Questo baratro inatteso e vero
domenica 9 settembre 2018

Cresce la preoccupazione in tutta Europa a motivo degli incidenti di Chemnitz, i gravi disordini seguiti nella città sassone all'uccisione, il 26 agosto, di un cittadino tedesco a opera di due profughi, un siriano e un iracheno. Le manifestazioni, violentissime, hanno visto la partecipazione di tutti i movimenti di estrema destra, unitisi per l’occasione: Pegida, antiislamista, i neonazisti, razzisti e antisemiti, finora un fenomeno marginale anche se dotato di visibilità, e il partito di estrema destra Afd, euroscettico e sovranista, che i sondaggi danno come il primo partito nelle future elezioni nei sei Lander dell’ex Ddr.

Angela Merkel, dopo una prima reazione che richiamava al mantenimento dell’ordine e alla repressione di ogni intolleranza, si è trovata spiazzata di fronte all'ampiezza della mobilitazione, caratterizzata dalla caccia allo straniero e da slogan razzisti e antisemiti. Una grande marcia antirazzista, con sessantamila partecipanti da tutta la Germania, non è servita a cambiare questo quadro desolante.

La Sassonia, che faceva parte fino al 1989 della Ddr, ed è quindi una regione con una abitudine solo recente all'esercizio della democrazia, è com'è noto la patria del movimento Pegida. Tuttavia la preoccupazione riguarda non solo la Sassonia, ma l’intera Germania, la culla – negli ultimi decenni – delle libertà democratiche, il Paese che aveva saputo meglio delle altre nazioni europee fare i conti con il suo passato, il cuore pulsante, con la Francia e – fino a non molto tempo fa all’Italia – del sogno europeo. Con un’Europa dell’Est, pur parte della Ue, ormai legata a una politica sovranista e di assoluta chiusura verso i profughi, con un’Europa del Nord traballante – le elezioni in Svezia di oggi, domenica 9 settembre 2018, ne sono un importante test –, con un’Italia in cui la Lega di Salvini si stringe all’Ungheria di Orban e intreccia legami con Steve Bannon, l’ex consigliere di Trump, colui che trae aperta ispirazione dal pensiero di Julius Evola, che cosa resta dell’Europa democratica e liberale, quell’Europa riunitasi in un’Unione Europea che avevamo creduto irreversibile? Non è solo questione che questa crepa così inquietante si sia aperta proprio nella Germania di Angela Merkel. Il fatto è che risulta sempre più chiaro che ci troviamo di fronte a un fenomeno generale, che tocca tutti i Paesi a tradizione democratica, dagli Stati Uniti all'Europa, e soprattutto di uno scenario in parte nuovo. Certo, prese singolarmente le parole d’ordine non sono nuove: il razzismo contro lo straniero e l’antisemitismo di cui i gruppi neonazisti si fanno portavoce non sono certo fenomeni inediti.

Anche la xenofobia di Pegida ha molti elementi del passato, mescolati però ad altri assai più recenti, come il rifiuto della legalità, la spinta a farsi giustizia al di fuori della legge. Ma l’insieme di queste istanze è esplosivo. Come per le violenze avvenute in Italia, finora per fortuna molto più limitate, il rischio è che si appicchino vasti incendi in tempi molto brevi. E questa della rapidità di propagazione delle parole d’ordine dell’estrema destra è un altro fenomeno anomalo. O forse non anomalo in assoluto, ricordando la velocità dell’ascesa al potere di Hitler, ma comunque anomalo se guardiamo agli ultimi decenni. Man mano che il quadro si precisa, però, la questione dei profughi si mostra sempre più come pretestuosa, una porta aperta al razzismo e al nazionalismo, un utile strumento di propaganda. La vera posta in gioco si rivela sempre più la sopravvivenza dell’Europa. Ciò che preoccupa è l’incapacità di trovare risposte adeguate alla gravità della situazione. Siamo davanti a un baratro e continuiamo a girare intorno a vecchie domande, a usare schemi mentali ormai fuori uso. Avevamo sperato nella Germania di Angela Merkel, ma riuscirà a tenere in pugno la situazione? Anche la Francia di Macron sembra sempre più debole. Ci resta papa Francesco, ancora capace di levare alta la voce in difesa dell’etica, dei diritti umani, della comune umanità. Basterà per evitare alla democrazie, e all’Europa delle democrazie, di precipitare in quel baratro che sembra aprirsi davanti?

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