Questi debiti da rimettere
giovedì 15 ottobre 2020

Questo articolo è stato pubblicato anche in inglese su avvenire.it.

Non mancano in questi giorni difficili le preoccupazioni per il prezzo che dovremo pagare, noi e le generazioni future, per l’aggravio di debito pubblico necessario per far fronte alla crisi. Ma deve essere per forza così? La pandemia ci ha proiettato violentemente fuori dai sentieri macroeconomici convenzionali. Abbiamo abbandonato pareggio di bilancio e patto di stabilità e crescita per far fronte all’emergenza con deficit elevati. La vicenda straordinaria che stiamo vivendo e il fatto che il conseguente aumento di deficit e di debito non sia da attribuire a 'lassismo' da parte degli Stati nazionali sta spingendo molti economisti e addetti ai lavori a ragionare su vie d’uscita altrettanto non convenzionali dalla crisi.

Le Banche centrali sono in realtà su percorsi non convenzionali da tempo.

Con il Quantitative easing (Qe) ora implementato con il Programma di acquisti per l’emergenza pandemica (Pepp), la Banca centrale europea acquista titoli di debito pubblico sul mercato secondario tenendo bassi i tassi d’interesse e il costo del debito sulle nuove emissioni e restituisce alle Banche centrali nazionali gli interessi percepiti sui titoli acquistati. In questo modo, di fatto, quella porzione di debito sarebbe come cancellata se l’impegno della Bce fosse permanente e non temporaneo. A seguito di questi programmi, la Bce finisce oggi per detenere una quota molto rilevante del debito pubblico dei Paesi membri (per l’Italia si calcola un 20% del Pil entro fine 2020). Una vecchia proposta 'radicale' è quella del piano PADRE ( Politically Acceptable Debt Restructuring in the Eurozone), formulato dagli economisti Pierre Paris e Charles Wyplosz, secondo la quale la Bce potrebbe acquistare il debito oltre il 60% del Pil di ciascun Paese membro e trasformarlo in titolo irredimibile a tasso zero. La proposta non comporterebbe effetti inflazionistici, ma perdite ingenti sul bilancio Bce colmate nel tempo coi proventi da signoraggio.
Nell’ipotesi avanzata lo scorso marzo da Giavazzi e Tabellini sarebbero invece gli Stati membri a emettere titoli irredimibili per raccogliere risorse per l’emergenza Covid che la Bce dovrebbe impegnarsi ad acquistare.

È forse arrivato il momento di porre una questione di principio che ruota attorno a queste proposte e all’operato non convenzionale della Bce: non sarebbe 'giusto' che la Bce condonasse il debito creato durante il Covid e non sarebbe possibile, più in generale, per la Banca centrale europea cancellare porzioni di debito pubblico degli Stati nazionali?
La risposta è sì, sotto alcune condizioni.

La prima è che si eviti il rischio di far risorgere l’inflazione. Sappiamo però che oggi il problema che abbiamo di fronte è l’esatto contrario perché il continuo mancato raggiungimento degli obiettivi di inflazione minima porta con sé il rischio di spirali deflazionistiche che farebbero aumentare il valore reale del debito e avrebbero effetti depressivi sulla domanda e sui consumi. Nella proposta del condono della Bce della porzione di debito pubblico creato durante la pandemia la Bce – a differenza di quanto ipotizzato nel piano PADRE – già possiede i titoli pubblici dei Paesi membri e non fa altro che cancellare un attivo nel suo bilancio (senza creazione di moneta) che si impegna a coprire con le future entrate da signoraggio. L’eventuale effetto di espansione monetaria avverrebbe se ciò innescasse politiche monetarie più espansive degli Stati membri, ma, come abbiamo detto, potrebbe essere un bene e nulla vieta poi di tenere l’inflazione sotto controllo con i tradizionali metodi di gestione delle politiche monetarie e fiscali future.

Un secondo problema riguarda i rapporti tra gli Stati e il rischio che queste politiche vengano viste come un allentamento della disciplina verso i Paesi meno virtuosi.

Ma appunto le circostanze straordinarie del Covid hanno portato a superare quest’impostazione anche nella costruzione del Next Generation Eudove è invalso il principio (accettato forse a malincuore da alcuni) che la Ue sarebbe andata sui mercati sfruttando la sua reputazione per raccogliere risorse da distribuire agli Stati membri in proporzione ai danni generati dalla pandemia. Una terza obiezione si rifà al famoso principio che il debito è considerato un meccanismo di disciplina. Un intervento di questo tipo potrebbe essere considerato un 'libera tutti' che dà mano libera ai governi nazionali e li autorizza a pensare che la Bce finanzierebbe qualunque loro spesa? La risposta è ovviamente no. L’esperimento di condono del debito nascerebbe sotto circostanze eccezionali e a esse resterebbe circoscritto. Impossibile anche dire che dopo quest’operazione ci sarebbe la 'cattura' della Bce da parte dei governi nazionali (come dire che se una volta accetti di andare a cena con una persona da quel momento farai tutto quello che ti dirà). La Bce e le istituzioni comunitarie manterrebbero volontà e governance separate e sarebbero pronte a virare verso politiche restrittive in caso di rischio inflazione. Come credo appaia evidente da queste riflessioni la questione è più politica che economica. Nell’antichità del mondo ebraico l’istituto del Giubileo realizzava periodicamente un riequilibrio tra creditori e debitori tenendo conto che non sempre situazioni finanziarie ormai incancrenite che paralizzavano relazioni e vita economica ricadevano nella responsabilità delle controparti. Parliamo tanto di ripartenza, rigenerazione e siamo tutti preoccupati di come potremo riprenderci con un fardello così pesante sulle spalle. I tempi straordinari che stiamo vivendo invitano a interrogarsi se non sia il caso di pensare ad una risposta altrettanto straordinaria che potrebbe dare una spinta decisiva alla rigenerazione dell’economia e della società dopo la pandemia.

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