I cattolici, la società, la democrazia
giovedì 22 marzo 2018

Che cosa può nascere di buono da un gelido e fetido frullato di rabbia e risentimento, da un’algida miscela di odio e rancore? Soltanto un lungo, interminabile inverno. Inverno dei cuori, inverno della nazione. Un inverno che avvolge persone e cose con un manto di paura. E le decisioni prese quando siamo travolti dalla paura non sono mai sagge, positive, costruttive.

Questo dice il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, al termine del Consiglio permanente. Parla a nome dei vescovi, a conclusione di un confronto che dev’essere stato particolarmente franco, intenso ma anche dolente, giocato su un doppio registro: non nascondersi neppure un’asperità, un’omissione, una criticità, una latitanza, un pericolo; ma anche individuare le possibili vie d’uscita, i motivi, gli strumenti e gli obiettivi di un impegno comune di tutti coloro che hanno a cuore un Paese che si riprende, trova entusiasmo, coltiva sogni ed elabora progetti. La sensazione è che dal Consiglio permanente esca una grande mano tesa a chi vuole costruire; e uno sguardo dolente verso chi vuole distruggere per edificare il proprio regno sulle macerie.

«L’inverno sta arrivando», non si sa quanto potrà durare e riguarda tutti, nessuno escluso, ammoniscono i pochi saggi di un romanzo popolare diventato saga televisiva. Pochissimi davvero e assai poco ascoltati, i saggi: mentre i “re” dilapidano risorse nel cercare il potere a qualunque costo, fosse pure con la distruzione di tutto ciò che è stato costruito e ricostruito con fatica, e mitizzano minacce inesistenti e ignorano quelle reali.

Non ci si può rassegnare a scenari di opposte, ma identiche, cecità. Certo, qualcuno – anche tra gli elettori cattolici più impegnati – purtroppo ne è sciaguratamente convinto: il mio odio è legittimo, il mio napalm è buono perché sparso sui “cattivi”, sugli infedeli, su un “nemico” che va disintegrato. Bassetti invece fa sue le parole di un politico che per tutta la vita cercò di costruire e ricostruire, e oggi forse verrebbe deriso come “buonista”. Ma immaginate che in una delle due Camere si alzasse domani un eletto dal popolo per parlare così: «Nella dura campagna elettorale appena conclusa troppi hanno predicato l’odio, l’odio della demolizione e della vendetta. Ma il popolo italiano ha bisogno di fraternità e di amore.

Tutti ne abbiamo bisogno: i milioni di poveri che reclamano un’opera di redenzione sociale; i milioni del ceto medio che mantengono a fatica il decoro della vita; i milioni di giovani senza futuro, contesi dalle opposte fazioni che ne stuzzicano il rancore e il risentimento. Ci vuole più amore, più fraternità».

Ci sembra di sentire la critica: buonista! Già, ma le parole fatte sue ieri da Bassetti sono quelle pronunciate il 5 giugno 1953 da Alcide De Gasperi, in un’Italia del tutto diversa da quella attuale ma, 65 anni dopo, dai tratti troppi simili per non inquietare.
Sarà un caso che Bassetti preghi lo Spirito Santo «che suscita uomini liberi e forti», espressione cara a don Sturzo, proprio in questo passaggio della vita del Paese? «Ci sono una società da pacificare, una speranza da ricostruire, un Paese da ricucire.

Chi è disponibile a misurarsi su questo orizzonte ci troverà a camminare al suo fianco», ha concluso il presidente della Cei. Parole positive, cariche di speranza, offerte a tutti. Nessuno nega le difficoltà. La testa nella sabbia è semmai quella di chi, dopo manciate di bombe a grappolo colme di odio, adesso crede di poter “dialogare” solo per «tattica di convenienza»...

E il dialogo, ricorda invece Bassetti, è «convinzione morale ». È un metodo che è primo e alto contenuto e non può essere assunto, abbandonato con disprezzo e riscoperto a fasi alterne. È il momento di prenderlo sul serio, perché la nostra democrazia è da amare, e da vivere. Eppure la primavera è dietro le colline pronta a tornare a scaldarci. Sarà vera e piena primavera, rinata dai semi del lavoro, della famiglia, della giustizia, del rispetto, dell’educazione, del giusto merito e della vera solidarietà? Sì, sorride Bassetti, se avremo «la pazienza ostinata del contadino » che ha a cuore il bene comune.

Ma gli italiani la vogliono, questa primavera possibile? La amano? I cattolici sapranno coltivarla, ricominciando a elaborare pensiero critico? Bassetti, dopo aver citato Sturzo e De Gasperi, fa l’appello. Si sta dalla parte o dell’inverno o della primavera. È tempo di scegliere, e scegliere bene il bene; non di «stare al balcone» a veder sprofondare l’Italia in un abisso di gelo, che non darebbe forza a nessuno e nel quale ci perderemmo tutti.

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