martedì 5 ottobre 2021
Alle Comunali ha votato soltanto il 54,69%. Ma nei centri maggiori a casa più di un elettore su due. Autocritica del centrodestra sulle candidature. L’onda del pragmatismo
Nelle città vince l'astensione. La sconfitta dei populismi

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In una tornata elettorale segnata da un forte astensionismo il centrosinistra esce vincitore al primo turno delle comunali, con tre sindaci eletti subito e con largo margine a Milano, Napoli e Bologna, e un risultato migliore delle aspettative a Torino dove il candidato dem parte in testa per il ballottaggio. Il centrodestra arranca, pagando il prezzo di candidature non azzeccate (Berlusconi dixit). Ma resta in corsa a Roma, dove l’esito del secondo turno non è ancora scritto, mentre si consola con la ribadita supremazia in Calabria vincendo le regionali. Corollario favorevole al Pd le suppletive per due seggi vacanti alla Camera: quella di Siena, che riportano il segretario Enrico Letta in Parlamento, e quella del collegio romano di Primavalle (dove il M5s che vinse nel 2018 non si è ripresentato).

Questo il quadro generale del voto ieri, che potrebbe cambiare almeno in parte di segno a seconda dei risultati dei ballottaggi, in programma il 17 e 18 ottobre. Per ora però si segnala la disaffezione di molti elettori, che hanno preferito disertare le urne nonostante il fatto che la scelta del sindaco della propria città sia quella che più direttamente può incidere sulla vita quotidiana. E dopo la lunga notte della pandemia si segnala soprattutto la difficoltà delle forze populiste – Lega e Fdi nel centrodestra e il M5s su un altro versante – a individuare nuove figure vincenti, a motivare il proprio elettorato e portarlo alle urne. Un segnale che potrebbe rafforzare le ragioni delle forze più pragmatiche e lo stesso governo Draghi.

Saranno poi in particolare le gare di Roma e Torino a dire se l’esito finale della consultazione per il centrodestra sarà una sconfitta secca o un quasi pareggio, tenendo conto che nelle grandi città nessun sindaco uscente era espressione di Lega, Forza Italia o Fdi. Vittorie e sconfitte si contano ma si pesano anche in base ai numeri. Se proviamo ad avvicinare l’obiettivo (appoggiandoci in molti casi ai dati delle proiezioni), a Roma il 'tribuno' del centrodestra Enrico Michetti è in testa dopo il primo turno 31% a 26 su Roberto Gualtieri. L’ex ministro dem per recuperare dovrà attingere consensi tra gli elettori che hanno sostenuto la sindaca uscente Raggi, che si è fermata attorno al 20% e Carlo Calenda (18%). A Milano vittoria oltre le previsioni per il sindaco uscente Beppe Sala. La sfida con il chirurgo Luca Bernardo, sostenuto dal centrodestra, finisce 57 a 32 o giù di lì. La candidata del M5s Layla Pavone si è fermata attorno al 3%. Valanga di voti a Napoli per Gaetano Manfredi: l’ex ministro, appoggiato dal Pd ma anche dai Cinquestelle, vola ben oltre il 60% dei consensi. Mentre la coalizione con Fdi, Fi e Lega, che presentava il candidato sindaco Catello Maresca, sembra squagliarsi superando di poco il 20% in una competizione che vedeva in campo anche l’ex sindaco Antonio Bassolino (8% circa) e l’assessore uscente della giunta De Magistris Alessandra Clemente (5-6%). Anche a Bologna il centrodestra (con il M5s) supera il 60% con Matteo Lepore che doppia Fabio Battistini (centrodestra) rimasto sotto il 30%. A Torino Stefano Lorusso, del centrosinistra, con un 4243% precede di circa 4-5 punti l’avversario di centrodestra, l’imprenditore Paolo Damilano, che i sondaggi davano invece in testa. Il M5s qui corre solo e sta sotto il 10% con Valentina Sganga. Ora i Cinquestelle - che escono decimati dalla sfida rispetto alle larghe vittorie di 5 anni fa di Virginia Raggi e Chiara Appendino - dovranno decidere se appoggiare o meno i candidati Pd nelle città dove gli ex alleati di governo non si sono presentati insieme. Ieri Giuseppe Conte ha già dato una prima indicazione affermando che «la nostra proposta politica non può avere alcuna affinità con le forze politiche di destra». Nella Capitale poi giocherà un ruolo anche Carlo Calenda: l’ex ministro ed europarlamentare (eletto con il Pd) ha detto ieri che non farà apparentamenti formali ma darà un’indicazione di voto, che con il 18% circa raccolto da indipendente, avrà un suo peso nella partita più importante.

Guardando all’interno delle possibili coalizioni è evidente come il Pd esca dal voto molto meglio dei Cinquestelle. E se questo non fa problema ai dem, che si pongono ora come baricentro dell’alleanza, potrebbe fare emergere difficoltà nel Movimento, in attesa che Beppe Grillo chiarisca il suo sibillino post di ieri: «Abbiamo fatto l’impossibile, ora dobbiamo fare il necessario». Nell’altro schieramento paga pegno soprattutto Matteo Salvini ma Giorgia Meloni non sfonda e nemmeno Forza Italia brilla (tranne che in Calabria): per ora pesa in negativo soprattutto il dato milanese, in attesa di vedere come si concluderà la partita per il Campidoglio. Nel capoluogo lombardo, sulla carta una terra 'leghista', il centrodestra ha ottenuto uno dei peggiori risultati di sempre. Il partito di Salvini si è fermato alll’11% circa, Fdi lo tallona con il 9% e Forza Italia, un tempo qui egemone, sta al 7%.

Alle urne per le comunali stavolta sono andati il 54,69% dei votanti, un record negativo. Cinque anni fa erano stati il 61,5%. E nelle grandi città è andata pure peggio. Solo a Bologna si è superata di poco la soglia del 50% dell’affluenza (51,16%). Nelle quattro più popolose città italiane ha votato meno di un elettore su due: circa il 48% a Roma e Torino, il 47% a Napoli e Milano. Un non voto che pesa. E che impedisce di trarre conclusioni univoche dalla tornata elettorale.

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