mercoledì 29 luglio 2015
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Caro direttore, è una storia infinita: in Italia le scuole paritarie se la devono cavare da sole, “senza oneri per lo Stato”. E l’Italia è l’unica nazione europea che non riconosce e non sostiene queste “scuole pubbliche non statali” (anche Zapatero sosteneva le scuole paritarie cattoliche). Certamente chi attiva un esercizio commerciale a scopi di lucro, va omologato a tutti i pari esercizi; non ha senso dare contributi (o esentare da giusti pagamenti) a scuole che guadagnano attraverso il servizio scolastico. Ma è giusto mettere sullo stesso piano tutte le scuole paritarie? Non è giustizia mettere sullo stesso piano le scuole a scopo di lucro (e sono tante) e le scuole non a scopo di lucro, con finalità educative. È possibile, e istruttivo, fare un doppio elenco che divida le une dalle altre! Come ovviare a ogni ingiusta omologazione? È molto semplice: basta esigere bilanci in trasparenza con controlli fiscali accurati e senza parzialità sulle amministrazioni di tutte le scuole pubbliche non statali. Il fisco venga a mettere occhi e mani nelle “tasche” degli Istituti scolastici, verifichi e ne tragga le conseguenze. Sono un salesiano anziano; conosco benissimo lo spirito e l’attività delle scuole promosse da Don Bosco a favore dei ceti popolari. E dalle scuole dei salesiani che accoglievano e accolgono i figli del popolo sono usciti moltissimi emeriti cittadini, riconoscenti per questo “servizio pubblico” non statale. L’elenco è troppo lungo. Cito soltanto Sandro Pertini che, con il fratello Eugenio, frequentò il ginnasio nel collegio dei salesiani di Varazze; dei salesiani diceva: «Mi hanno insegnato ad amare i poveri». E quando in Parlamento un relatore che criticava le “scuole private” accennò ai salesiani, Pertini lo interruppe battendo un pugno sul tavolo: sui salesiani garantiva lui! (Non voglio assolutizzare: come da tutte le scuole, anche da quelle dei salesiani non tutti gli ex-allievi sono sempre usciti con onore). Si possono fare tante osservazioni alle scuole dei salesiani e ai tanti altri istituti nati con finalità educative dal seno della Chiesa, ma non possono essere accusati di “volerci guadagnare su”. Se nelle scuole salesiane oggi ci sono anche ragazzi di famiglie benestanti è perché ci ha “costretti” lo Stato: solo in questo modo possiamo accogliere anche ragazzi di umile condizione e così rispondere alla nostra missione per i ceti popolari. Strozzate da leggi statali non in linea con l’Europa, le scuole paritarie, cioè le “pubbliche non statali”, sono quasi tutte in cattive acque, costrette a ripianare i debiti della scuola con altre attività compensative, o sostenute da beneficenze di privati. E ora, ai fini dell’Ici/Imu sugli immobili nelle quali svolgono la propria funzione, si vorrebbe equipararle tutte alle attività puramente commerciali. Tutte. Lo Stato Italiano non solo non le valorizza, ma sempre più stringe il laccio per farle morire, fuori da ogni spirito costituzionale italiano ed europeo. Nel passato si poteva pensare che ci fosse una posizione pregiudiziale “anticattolica”. Oggi ci sono motivi per sospettare che questo rigurgito acido non sia ancora stato smaltito a livello politico. Ma ci imbarazza avvertirlo anche a livello di Corte di Cassazione. Gianni D’Alessandro, salesiano Signor direttore, è proprio vero. Siete cattolici, non cristiani! Dare a Cesare quel che è di Cesare no? Sempre a caccia di finanziamenti ed esenzioni fiscali. Complimenti Mario Spampinato La lettera di don Gianni D’Alessandro è eloquente e bella, perché ha la forza dei fatti, della verità. Mi sembra che le sue parole continuino – magistralmente, è proprio il caso di dirlo – il ragionamento che io stesso avevo avviato domenica scorsa rispondendo a don Carlo Comi: anche a scuola, soprattutto a scuola, non c’è solo l’alternativa tra Stato e mercato. Ed è incredibile che si voglia negare che esiste e serve le famiglie italiane anche un servizio pubblico d’istruzione non profit promosso (al pari di iniziative simili in diversi e altrettanto cruciali settori del welfare) dalla Chiesa e da altre realtà della società civile. Un “servizio pubblico non statale”, che è oggi più che mai prezioso e che meriterebbe di essere valorizzato, non ostacolato, non tassato come se fosse un’attività a fini di lucro e, prima ancora, bisognerebbe smettere di denigrare in modo assurdo e persino cattivo. Ma a scriverci non sono soltanto gli addetti ai lavori. Continuano infatti a piovere in redazione da più parti reazioni lucide, appassionate e persino veementi all’ormai famosa sentenza della Corte di Cassazione che ha accolto (dopo due gradi di giudizio di segno contrario) un’antica e arcigna pretesa impositiva del Comune di Livorno nei confronti di due scuole paritarie cattoliche che nella città toscana, da circa un secolo, operano appunto senza fine di lucro e, addirittura, rimettendoci economicamente. Secondo la Cassazione sarebbe giusto far pagare a queste scuole che fanno fatica a sopravvivere e sono parte del sistema nazionale d’istruzione, oltre a tutti gli altri tributi che già versano (imposte sui redditi, contributi, tassa sui rifiuti, Tasi, Iva…), anche la tassa sugli immobili in cui operano. E, anche se nelle ultime ore una nota dei vertici della suprema Corte ha, per così dire, cercato di spiegare e circoscrivere l’accaduto, questa sentenza resta un bruttissimo precedente. Per questo le lettere che ho letto e, in parte, pubblicato sono, in stragrande maggioranza, provenienti da persone che si sentono offese da una decisione giudiziaria che invece di sanare aggrava una condizione d’ingiustizia nei confronti delle famiglie che intendono esercitare quella libertà di scelta educativa che la Costituzione riconosce solennemente ai genitori nell’esercizio dei propri doveri verso i figli. Qualche altra lettera – quella del signor Spampinato ne è un esempio – è invece duramente polemica con la Chiesa e con tutti i cattolici. Non me ne stupisco. Nel nostro Paese, con l’alacre collaborazione di una parte importante del sistema mediatico, si alimenta da decenni una vera e propria “leggenda nera” contro l’impegno educativo dei cattolici, offerto a tutti all’insegna della qualità e della libertà e contrassegnato da una predilezione per i poveri e per i più svantaggiati eppure ossessivamente raccontato come scuola “dei ricchi e per i ricchi” che formerebbe privilegiati e pretenderebbe privilegi. Una menzogna deliberata e odiosa, che deforma la realtà. E che trova echi vergognosi e amplificazioni anche in persone che per cultura e per responsabilità sanno – o dovrebbero sapere – bene di che cosa stiamo parlando. Questa aspra ripresa dell’offensiva contro la scuola paritaria e non profit, che non fa affari ma offre un servizio pubblico qualificato, potrebbe però essere l’occasione per sciogliere i nodi che don Gianni indica con efficace schiettezza. Passate ancora di più ai “raggi X” i nostri bilanci e le nostre attività, dice. Perché non tutte le scuole paritarie sono uguali e le buone scuole paritarie, che sono soprattutto cattoliche, vogliono pulizia e trasparenza anche fiscale. Anzi, le pretendono. Saremmo felici di poter concludere, dopo il “tavolo” che il Governo ha deciso di allestire sui problemi risollevati da questo caso, che a volte è opportuno che si verifichi una scandalosa ingiustizia, di quelle che costringono a vedere e mettere le cose a posto.
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