giovedì 3 luglio 2014
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​Gentile direttore,
 
nel suo breve transito terrestre, chissà se un italiano medio un giorno passerà per Rovigo. Appoggiata su un letto di nebbia, è una città capoluogo che potrebbe visitare, ma che forse non vedrà mai. È un po’ come Cuneo o Pordenone o Benevento. O, chissà, come la sicula Enna: dipende da dove è nato, da dove abita, da dove si innervano i suoi interessi. Io sono nato a Venezia. E a Rovigo mi sono intrattenuto in varie occasioni: qualche volta per diletto, qualche volta per lavoro. L’ultima volta per presentare un mio libro, all’Accademia dei Concordi. Nella sua bella biblioteca, in pieno centro, qualcuno studia libri antichi, un anziano sfoglia il giornale, una signora prende in prestito un romanzo di quell’autore americano che è in testa alle classifiche, una ragazza consulta la "Gazzetta Ufficiale" alla ricerca di chissà quale concorso, un gruppo di bambini gioca e impara tra i volumi colorati. La biblioteca dell’Accademia dei Concordi, però, rischia di chiudere. Da lunedì prossimo, 7 luglio, «fino a data da destinarsi». È una questione di soldi. L’Accademia dei Concordi, dice lo statuto, è «un’organizzazione non lucrativa di utilità sociale». Sorta nel XVI secolo, ha celebrato a gennaio l’inizio del 434° anno accademico. Non ce la fa a campare. Non che abbia la pelle raggrinzita dagli anni, questa istituzione; è che nel suo sangue manca ossigeno, l’ossigeno di liquidità fresca che consenta agli amministratori di garantire i servizi del passato. E così, zac, la biblioteca è in odore di chiusura. E pensare che Rovigo è il solo capoluogo di Provincia italiano a non possedere una biblioteca pubblica. Perché tanto, si è sempre detto laggiù, «ci sta quella dei Concordi». Concordi, nel senso di persone che hanno un comune sentire, il cui cuore palpita allo stesso ritmo. Concordi, nel senso di persone che cercano un senso comune da dare alle esistenze individuali. Concordi, nel senso di persone che hanno storie da raccontare che affiorano dal passato e progetti da costruire insieme. Se la biblioteca dell’Accademia dei Concordi non dovesse sopravvivere, sarebbe una sconfitta collettiva. Non solo di Rovigo. Una perdita di tutta la nazione. Perché è in Provincia, dove la nebbia ti prepara il letto, dove non esiste una biblioteca comunale, dove quella signora prende in prestito quel romanzo, è proprio lì che i Concordi hanno titolo per esistere, per diffondersi, per far sentire la loro entusiastica voglia di far accadere le cose. Chi può non faccia chiudere questa istituzione. Chi può punti a far sorridere la concordia.
Enrico Cerni, Quarto D’Altino (Ve)
 
Mi pare, gentile dottor Cerni, che lei dica tutto quel che c’è da dire e che lo faccia con coinvolgente (ed elegante) passione. Sottoscrivo di slancio il suo appello: chi può aiuti i Concordi, e lo faccia adesso. Perché il tempo stringe, e Rovigo e la sua gente non possono restare senza la permanente provocazione alla lettura e all’incontro che quell’antica Biblioteca rappresenta da secoli grazie a un’antica Accademia dallo splendido nome e dalla preziosa vocazione – la concordia, il tenere assieme i cuori – che oggi, purtroppo, ha meno risorse e meno forze.
Aggiungo solo che nel mio ancor breve, ma già non più brevissimo, "transito terrestre" mi è toccato di visitare tutte e quattro le "capitali di provincia" che lei evoca: Rovigo come Benevento e Cuneo e Pordenone. Forse per un felice caso o forse perché chi, come me, è nato in provincia ancora adesso, nonostante la vita mi abbia portato a vivere tra Milano e Roma, nella bella provincia del nostro Paese torna sempre, ogni volta che può, e non per nostalgia, ma per convinzione e in un certo senso per necessità. Perché ogni volta attraverso questo contatto ritrova la sostanza – ma vorrei dire l’anima –, civile e cristiana, di quello straordinario e concorde mosaico di territori, ambienti culturali e tessuti urbani che è l’Italia. Tutto questo va riconosciuto, stimato, amato e preservato. Mai trascurato, mai impoverito.
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