È il momento di saper fare squadra
mercoledì 16 dicembre 2020

Nei giorni in cui l’Unione Europea sblocca il Next Generation Eu e la Banca centrale europea rafforza il suo intervento non convenzionale sui mercati (con l’euro che si apprezza, dimostrando che i margini di manovra della Bce sono ancora enormi) l’Italia – beneficiaria principale di entrambe le manovre – si trova paradossalmente in difficoltà. La speranza è che superi l’impasse e trovi un punto di consenso ragionevole, perché le condizioni per realizzarlo ci sono.

La bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza approdata in Consiglio dei ministri (ancorché visione d’insieme che non entra nei dettagli dei singoli progetti) centra le questioni chiave del nostro Paese, è coerente con il quadro comunitario in materia di transizione ecologica e propone una ragionevole ripartizione dei finanziamenti nelle diverse aree. Le riforme strutturali si concentrano sulla riduzione del 'rischio legale' rappresentato dallo spread dei tempi della giustizia civile oltre che sui limiti della burocrazia, usando la chiave della digitalizzazione e della semplificazione delle procedure. I sei ambiti scelti per gli investimenti affrontano i temi chiave della transizione ecologica, del rilancio di una sanità di prossimità, del potenziamento delle infrastrutture digitali e ferroviarie, del potenziamento della didattica e del diritto allo studio, del collegamento tra università e ricerca, della coesione territoriale, della parità di genere e della vulnerabilità.

Tutto il percorso è strutturato nell’alveo della transizione ecologica e della digitalizzazione e tutti i progetti devono essere coerenti con il principio comunitario del do not substantially harm, ovvero devono registrare progressi sostanziali in almeno uno dei sei domini ambientali (mitigazione e adattamento climatico, riduzione dell’inquinamento, economia circolare, tutela della biodiversità, gestione delle risorse idriche). Il terzo è particolarmente urgente per il nostro Paese. Come i lettori di questo giornale sanno bene, la Corte di giustizia europea il 10 novembre scorso ha condannato l’Italia per violazione dei limiti sull’inquinamento dal 2008 invitandola a intervenire per evitare sanzioni pesanti.

L’Agenzia europea dell’energia ( Air quality in Europe - 2019 report) identifica inoltre l’area della Pianura Padana come quella a maggior rischio in tutta l’Europa Occidentale per giorni di sforamento dei limiti massimi di polveri (superiori al livello di 50 microgrammi per metro cubo). I progetti per realizzare gli obiettivi prefissati devono essere veramente 'popolari' se vogliono essere efficaci. Ovvero coinvolgere e attivare cambiamenti negli stili di vita e di produrre di milioni di cittadini e di tante imprese. La governance del percorso è diventata ora l’aspra ragione del contendere. La nomina di responsabili di missione per ciascuno dei sei ambiti di progetto, bilanciata dal ruolo della cabina di regia dei ministri e del Comitato interministeriale degli Affari Economici e dalla presenza di un Comitato di responsabilità sociale composto dalle parti sociali, doveva nella prospettiva della bozza presentata bilanciare l’esigenza di identificare una regia esecutiva chiara con una guida politica e una partecipazione allargata alla società civile.

E però un grado maggiore di collegialità tra le forze politiche di maggioranza oltre che di dialogo con le opposizioni e di condivisione del percorso con la società civile è sicuramente necessario e questo potrebbe e dovrebbe essere, con uno sforzo da entrambe le parti, il frutto positivo e costruttivo di questo momento dialettico. Quello di cui ora abbiamo bisogno è un percorso partecipato di intelligenza collettiva dove ciascuno di questi capitoli venga realizzato in modo efficace. Per affrontare così nelle migliori condizioni il punto debole del nostro Paese che non è mai nella creatività delle idee, ma sempre, purtroppo, nella capacità di portarle a termine in modo efficace e in tempi ragionevoli.

Che stavolta sono rigorosamente fissati dalla Ue: sei anni per realizzare grandi opere, le stesse che oggi in Italia richiedono in media quindici anni. Dobbiamo risolvere i nodi in fretta (non c’è molto tempo) e tornare a fare squadra in modo efficace e costruttivo per cogliere questa irripetibile occasione. Se non riuscissimo a farlo in una congiuntura internazionale così favorevole

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