mercoledì 31 maggio 2017
«Badare», ricorda un lettore, ha tanti significati positivi, «uno più bello dell'altro». Tuttavia le parole sono viventi e alla loro etimologia si sovrappongono i traslati
«Onore e gloria al nome badanti». Ma oggi trasuda sprezzo
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Gentile direttore,
leggo la rubrica che Marina Terragni sta curando in questi mesi su “Avvenire”. Concordo talvolta sui concetti, dissento sovente dal piglio. Vorrei contestare il suo articolo «Un altro nome per le badanti» (giovedì 11 maggio 2017), con riguardo all’uso o all’interpretazione del vocabolo “badanti”. Terragni ritiene il nome brutto e inadeguato a significare la funzione. Ritiene che al posto di “badanti” andrebbe trovato un nome che dovrebbe saper raccontare le complessità da lei descritte, che invero tra poesia e angoscia ritengo siano una serie di strumentali argomentazioni. Io preferisco riferirmi ai classici e ho cercato e riporto la definizione dal Vocabolario Treccani della lingua italiana : Badare, dal latino medievale batare “stare a bocca aperta”, ha tra i significati: attendere a qualche cosa, averne cura, sorvegliare, guardare, custodire, dedicarsi attivamente a qualche cosa, aver cura di fare una cosa, considerare attentamente, fare attenzione, far caso, dare importanza a cosa o persona» (ho tralasciato i significati antichi di «indugiare, trattenersi, perder tempo», usati dal Machiavelli e dal Tasso). Una serie di significati positivi, uno più bello dell’altro. “Badante” è il participio presente del verbo “badare” e come tale comprende e porta in sé il participio presente della complessa sostanza di tutti i suoi significati. Il Vocabolario Treccani, alla fine della voce “badare” indica: «Part. pres. badante, anche come s. m. e f. (v. la voce)» e alla voce definisce «badante s. m. e f. [part. pres. di badare]. – Persona, priva di particolari qualificazioni, che accudisce anziani, malati o persone non autosufficienti». Io ho sempre inteso “badante” come participio presente, seppure sostantivato, dei tanti significati. È un bel nome e a buon diritto grazie alla sua sostanza. Se qualcuno lo intende e lo usa come spregiativo, sappiamo che non c’è parola che si possa salvare. Onore, gloria e lunga vita al nome “badanti” e alle donne e agli uomini che attendono a questa delicata, difficile e sfinente attività. Al piano sotto la mia camera da letto vive una signora vecchia di 97 anni con la sua badante romena; sento nel corso della notte la vecchia signora che chiama la badante con la prepotenza dei vecchi. E nel corso della giornata vedo tante vecchie signore e tanti vecchi signori in giro con la badante o con il badante che li sorreggono, parlano loro e li accompagnano nella passeggiata e a prendere il caffè. E io – un “ragazzo”, con i miei 77 anni – i “badanti” li ammiro e li stimo. Cordiali saluti a lei e alla gentile dottoressa Terragni, cui auguro buon proseguimento.

Marco Scarpa Torino


Gentile signor Scarpa, grazie per la sua bella lettera. Le parole sono viventi e alla loro etimologia si sovrappongono i traslati. Nell’uso comune, a mio parere, da quel “bel nome” oggi trasuda un immeritato sprezzo. Per questo ne cercherei un altro. Quanto alla preziosità della funzione, sfonda una porta aperta. La ringrazio ancora.

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