Omofobia, educazione «elementare» e quelli che capiscono e pensano male
venerdì 10 luglio 2020

Gentile direttore,
sul giornale di domenica 5 luglio ho letto la lettera di un genitore preoccupato, il signor Pagnoni, dal fatto che la eventuale legge contro l’omofobia possa considerare reato «l’educazione eterosessuale data ai figli in famiglia da papà e mamma… ». Sono genitore anch’io e questa affermazione mi pone una domanda: quali sono le caratteristiche che qualificano una educazione come «eterosessuale»? Grazie.

Giuliano Vallara

Gentile direttore, scrivo per commentare la lettera del signor Pagnoni, pubblicata domenica 5 luglio. Potrei concordare con lui sulla inutilità di darsi da fare per fermare le leggi contro l’omotransfobia. I fautori di queste leggi sono determinati e convin- ti (certo molto più degli oppositori) e molto forti. A viste umane non c’è niente da fare. La via sembra segnata. Però se avessero ragionato così di fronte all’enormità della loro missione, i pescatori galilei che duemila anni fa si apprestavano a cambiare il mondo, sarebbero tornati alle loro reti. Non concordo invece sul limitarsi alla libertà educativa. I fautori della legge mirano proprio a modificare la cultura, usando strumenti legislativi (anzi, penali). Credere che dopo essere riusciti a ottenere una legislazione favorevole al loro progetto, si lascino privare di uno dei punti strategici più importanti, forse il più importante, cioè il controllo sui contenuti educativi destinati alle generazioni future, questo sì è una pia illusione. O lotti per fermare tutto (e se non ce la fai pazienza, almeno hai tentato, magari avrai rallentato il disastro o avrai ottenuto qualche risultato parziale), o lasci perdere.

Antonio Meo

La ringrazio per la sua domanda, gentile signor Vallara, e comincio da lì. Intanto riportando la lettera pubblicata il 5 luglio, alla quale sia lei sia il signor Meo vi riferite. Mi ha scritto dunque Alessandro Pagnoni: «Non mi coinvolgo in discussioni pur interessanti (come quelle riportate da 'Avvenire') sulla legge contro l’omotransfobia. Perché forse sono anche inutili! Temo che i promotori della legge purtroppo riusciranno a ottenere ciò che vogliono, con metodo di manipolazione dell’opinione pubblica scientificamente sperimentato più volte in passato. Su un punto cruciale non si può cedere di un millimetro: l’educazione eterosessuale data ai figli in famiglia da papà e mamma deve a chiare lettere essere considerata non omofobica e la famiglia rispettata come normale, non discriminata, anzi molto più sostenuta in quest’opera di formazione di persone responsabili e di moderni cittadini». Non sono nella testa del lettore Pagnoni. Ma penso di aver capito che cosa intenda quando rivendica la libertà di dare un’educazione eterosessuale ai propri figli, anche se io non non avrei usato quell’espressione e avrei parlato di una irrinunciabile «educazione elementare». Immagino, infatti, che egli si riferisca allo spiegare una verità appunto elementare, e cioè che ogni creatura nasce da una madre e da un padre. Solo l’incontro tra un uomo e una donna è generativo di nuova vita. E quell’incontro c’è sempre, in un modo o nell’altro, persino – di questi tempi – con la riduzione del padre o della madre a meri fornitori di 'materiale biologico' utile per la procreazione in vitro. Se dunque l’incontro fecondo non avviene per libera scelta e per amore, come vorremmo che fosse sempre, sappiamo che può accadere per caso, per ebbrezza, per sopraffazione o, come appena detto, per operazioni di laboratorio che (quasi sempre) diventano anche di mercato. È necessario che dica che per chiunque ragioni la condizione migliore e più umana è quella in cui si coniugano amore e libertà, passione e responsabilità? Immagino che sia così anche per il signor Pagnoni. E immagino che lui, come me, vorrebbe poter dire ancora ai propri figli (e ovunque) che un bimbo non è una bimba e viceversa, anche se l’uno e l’altra hanno identico valore e ' stessa altezza'. Penso pure che il nostro amico lettore abbia in testa l’idea che non è la legge a decidere il sesso di una persona, perché la natura sessuale di ognuno è auto-evidente, così come lo è l’umana libertà di 'consumare' il proprio corpo (e di capire, interpretare e salvarsi l’anima) nella gioia e nella fatica di vivere. Magari per qualcuno ho immaginato troppo, e per qualcun altro non abbastanza... Ma mi fermo qui, dopo aver ricordato con gratitudine mio padre e mia madre che mi hanno insegnato la dignità di essere uomo e insieme ad avere piena consapevolezza della dignità delle donne e a nutrire rispetto e a non aver mai paura di chi è diverso da me. Per me questa è «educazione elementare». E ora vengo a lei, gentile signor Meo. E le dico con schiettezza che credo abbia mal compreso la lettera del nostro amico e suo 'collega' lettore. Può capitare. Per quel che vale, io in quelle pacate, amare e molto determinate righe ho letto l’esatto contrario di un atteggiamento remissivo. Inutile, per il signor Pagnoni, è un dibattito che a me, invece, è sembrato e sembra utile tenere civilmente aperto. Egli pare poi prendere atto del vasto schieramento trasversale che in Parlamento sostiene la norma contro l’omotransfobia, con i suoi annessi e connessi a tutt’oggi rischiosi per la libertà di pensiero, e individua – come ho appena argomentato, rispondendo alla lettera che in pagina precede la sua – nella libertà educativa della famiglia un limite invalicabile a qualunque pretesa dirigistica. Dove sarebbe la bandiera bianca? Ma non si preoccupi. Capire male, come credo sia capitato a lei, può succedere e oggi persino più che in passato. Càpita però anche di capire male perché si pensa male. E, sia chiaro, che non sto parlando di lei, ma di altri che, a differenza sua, non scrivono né parlano in retta coscienza. Proprio così, soprattutto su questi temi c’è una schiera di personaggi – affiancati da disinformatori più o meno professionisti – che pensa male e fa di tutto per capire male e far capire male. Si tratta di polemisti e a volte di manganellatori parolai – ne vedo di schierati su fronti contrapposti – che non riescono neppure a concepire che, come noi, si possa avere rispetto (lo insegna il Catechismo della Chiesa cattolica ma anche solo la buona educazione) per tutti, comprese le persone omosessuali (e transessuali) e ritenere ingiusti e insopportabili giudizi temerari e aspri sull’altrui umana condizione e sull’altrui fede, e al tempo stesso non essere d’accordo con un’ipotesi legislativa che si propone legittimamente di tutelare omosessuali e transessuali, e ora tendenzialmente chiunque, da offese e violenze 'per ciò che si è', ma inquieta per il lessico scelto e le conseguenze che la regola potrebbe avere e che è bene i legislatori e l’opinione pubblica abbiano chiare. In particolare, alcuni di questi signori e signore – si fa per dire – se la stanno prendendo da settimane con un giornalista stimato e uno studioso serio e profondo come il mio collega Luciano Moia. Beh, non meritano altro che commiserazione per la superficialità e, troppo spesso, per la volgarità delle loro aggressioni, manipolazioni e invettive. Mentre a Moia ripeto il mio grazie di direttore per l’accurato e prezioso lavoro di informazione e di documentazione che continua a svolgere su queste pagine e su quelle del nostro inserto 'Noi. Famiglia e Vita'.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI