Niente sarà come prima. Anzi, tutto sarà come prima
domenica 19 aprile 2020

Per chi come me è nato a metà degli anni 70, la prima volta che ha sentito il leitmotiv è stato all’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq di Saddam Hussein, nel 1990–91, e alla guerra successiva che coinvolse gli Stati Uniti d’America e gli altri Paesi della Nato. La prima guerra vissuta direttamente dalla mia generazione, in veste di testimoni-spettatori. Le televisioni che rimandavano le terribili immagini notturne dei bombardamenti, come i commenti di giornali e politici, tutti ripetevano solennemente e definitivamente che Niente sarebbe stato come prima. Niente sarà come prima. Dalla Guerra del Golfo a oggi, il ritornello è tornato a circolare tante e tante volte. L’11 settembre del 2001, l’attacco alle Torri Gemelle di al-Qaeda. Poi con la crisi economica del 2008. Quindi alla nuova esplosione, dal 2013, del terrorismo islamico per mano del Daesh/Isis. Sono solo alcuni esempi che la memoria ha tirato fuori ad libitum. Innanzi al fatto straordinario, spesso in maniera funesta, anzi sempre, l’uomo urla al mondo che l’intero corso della storia, da quel momento in poi, non sarà più lo stesso. Un urlo fatto sì di dolore e angoscia per l’accadimento, ma non solo.

Nell’uomo vive un desiderio profondo quanto inconsapevole, vorrebbe che il suo tempo fosse quello delle cose definitive, cruciali, ultime, e non solamente un tempo come tutti gli altri. Un modo per affermare la sua stessa unicità. Per dire che lui non è come gli altri, lui come il tempo e le vicende che è chiamato a vivere. Non è così, non lo è mai stato. L’uomo, dall’inizio dei tempi, di fronte alla moltitudini di sciagure che ha vissuto, quasi sempre principiandole lui di suo pugno, ha urlato inutilmente l’inizio di un tempo nuovo e inedito, che poi ogni volta non accade. Per avere conferma di questo basta volgere lo sguardo al secolo che ci siamo lasciati alle spalle. Se l’uomo è tornato a essere quello che era dopo gli scempi della Seconda guerra mondiale, se nemmeno quella volta è stata sufficiente a tramutare in realtà il Niente sarà come prima, allora vuol dire, con prove incontestabili, che tutto, sempre, scorrerà come ha sempre scorso.

Che le vicende tragiche di ogni tempo non potranno mai scalfire veramente l’animo e le azioni dell’uomo, che egli, dopo un primo momento di sconcerto e reale consapevolezza, tornerà a essere quel che è da sempre, sino all’evento, abbiamo detto quasi sempre tragico, che lo rimetterà per qualche ora di fronte a se stesso, completamente. Come ora l’emergenza coronavirus. Durerà poco anche questa volta... Ma perché accade questo? Nell’affermazione Niente sarà come prima, l’uomo, tutti quanti noi, non esprime una volontà di condivisione, bensì una specie di conferimento. Noi conferiamo al mondo il ruolo di cambiare anche per noi. Perché nel Niente sarà come prima si omette per comodo o inconsapevolezza una postilla fondamentale. Perché la vera affermazione deve necessariamente partire dal nostro coinvolgimento. Dovremmo sempre dire, tutti, Niente sarà come prima, per me. Non una esortazione generica, ma una scelta di vita. Da questo momento in poi, le mie azioni, la mia disponibilità agli altri, i valori che dominano nella mia vita, non saranno quelli di prima. Io non sarò più quello di una volta. È questa la vera rivoluzione. Non chiedere agli altri, non demandare a nessuno quello che spetta a noi. Non è forse questa l’unica vera rivoluzione possibile? Non è forse questo l’insegnamento di Cristo? Niente sarà come prima. È già successo. Duemila anni fa. Basta essere disposti all’unica vera rivoluzione.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI