giovedì 12 giugno 2014
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I doni dello Spirito sono sette, recita il catechismo della Chiesa cattolica, e da battezzati quali siamo dovremmo conoscerli bene. Alzi la mano però chi, educato a partire dagli anni 70 e non diventato poi prete o suora o insegnante di religione, li ricorda tutti a memoria. Chi scrive, per esempio, no. Sapienza, Intelletto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà, Timor di Dio, elenca l’articolo 1831 del catechismo: e allora, ecco, ti ricordi, come uno studente svagato ti dici che lo sapevi già. Ma cosa sono e soprattutto a cosa servono questi doni? Di nuovo noi vecchi bambini degli anni ’70 ci confondiamo. Un po’ per scarsa memoria, un po’ perché lo Spirito Santo ci è sempre parso misterioso e insondabile: materialisti come in fondo siamo, e inclini a riconoscere solo ciò che si tocca, si misura, si pesa. E sembra che di questa nostra smemoratezza e confusione sia ben cosciente il Papa, a rileggere la catechesi delle Udienze degli ultimi due mesi. Dove in sette lezioni Francesco di quei doni ha detto l’essenziale: ma con parole che potrebbero capire anche i bambini. Sapendo, da sacerdote che ha vissuto in mezzo al popolo, quanto distratti siamo in materia di dottrina ; e che con molti di noi, cristiani del Terzo millennio, occorre forse ricominciare da capo, come con i pagani dei tempi di Pietro. I doni dello Spirito ( dono questo per eccellenza, ciò che costituisce l’anima, e costruisce la Chiesa) dunque sono quei sette. Sapienza, ha spiegato il Papa nella prima lezione, significa «vedere il mondo con gli occhi di Dio». Uno sguardo che noi stentiamo perfino a immaginare: sapere scorgere il filo tenue del bene dentro a una massa di male, e una speranza là dove umanamente sembra esserci solo disperazione. Ma come è, in carne e ossa, lo sguardo della Sapienza? È quello, ha spiegato Francesco, della madre dei bambini irrequieti , quando invece di perdere la calma e gridare è capace di prenderli in braccio, quei figli, e a bassa voce di spiegare con pazienza e bellezza perché, questo no; perché, è giusto non fare. Seconda lezione, Intelletto: comprendere in profondità. Come, ha insegnato, quei due discepoli sulla strada di Emmaus, annichiliti nella loro più grande speranza; che improvvisamente, alla parola dello sconosciuto viandante, lo riconoscono. Consiglio, il terzo dei doni, «scegliere in comunione con Dio». Il Papa ricorda un giorno in confessionale in un santuario argentino, e un ragazzo oltre la grata, e una vicenda intricata. Ma a quel ragazzo sua madre aveva detto di chiedere consiglio alla Madonna, e in quella parola i nodi già, ha raccontato il confessore di un tempo, si erano sciolti (per la seconda volta l’esempio usato per indicare l’azione di Dio è quello di una madre con il figlio). E poi, Fortezza: e Scienza – il riconoscere in ogni cosa creata l’impronta di un Creatore. E ancora, Pietà – la più profonda, intima appartenenza a Dio, non l’atteggiarsi a mezzi santi che Bergoglio traduce nel ruvido piemontese dei suoi nonni, «non fare la mugna quacia», la «faccia ingenua», e sorride. Timor di Dio, infine: la coscienza del nostro dipendere totale, e che ogni cosa è grazia; e in chi è corrotto fin nel cuore invece, in chi insegue falsi dei, la oscura consapevolezza che «con tutto questo potere, con tutti questi soldi, con tutto il tuo orgoglio, con tutta la tua vanità, non sarai – ha ammonito ieri Francesco – felice». Descrivendo quel morso alla coscienza che spinge l’Innominato dal cardinale Borromeo, e la inquietudine profonda di chi, avendo ogni cosa, comprende d’improvviso di non avere niente. Doni. Doni dello Spirito, di cui magari ci siamo quasi dimenticati, abituati come siamo a ridurre anche Dio alle nostre leggi e misure. Doni invisibili, di cui il mondo sorride. Ma che li affermi e li spieghi quest’uomo dalla faccia buona e dalla parola diretta e salda, tra il dialetto dei nonni e il ricordo di un giorno in confessionale, ci fa tornare la memoria, e ci fa bene. Nella forza che ha ogni parola, vecchia, o nuova, se a dirla è un uomo che con il suo semplice sguardo è, di ciò che insegna, più che maestro: testimone, invece. Uno che ha visto, che ha sperimentato, che sa. Voi sapete che lo Spirito Santo costituisce l’anima, la linfa vitale della Chiesa e di ogni singolo cristiano: è l’Amore di Dio che fa del nostro cuore la sua dimora ed entra in comunione con noi. Lo Spirito Santo sta sempre con noi, sempre è in noi, nel nostro cuore.
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