La vera parità scolastica (e di genere) chiede ora visione strategica e scelte
mercoledì 13 gennaio 2021

Caro direttore,

la prima versione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) considerava un certo investimento nel segmento degli asili nido, pur collocando l’azione nel quadro della parità di genere. Una collocazione errata, non perché la parità di genere non sia un obiettivo da raggiungere, ma perché la promozione della qualità dell’educazione e dell’istruzione di minori zero-sei anni è un valore di per sé. Ancor più in un quadro dove la povertà educativa si è estesa a causa della pandemia ed esige di essere contrastata con il massimo investimento sui minori. Una risposta necessaria – anche come argine alla crisi delle nascite – che la Fism con circa 9mile tra scuole d’infanzia paritarie non profit e nidi integrati chiede con forza e da tempo. Solo da essa, infatti, verrà maggiore parità di genere, maggiore promozione del Terzo settore applicato all’interesse generale della funzione di cura, istruzione ed educazione. Una leva di investimento di grande valore sociale e di rilevante impatto economico, in parte recuperata nella versione definitiva del Pnrr, ma che necessita di essere assunta come una vera scelta di campo, non soggetta alle instabili contingenze annuali che poi si concretizzano nelle leggi finanziarie lasciando immutato il quadro e quindi di fatto continuamente indebolendolo. In particolare, come ha ben notato Eugenio Mazzarella nel suo editoriale di alcuni giorni fa su 'Avvenire', una grande manovra sull’educazione deve considerare il sistema educativo nazionale nella sua interezza e quindi la sua funzione pubblica di educazione e istruzione va considerata tanto in relazione alla scuola statale quanto a quella paritaria che, solo nel segmento zero-sei, accoglie più di 500mila bambini. Va da sé che l’applicazione del Pnrr dovrà munirsi di strumenti efficaci a partire dal convenzionamento diretto del Ministero dell’Istruzione con le singole scuole paritarie dell’infanzia no profit, come sono quelle appartenenti alla Fism. Scuole che sono in grado di raddoppiare la loro offerta di posti, se adeguatamente finanziate, contribuendo a consentire uno sviluppo dei servizi educativi per i bambini in età zero-tre anni, di cui l’Italia è carente. Ovviamente lo strumento convenzione – che supera l’aleatorietà dei contributi annuali sempre incerti – necessita di un fondo di dotazione adeguatamente capiente. Lo è? A ogni buon conto il sistema delle scuole Fism è pronto: lo sono anche Governo e Parlamento?

Luigi Morgano, segretario nazionale Fism

Un ragionamento che non fa una grinza, caro segretario Morgano. Da quasi dieci mesi non ci stanchiamo di ripetere che, guardando sia al futuro prossimo sia a quello più remoto, la crisi da Covid-19 «esige di essere contrastata con il massimo investimento» sulle generazioni più giovani. Ed è oggettiva, nella prospettiva di un’aperta e leale cooperazione tra Stato e società civile, la necessità di saper dare una 'risposta integrale' alle fragilità di sistema che la pandemia ha reso ancor più evidenti sui decisivi fronti della cura, dell’istruzione e dell’educazione. La mano tesa della Fism merita, perciò, di essere stretta con forza ed entusiasmo da decisori e legislatori, e arriva proprio al momento giusto, anche se in queste stesse ore la nostra classe politica appare in tutt’altre faccende affaccendata. Mi piace la chiarezza con cui lei, caro amico, fa capire che servire il «valore in sé» della diffusa ed effettivamente e liberamente disponibile istruzione dei bambini e delle bambine zero-sei anni è anche un’azione che aiuta (assai più delle chiacchiere) a realizzare un saggio equilibrio di genere tra donne e uomini nella nostra società. Che la fattiva risposta della politica allora venga, e venga adesso. È questo il momento di dimostrare visione strategica, e di fare le giuste scelte.

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