Oltre le cronache: chi ha paura dell'Occidente?
giovedì 3 marzo 2022

Nel 1918, quando il primo conflitto mondiale della storia volgeva al termine, Oswald Spengler pubblicava un best seller filosofico dal titolo Il tramonto dell’Occidente. Il motto è diventato uno slogan che ci ha accompagnati per tutto il restante del secolo scorso, direi fino a ieri. L’Occidente, con il Vecchio Continente nel suo cuore, sembrava sempre più disfarsi, risultando diviso e incapace di proporre i propri valori al resto del villaggio globale. Il destino dell’Occidente e con esso del Cristianesimo veniva percepito come ormai segnato e destinato al declino, e tale visione culturale era accompagnata, con buona dose di masochismo, dagli intellettuali di turno e dai filosofi del momento, tra i quali bisogna riconoscere la presenza di menti superiori, quale quella di Emanuele Severino, per riferirci solo al nostro Paese.

Dopo più di un secolo un conflitto armato, speriamo non mondiale, pone di nuovo il problema a chi lo voglia pensare al di là delle posizioni ideologiche. Certamente non possiamo né dobbiamo cedere alla logica della guerra e della violenza. Per questo occorre continuare a pregare e manifestare: le chiese e le piazze ospitano un comune anelito. E pregare e manifestare è tutto ciò che l’uomo della strada può fare al cospetto delle potenze mondiali e nazionali. Ma una volta che la guerra accade e si esprime con tutta la violenza di cui è capace, la domanda diventa: che cosa ci insegna? Come possiamo continuare a pensare dentro il conflitto? L’oscuro Eraclito ne era ben consapevole quando ammoniva: « Polemos [il conflitto, la guerra] è padre di tutte le cose, di tutte re; e gli uni svela come dei e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi gli altri liberi».

È qui il cuore del problema: essere e diventare schiavi o liberi. Un mio allievo, giovane sacerdote e studioso ucraino, intervistato su queste pagine nei giorni scorsi, così si esprimeva: «Qui in Italia si crede che sia una questione legata alla Nato, all’Unione Europea. No, è solo questione di libertà». E si tratta del punto di Archimede o valore fondamentale dell’Occidente, che, se dotato di onestà intellettuale, anche nel Cristianesimo può riconoscere le proprie origini. Tutto è iniziato perché l’Ucraina si è detta propensa a entrare in Europa. Così, mentre sembrava dovessimo continuare ad assistere impotenti al declino della cultura occidentale, 'grazie' a questa guerra ritroviamo un Occidente quanto mai unito e determinato nel contrapporsi alle tentazioni totalizzanti e oppressive delle libertà fondamentali: dagli Usa, all’Inghilterra, all’Unione Europea la reazione è stata corale e, come nella nostra Italia, ha visto uniti come non mai, rappresentanti di tutte le forze politiche e parlamentari, che hanno manifestato grande senso di responsabilità e di partecipazione nella vicinanza alle vittime di regimi aggressivi e illiberali.

All’inizio delle ostilità, la risoluzione per un immediato stop alle armi emblematicamente mancata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ci offre una risposta alla domanda: chi ha paura dell’Occidente e della libertà? Accanto allo scontato veto della Russia, abbiamo dovuto registrare le astensioni di Cina, India e Emirati Arabi. Paesi, a partito unico o formalmente democratici, che vedono l’Occidente e le libertà democratiche come antagoniste.

E la libertà religiosa è il sintomo della libertà delle coscienze, che l’Occidente, soprattutto quando è capace di laicità inclusiva, non si stanca di affermare, con tutti i rischi che tale orizzonte comporta, per cui certamente dobbiamo vigilare perché essa non si trasformi in un libertinismo nocivo per l’umano e la sua struttura fondamentale, ma non dobbiamo né possiamo cessare di custodire di fronte a tutti i tentativi di negarla e calpestarla.

È in gioco la libertà, come cifra della cultura Occidentale, le cui fragili democrazie, si ritrovano unite e direi più forti nel momento in cui percepiscono presenze e iniziative che negano proprio la democrazia e le sue espressioni, in un Paese, come la Russia, nel quale basta mostrare un cartello contro la guerra per essere arrestato, come lo sono state migliaia e migliaia di persone in questi giorni. La distanza fra tanta parte del popolo russo (intellettuali e cittadini semplici) e i suoi attuali governanti può essere facilmente percepita, come la tensione e l’opzione dei popoli per la pace e la democrazia.

In questo senso, chi si mostra nemico dell’Occidente di fatto è nemico della libertà, alla quale invitava la Lettera ai Galati dell’apostolo Paolo, che può costituire il paradigma laico, ovvero non necessariamente confessionale e credente, di qualsiasi civiltà autenticamente democratica: «Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù […]. Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: ' Amerai il tuo prossimo come te stesso'. Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!».

Questa libertà è il fondamento della fede cristiana e della cultura occidentale che da essa è nata. L’autunno/tramonto dell’Occidente, passando attraverso il generale inverno/notte, potrà forse conoscere una nuova primavera/ alba, se ognuno, secondo le sue responsabilità, saprà difenderne e custodirne i valori fondamentali, che interpellano tutto l’uomo (anima, corpo e spirito) e tutti gli uomini.

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