martedì 7 luglio 2009
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Sarebbe un errore pensare che con l’approvazione delle norme sulla sicurezza la questione dell’immigrazione sia risolta e non continui ad esistere invece con il suo carico di problemi. È un errore da evitare proprio nel momento in cui i commenti sembrano dividersi tra coloro che considerano l’approvazione della legge una battaglia vinta e quanti la vedono come una battaglia persa definitivamente. Non è vera né l’una né l’altra cosa. Si potrebbe dire che è il contrario, perché da oggi in poi, con attenzione ai diritti delle persone, si dovranno valutare e verificare le conseguenze dell’applicazione delle nuove norme, consapevoli che i diritti delle persone non vanno mai in prescrizione, e devono essere fatti valere anche nei confronti di norme che si rivelino ingiuste. La legge sulla sicurezza è stata discussa e approvata in un clima di contrapposizione ideologica che ha nuociuto alla delicatezza dell’argomento. Fortunatamente sono cadute due tra le norme più odiose che erano state proposte, quella sulla possibile denuncia dei medici degli 'irregolari', e l’altra sulla impossibilità di iscrivere a scuola i figli degli irregolari. Anche se viene il dubbio che quelle norme siano state messe lì apposta per essere abbandonate e far passare le altre alle quali si tendeva davvero: sul reato di clandestinità, e sulle cosidette ronde. Proprio queste scelte, con ricadute in altri ambiti (matrimonio, processi), possono provocare danni gravi fino a mettere a rischio diritti personalissimi delle madri e dei minori, e legittimi interessi dei cittadini italiani ad avvalersi di persone preziose per il sostegno familiare, che si trovano in una specie di 'limbo' sociale perché non sono clandestini né regolarizzati. Adesso si apre un capitolo importante e delicato, quello della verifica dell’applicazione della legge, alla cui base dovrebbe porsi un principio condiviso, per il quale se alcune disposizioni della legge non vanno, se di fatto ledono diritti fondamentali, vanno cambiate, e vanno cambiate con sollecitudine. Questo principio è necessario perché i diritti dei più deboli non siano sacrificati a interessi ideologici o per ottenere consenso da settori sociali più inclini alla paura. Ma è necessario anche per un giudizio sul governo il quale non può illudersi di poter legiferare come gli pare, qualunque cosa accada. Ciò vale per il reato di clandestinità, vera ferita al tessuto civile, e di cui vanno verificate le ricadute reali, e per la questione delle 'ronde' che può provocare situazioni abnormi. Altrettanto, però, dobbiamo essere tutti (anche i 'critici ad oltranza' della legge) pronti a riconoscere quali parti della legge saranno utili alla sicurezza, distinguere tra gli immigrati coloro che non vogliono integrarsi, o usano l’immigrazione per creare isole di illegalità. D’altronde, i problemi di una immigrazione che sfugge ad ogni controllo, che è preda della delinquenza organizzata, o più semplicemente è abbandonata a se stessa, non se li sono inventati il governo attuale o quello precedente, e tutti devono farsene carico con realismo e saggezza. Infine, c’è un capitolo da aprire a cui l’intero arco politico deve prestare grande attenzione, quello di un progetto che deve essere discusso e approvato per favorire l’integrazione degli immigrati nella società italiana. Da tempo le istituzioni hanno interrotto i rapporti con le comunità dell’immigrazione, con i loro rappresentanti, per discutere, elaborare, condividere scelte che riguardano il loro futuro e il futuro dei loro rapporti con lo Stato, e che investono i problemi della lingua, della scuola, della sanità, cioè i contenuti del patto d’accoglienza. È un capitolo da affrontare presto, perché pensare di risolvere ogni cosa soltanto in una logica di securitate vuol dire mettere le basi per nuove tensioni e conflitti. C’è una clandestinità che non è quella formale di chi non è regolarizzato, ma di chi è ignorato dalle istituzioni, dallo Stato, vive come fosse invisibile, non riesce a risolvere problemi importanti: il diritto a fruire di luoghi di culto, a riunirsi in ambienti agibili e regolarizzati, ad organizzarsi nell’ambito dei principi irrinunciabili della nostra Costituzione. Per queste ragioni, l’approvazione delle norme sulla sicurezza non sancisce la fine delle discussioni sui temi dell’integrazione, è l’inizio di un impegno per tutti, a cominciare dalla verifica delle scelte legislative, e per riprendere un dialogo reale con le comunità e le rappresentanze dell’immigrazione.
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