le ego/idolatrie del quotidiano, fatte di appagamenti e tornaconti, vanità e banalità, che allontanano il credente da Dio e dal Vangelo, involgendolo in una rete di apatie e dipendenze che gli tolgono la «libertà dei figli di Dio».La libertà oggi soffre di un deficit di liberazione, che le preclude l’elevazione e l’espansione morale. Liberazione che il Vangelo chiama conversione. Conversione "in radice" dalla cultura dell’avere-potere-piacere che invade e cattura il conoscere e il volere. Conversione "in situazione" da quella mistura di edonismo e utilitarismo, di autoreferenzialità e meschinità che contamina e degrada il vissuto. Per questa portata antropologica di redenzione delle coscienze e delle libertà, la conversione è un appello e un’opportunità per tutti, cristiani e no. E la Quaresima è un tempo offerto a tutti. Tempo dell’anima, perché «non di solo pane vive l’uomo» (Mt 4,4). Tempo per il silenzio, l’interiorità e l’ascolto. Tempo della cura di sé: «Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde o rovina se stesso?» (Lc 9,25). Tempo di grazia, in cui la misericordia di Dio, venuta a noi con Gesù Cristo, provoca e incontra la volontà di ritorno e rinnovamento dell’uomo.
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