Oltre gli egoismi generazionali
mercoledì 23 ottobre 2019

Una società a ostacoli può dirsi ancora casa accogliente per i propri figli, oppure li farà progressivamente sentire come ospiti indesiderati, pur non dichiarandolo apertamente? Effetto e insieme causa della lunga crisi di sistema che fatichiamo a lasciarci alle spalle, l’irrigidimento della struttura sociale ha prodotto una serie di vincoli, di zavorre, di barriere che rendono sempre più difficile l’affermarsi delle nuove generazioni attraverso il naturale sviluppo delle potenzialità individuali. I giovani sperimentano una fatica nell’affacciarsi sul proprio futuro che i loro padri non hanno conosciuto, almeno non nelle proporzioni attuali. Uscire dal guscio e assumere le responsabilità che derivano da un fisiologico passaggio di consegne tra generazioni è diventata un’operazione che ipoteca un’ampia fetta della vita, sino a scoraggiare giovani che non si vedono mai davvero riconosciuti i galloni di adulti da adulti che pretendono di restare per sempre giovani.

Tra le generazioni finisce per ergersi così un muro che si fa invalicabile, e che spinge molti giovani a gettare la spugna, a cercare soluzioni di ripiego, ad accettare qualunque condizione pur di non sentirsi di troppo, o a espatriare costruendo altrove un futuro che l’Italia sembra non essere più in grado di garantire loro. Un realismo crudamente pragmatico indotto dal trovarsi circondati da ostacoli sociali che molti non hanno la forza di scavalcare.

Per le proporzioni patologiche che ha assunto come fenomeno di massa, in un Paese che invecchia in modo accelerato, la cesura che si produce su base anagrafica nel cuore della nostra società è il fattore che dovrebbe stare al centro dell’agenda politica, economica e sociale, con le sue molteplici ricadute, dalla famiglia alla demografia, dal sistema educativo alle politiche del lavoro. E ieri Sergio Mattarella ha messo a fuoco, con toni assai preoccupati, proprio questo nodo problematico. Il presidente della Repubblica lo ha fatto invocando la «necessaria alleanza tra le generazioni», un nuovo «patto» che chiuda una «frattura» che, se «penalizzasse i giovani» – come sta accadendo «nel lavoro, nel reddito, nella possibilità di costruirsi una famiglia e un futuro» –, secondo il capo dello Stato «sarebbe certamente tra le più dannose per la comunità».

Lasciare che si disperda il «capitale sociale del Paese» per effetto di «una società con diseguaglianze insuperabili e con steccati interni» è uno sperpero che non solo produce passività e decrescita ma, con le parole allarmate di Mattarella, «spezza la catena della fiducia, della trasmissione dell’esperienza, della speranza di pensare e realizzare, insieme, un futuro migliore». L’esito non può che essere il terreno reso sterile, non più capace di aprire «opportunità e occasioni di assunzione di responsabilità» ai propri giovani. Il problema ormai è di un’evidenza solare, eppure pare non se ne comprendano la portata e l’urgenza di affrontarlo con impegno proporzionale alla sua entità.

La curva della popolazione che si impenna nelle classi d’età sopra la sessantina sta assumendo le sembianze simboliche di una scalata a una parete verticale, troppo irta perché le speranze, le forze e le idee che i giovani portano con sé diventino energia a beneficio di tutti, com’è sempre accaduto. Mattarella ricorda a tutti che qualcosa si è rotto nel naturale patto tra giovani e adulti, al punto da far concepire strambe (e inquietanti) proposte di esclusione degli anziani dai diritti fondamentali – come il voto – pensando così di abbattere con la dinamite dell’ideologia la barriera che sta separando la società, anziché sgretolarla con l’azione paziente della solidarietà e di un vero investimento sul futuro.

Attenzione allora al gioco pericoloso di «creare artificiose contrapposizioni », o di «porre in concorrenza le generazioni per quanto attiene alla distribuzione delle pubbliche risorse»: perché così si spingono gli italiani in «un terreno insidioso che pone in discussione la stessa coesione sociale», erosa oggi forse come mai prima nella nostra storia recente. Potremmo scoprirci privi degli anticorpi per respingere come estranea la tentazione – che certo non ci appartiene come popolo – di dividerci per classi di età. Insieme all’azione in atto per legittimare culturalmente la rottamazione degli anziani non più utili alla causa collettiva, o la cui condizione li rende troppo onerosi, è questa un’insidia sulla quale stare in guardia, che impone a chi la scorge l’obbligo morale della denuncia per chiamare all’impegno. Perché se «la prima preoccupazione di ogni famiglia è l’avvenire di figli e nipoti», come spiega paziente il capo dello Stato, la strada per il futuro di tutti è chiara: si tratta ora di smontare gli ostacoli che la disseminano.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: