Piano di ripresa crisi, mancette e i fatti seri che ci meritiamo
venerdì 15 gennaio 2021

Caro direttore,
non so come andrà a finire la crisi di Governo. Non so neanche come andrà a finire con i programmi attesi dall’Europa per il cosiddetto Recovery Plan. So per certo che i debiti enormi che stiamo facendo dovranno essere restituiti. So per certo che questo è il momento per dire all’opinione pubblica del nostro Paese e all’Europa come vogliamo cambiare l’Italia. Ma, da quello che leggo, ci sono molti problemi ancora aperti o, peggio, sottovalutati. Ho letto nei giorni scorsi anche la lettera di Luigi Morgano, segretario nazionale della Fism, e la sua risposta per «trovare spazio e risorse certe per l’istruzione zero-sei anni». Leggo l’intervento del giovane portavoce di “Officine Italia” eloquente sin dal titolo: «I giovani valgono davvero l’uno per cento del futuro?». E potrei aggiungere la Sanità impoverita; un territorio da risanare e difendere dalla speculazione e dalla fragilità per gli eventi atmosferici; una burocrazia che in ogni occasione manifesta la sua totale ed endemica pesantezza e arretratezza; una giustizia che, lenta com’è, non è più giustizia. Ma quale riscontro, a queste esigenze, troviamo nei piani governativi di cui si parla? Vogliamo continuare a distribuire mancette a destra e a manca? Penso al bonus monopattini, a quello biciclette, a quello per le auto; ultimamente si è parlato anche di quello per le scarpe! Credo che nel nostro passato non siamo mai arrivati a un livello così povero di proposta politica. Mi scusi lo sfogo, direttore, ma al di là dell’imprevista emergenza pandemica che può giustificare incertezze e anche qualche errore, qui manca progettualità e competenza politica.

Claudio Romano Udine

Non tutti i Piani sono uguali, caro amico. E, in effetti, è reale il rischio di confondere la logica dei ristori e dei bonus (che sta più o meno faticosamente contrassegnando la fase del sostegno al Paese assediato dalla pandemia) finanziati tramite l’ulteriore aumento del nostro stesso debito pubblico, con quella della costruzione di un futuro equo, solido e sostenibile per la generazione dei nostri figli nella cornice del Next Generation Eu finanziato, con ingenti risorse in parte a fondo perduto e in parte in prestito, dall’Unione Europea. Sottolineo che si tratta di un rischio reale per noi cittadini, confusi dal lessico usato e dalle continue misure annunciate, ma anche per chi regge il timone del Paese e siede in Parlamento e deve prendere e approvare tutte queste decisioni. Non per nulla la battaglia sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), sfociata nell’attuale crisi di governo, ha preso le mosse o il pretesto (a seconda dei punti di vista) proprio da qui. Strano. Perché, come ha scritto il professor Becchetti in uno dei nostri articoli di fondo di ieri, nel Pnrr ora, dopo il brusco altolà renziano, «c’è (quasi) tutto e può starci tutto». Insomma: se non si vogliono perdere soldi e occasioni, e se il problema era davvero quello, la crisi finirà presto e ci si metterà al lavoro a testa bassa, come si suol dire, ascoltando il Paese e trovando sinergie con la società civile per interpretare e attuare al meglio il Pnrr. Questo è ciò che spero che alla fine emerga da questo confuso e teso passaggio, rincuorandoci tutti. Meritiamo fatti seri, non chiacchiere e giochi di potere.

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