giovedì 11 dicembre 2008
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Di analogie forzose e forzate ce n'è una gran quantità, ma questa davvero supera ogni possibile immaginazione. Sostiene Maurizio Mori, bioeticista di impronta marcatamente laicista, nell'introduzione al suo libro Il caso Eluana Englaro, che «come Porta Pia è importante non tanto come azione militare quanto come atto simbolico che ha posto fine al potere temporale dei papi e alla concezione sacrale del potere politico, così il caso Eluana apre una breccia che pone fine al potere (medico e religioso) sui corpi delle persone e (soprattutto) alla concezione sacrale della vita». Porta Pia come il paradigma di «un'aurorale democrazia in Italia», il "caso Englaro" come il viatico per «un aurorale controllo della propria vita da parte delle persone». C'è quanto basta per confermare quello che tanti di noi sanno o intuiscono, ma che raramente traspare con altrettanta nettezza alla coscienza anche dei più sofisticati e più sottili opinionisti e commentatori. Laici compresi, che in queste circostanze spesso assumono le sembianze delle anime belle, così ingenue da sembrare finte. E cioè che dietro il cosiddetto "caso Englaro" (orribile definizione che oscura una persona in carne e ossa la quale non è un pre-morto come troppo spesso si vuol far intendere) si celano ben altre mire, culturali e politiche. Intendendo per politiche quelle proprie alla dimensione dell'agire collettivo che è il frutto di mille estenuanti mediazioni, sino al punto di rendere plausibile l'inaccettabile, com'è la sorte decisa dai giudici per Eluana. Ovvero, di morire per fame e per sete, avendo stabilito con una sentenza che vengano interrotte l'idratazione e l'alimentazione. Ma quello di Mori è un pensiero forte che va adeguatamente contrastato, a partire dalla principale applicazione della sua analogia. Come la breccia di Porta Pia, prendendo in prestito le parole pronunciate dall'allora cardinale Giovanni Battista Montini sarà rivalutata dalla storia perché «la Provvidenza aveva diversamente disposto», così la "breccia di Eluana" porterà ad una nuova "conciliazione". Ci sembra davvero irrituale proporre un nesso fra un pezzo di storia del nostro Risorgimento, e più in generale il cosiddetto potere temporale della Chiesa, e la dimensione antropologica evocata dalla vicenda dolorosissima di Eluana Englaro. Se nel primo caso possiamo a giusta ragione evocare la lezione della storia, con vicende anche dolorose, ma pur sempre legate allo scorrere del tempo e all'azione diretta degli uomini, per Eluana occorre smuovere i valori più intimi dell'umanità. E tutta quella dimensione personalissima dei diritti che affonda le radici nell'umanesimo. E che non ha come esito inevitabile, come vuol far credere Mori, l'autodeterminazione assoluta. Bensì trova un concreto limite, questo sì umano, nella relazione come stigma della vita come noi la conosciamo. E soprattutto per come si è dispiegata nei secoli che hanno rafforzato la dimensione dei diritti, ma senza l'illusione di costruire il mondo perfetto sognato e prefigurato da tante ideologie di segno opposto. Altrimenti non saremmo qui a invocare, ad esempio, la cancellazione totale della pena di morte. Ma quando si assolutizza un principio " è il caso di Mori con l'autodeterminazione " non si colgono le complessità e si glissa soprattutto sulla natura dell'uomo e sulla relazionalità che ne è un cardine imprescindibile, oggettivo. Profondamente connaturato al suo essere. Tanto che, se pure le tecnologie dovessero ampliare all'infinito le nostre capacità di pensare a noi stessi fuori da un contesto di comunità, è davvero impensabile un uomo privo di relazione. Relazione fra persona e persona, fra persona e comunità, fra persona e famiglia, fra la persona paziente e la persona medico. E così andare, in uno scambio che è sempre reciproco. In Mori c'è tutta la foga illuministica di chi vuole ridisegnare la vita umana secondo un metro unico, l'autodeterminazione sulla propria vita. È appena il caso di obiettare che ci sono legioni di uomini, donne e bambini che non sanno e non sapranno, nei secoli a venire, concepire se stessi fuori dalla vita di relazione. Che è vita vera. Per questa gente cosa prevede, nella sua esaltazione, l'illuminista di turno? Temiamo il peggio.
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