mercoledì 2 luglio 2014
Gli effetti (sottovalutati) della crescente rinuncia al «trivalente»
di Vittorio A. Sironi
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Non è un’emergenza sanitaria, ma potrebbe diventarla. Quasi trecento malati di morbillo negli Stati Uniti (dove è quasi debellato): un incremento così alto di casi nei primi cinque mesi dell’anno non si registrava dal 1994. Anche in Italia un centinaio di casi a Bologna in pochi mesi hanno messo in allarme le autorità sanitarie. Sono le conseguenze dovute al drastico calo delle vaccinazioni contro questa malattia: nel nostro Paese meno 2 per cento ogni anno dal 2010 a oggi, con una percentuale complessiva di vaccinati per il morbillo (e per la parotite e la rosolia, la cui immunità è ottenuta somministrando un unico vaccino "trivalente") che sfiora appena l’88 per cento. Al di sotto di quel 95 per cento considerato la soglia necessaria per raggiungere la cosiddetta "immunità di gruppo" in grado di garantire protezione anche al restante 5 per cento di persone che non possono essere vaccinate perché immunodepresse o sotto l’anno di età.Il morbillo è considerato una malattia infantile innocua, ma non è così. È molto contagiosa e può colpire a tutte le età. Nel mondo è la prima causa di morte per malattia infettiva tra i bambini: quasi 140 mila vittime all’anno. Un numero ancora assai alto, anche se non paragonabile ai 2 milioni di bambini uccisi ogni anno da questa malattia prima del 1963, quando si iniziò a utilizzare in modo sistematico il vaccino contro il morbillo. In Italia i casi di morbillo sono raddoppiati ogni anno dal 2010 a oggi, quasi tutti in persone non vaccinate o non correttamente vaccinate (una dose sola non basta, per avere la copertura completa serve un secondo richiamo), comprese nella fascia di età tra i 15 e 19 anni. Anche quando non letale il morbillo comporta un rischio elevato (un caso ogni mille malati) di encefalite, una grave infiammazione del cervello con postumi spesso permanenti. Molti genitori evitano la vaccinazione contro il morbillo per i loro figli (consigliata ma non obbligatoria) perché sottovalutano i rischi di questa malattia. Un numero ancora maggiore lo fa perché influenzato negativamente dalla convinzione che esista un legame tra vaccino e autismo. Un’affermazione tuttora molto diffusa su Internet, che trae origine da uno sconvolgente articolo pubblicato nel 1998 sulla rivista The Lancet dal medico inglese Andrew Jeremy Wakefield nel quale si sosteneva appunto che il vaccino trivalente potesse essere responsabile dell’insorgenza dell’autismo nei bambini trattati. Nel 2010 però, dopo una serie di accurati controlli, la rivista sconfessò l’articolo di Wakefield poiché i dati da lui riportati risultarono falsi, così come lo erano le sue conclusioni. Egli venne radiato dall’ordine dei medici inglesi, ma i danni provocati da questo annuncio sono stati enormi. In Gran Bretagna, dopo la pubblicazione, in poco più di una decina d’anni il tasso di immunizzazione è crollato dal 93 al 73 per cento. Inoltre, anche dopo la smentita ufficiale, l’eco delle sue affermazioni continua a influenzare pregiudizialmente ancora oggi molta gente.
I medici sono concordi nel ritenere che non esiste alcun legame tra il vaccino trivalente (o quello per il morbillo) e l’autismo. I benefici della vaccinazione sono grandemente superiori ai rischi e ai costi. Occorre solo un’adeguata informazione e uno sforzo di sincera razionalità. I vantaggi per la salute che l’uso delle vaccinazioni ha portato in ambito medico sono stati enormi, anche se questa pratica, sin dal suo esordio, ha sempre dovuto essere difesa da falsità e pregiudizi. Grazie alla vaccinazione di massa il vaiolo è stato completamente eradicato in tutto il mondo, come ha ufficialmente annunciato nel dicembre 1979 l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Eppure lo scopritore del vaccino antivaioloso, Edward Jenner, quando alla fine del Settecento dimostrò come l’inoculazione nel braccio di un bambino di materiale purulento proveniente da pustole di mucche infette da vaiolo bovino – una malattia simile a quella del vaiolo umano, ma, a differenza di quest’ultima, non letale – lo rendeva immune anche dalla forma umana, dovette lottare non poco per far accettare le sue idee. Non fu sufficiente dimostrare l’efficacia e la non pericolosità della sua tecnica: egli dovette anche difendersi da chi si opponeva al suo metodo perché, "contaminando" con materiale di provenienza animale il corpo umano, trasformava l’uomo in bestia.
Anche Albert Sabin, ideatore negli anni Sessanta del secolo scorso di un efficace e sicuro vaccino contro la poliomielite o paralisi infantile – un’altra terribile malattia altamente contagiosa in grado, sino a metà Novecento, di uccidere o di paralizzare migliaia di persone, soprattutto bambini – dovette impegnarsi strenuamente per dimostrare la superiorità del suo vaccino orale con virus vivi attenuati nei confronti del vaccino iniettivo con virus uccisi messo a punto qualche anno prima da Jonas Salk. Grazie a Sabin e al suo vaccino – che egli non brevettò mai per evitare che lo sfruttamento commerciale dell’industria farmaceutica, aumentandone eccessivamente il costo, ne limitasse la diffusione – ora anche la poliomielite è in procinto di essere eradicata globalmente. Essa è già scomparsa nel mondo occidentale, e nel resto del pianeta restano ancora alcune sacche epidemiche solo nel sud dell’Asia e in Nigeria, che, grazie allo sforzo congiunto dell’Oms e del Rotary International, si spera di eliminare nel giro di pochi anni. Vaiolo e poliomielite sono due casi emblematici del ruolo fondamentale che le vaccinazioni possono svolgere per la tutela della salute globale. Altre malattie infettive potranno essere in futuro debellate grazie alle vaccinazioni. Se però la percentuale di copertura vaccinale sui nuovi nati si riduce ogni anno, come sta avvenendo da qualche tempo, si rischia non solo di vanificare quanto è stato già fatto ma di ritrovarsi in futuro con un numero crescente di malati, fonti di rischio per la loro salute individuale e potenziali focolai di infezione per l’intera comunità.
Un’efficace strategia di comunicazione sui benefici effetti della vaccinazione è oggi troppo carente quando non addirittura assente o peggio ancora sbagliata. È quando denuncia in uno dei suoi ultimi numeri l’autorevole rivista Pediatrics, mettendo in evidenza che quando si parla di questo tema alle persone interessate (i genitori dei bambini che dovrebbero essere sottoposti alla vaccinazione) occorre tenere presente il ruolo che le componenti cognitive ed emotive svolgono nell’elaborazione di false percezioni di fatti scientificamente evidenti. Una serie di esperimenti ha dimostrato che nel caso si creda nell’esistenza di un’associazione vaccino/autismo la semplice somministrazione della "verità scientifica" che ciò non è vero non serve a eliminare il pregiudizio ma spesso paradossalmente lo rafforza, inducendo i genitori a credere che questa affermazione serva solo da copertura al "sistema" per nascondere la realtà di questa correlazione. La conoscenza dei meccanismi cognitivi della nostra mente può aiutare a elaborare strategie comunicative efficaci e vincenti da parte delle istituzioni pubbliche e delle strutture sanitarie. Per superare i pregiudizi e le informazioni sanitarie errate occorre che i medici che hanno in cura i malati, in questo caso i bambini, si impegnino a mostrare ai loro genitori il ruolo fondamentale svolto dai vaccini per la salvaguardia della salute dei loro piccoli, usando e non abusando del rapporto di fiducia e di autorevolezza di cui godono.
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