mercoledì 18 febbraio 2009
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La riforma del Concordato conclusa il 18 feb­braio 1984 ha svolto una funzione che risalta di più a distanza di tempo, perché ha rinnovato il legame storico che unisce la Chiesa all’Italia, consegnando al passato polemiche e vecchi stec­cati ormai senza significato in una società che viveva l’epoca dei diritti umani. Ma la capacità riformatrice del Concordato del 1984 deriva an­che dal fatto che ha dato origine ad una stagio­ne di rinnovamento che ha cambiato il volto dei rapporti tra Stato e Chiese in Italia e in Europa. Il primo cambiamento ha riguardato il nostro Paese, dal momento che nel testo dell’accordo hanno trovato convergenza i principi della Co­stituzione e i valori del Concilio Vaticano II, e si è delineato un modello di relazioni che non pre­vede più privilegi ma diritti, eliminando condi­zionamenti reciproci ed affermando la volontà di Stato e Chiesa di lavorare per la promozione del­l’uomo e il bene del Paese. Di qui hanno preso avvio le Intese con altre confessioni, anzitutto con la Tavola Valdese e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, promovendo il rispetto del plu­ralismo confessionale che nel frattempo trovava spazio nel dialogo interreligioso promosso da Giovanni Paolo II. L’accordo italiano del 1984 ha fatto scuola un po’ dovunque in Europa, perché da allora ad oggi lo strumento concordatario è stato adottato da mol­ti Paesi dell’Est europeo che si sono riaffacciati alla democrazia, e ha influenzato la legislazione ecclesiastica di Stati che volevano recepire i prin­cipi di libertà religiosa e laicità dello Stato. Il da­to numerico è impressionante perché oltre alla revisione di Concordati già esistenti ne sono sta­ti stipulati diversi altri (se ne contano oggi più di 15) fino ad interessare la metà del continente eu­ropeo, in termini di Stati e popolazione. In Pae­si come la Polonia e l’Ungheria, la Slovenia e la Croazia, Costituzione e Concordato sono dive­nuti segni di una riacquista libertà religiosa do­po la notte del comunismo. In altri, come Rus­sia, Romania, Bulgaria, le Costituzioni e il rico­noscimento del ruolo storico e sociale dell’Orto­dossia cristiana hanno voltato pagina rispetto al passato di persecuzioni e ostilità antireligiose. L’attualità della riforma del 1984, inoltre, è con­fermata dal fatto che la maggior parte delle scel­te normative compiute in Italia ha trovato ri­spondenza in altre legislazioni nazionali, al pun­to che si sta formando per la prima volta nella sto­ria quasi un diritto comune europeo in materia di rapporti con le Chiese e una disciplina delle re­lazioni ecclesiastiche abbastanza omogenea. Ba­sti pensare che in quasi tutti gli ordinamenti è oggi garantito l’insegnamento religioso nelle scuole, concepito in modo da lasciare libera scel­ta alle famiglie e ai ragazzi, e che esso è stato rein­trodotto in Paesi come la Romania, la Polonia, la Russia, la Slovacchia e i Paesi baltici, dove prima esisteva solo una opprimente campagna ateisti­ca. Un po’ dovunque sono previsti finanziamen­ti per le Chiese e le loro attività sociali, e quasi dappertutto le strutture religiose svolgono im­portanti compiti di supplenza negli ambiti del­l’assistenza, della scuola, del sostegno agli e­marginati. Anche la Francia, rimasta a lungo legata ad una visione laicista, sta vivendo una interessante e­voluzione che ha trovato eco nelle parole rivolte da Nikolas Sarkozy a Benedetto XVI in occasio­ne del suo viaggio a Parigi, quando ha ricordato le profonde radici cristiane della storia e della so­cietà francese, e ha sottolineato che la Repubbli­ca «ha bisogno di uomini che credono e che spe­rano ». Quasi evocando gli esiti della secolarizza­zione, Sarkozy ha richiamato il ruolo della fede in una società che non può essere svuotata di va­lori ideali ed etici. Il Concordato e le Intese, però, non sono fine a se stesse. Il processo riformatore che esse hanno avviato deve essere portato a compimento anche promovendo i diritti degli immigrati e delle loro comunità, che si trovano non di rado in una con­dizione disagiata, dal punto di vista civile e reli­gioso. Oggi è necessario che lo Stato, nel pieno rispetto dei principi costituzionali e della nostra tradizione e escludendo gruppi o movimenti fon­damentalisti, si impegni perché alle confessioni che vengono da altre esperienze sia fatta una con­dizione giuridica giusta e adeguata. Garantire la libertà religiosa a tutti costituisce u­na delle condizioni perché le Chiese cristiane, in primo luogo i cattolici e gli ortodossi, possano riproporre all’Europa che si va unificando quel messaggio spirituale che ha valenza universale e che vede nel rispetto del diritto alla vita e dei di­ritti umani, nella solidarietà per i più deboli, il cuore di una identità capace di parlare a tutto il mondo.
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