domenica 31 luglio 2011
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Caro direttore,forse delusa, sicuramente amareggiata. Così mi ha lasciato la conclusione della vicenda, squisitamente politica, che riguardava l’elezione del presidente della Commissione per le pari opportunità della Regione Emilia Romagna. Delusa, ma soprattutto amareggiata perché ho avuto conferma di una triste realtà: per i cattolici, quelli veri, che non temono di perdere la sedia a costo di non rinnegare i valori in cui credono, in politica non c’è davvero alcuno spazio. Quantomeno in una Regione tradizionalmente "rossa" come l’Emilia Romagna, dove, nonostante un accordo del Pd con l’Udc, la pur battagliera Silvia Noè ha dovuto rinunciare al ruolo che per sensibilità, formazione e impegno le si addiceva alla perfezione perché è cattolica! Ebbene sì, lo stesso governatore Errani ha preferito fare marcia indietro di fronte alle reazioni dei partitini e delle associazioni che evidentemente temono i cattolici. Per le idee e convinzioni che portano avanti e vogliono difendere. La Noè – hanno detto – non avrebbe garantito sufficiente laicità alla Commissione. I cattolici, quindi, e in primis il Papa, si possono "sopportare" quando condannano la guerra (ma poi vengono ascoltati solo per i conflitti politically correct); vanno bene quando si schierano dalla parte dei poveri (ma che si limitino solo ad aiuti concreti); li si tira per la giacchetta quando è necessaria una voce in più che promuova lo sviluppo sostenibile del pianeta, la difesa dei "beni comuni", lo stato sociale, l’immigrazione… Se però si passa nel campo etico, ecco che i cattolici devono solo tacere, perché diventano arroganti, prepotenti e intolleranti, volendo imporre al Paese i loro "dogmi". Peccato che da qualche tempo a questa parte, in Italia, tutti possano affermare con forza i loro diritti, far sentire alta la propria voce, zittire le voci non gradite e controcorrente, tranne i cattolici. E oggi, con l’"epurazione" di Silvia Noè, di questo abbiamo avuto chiara conferma.Mi piacerebbe conoscere la sua opinione in proposito, chiederle cioè quali reali possibilità ci siano di poter contare davvero in una società in cui non esistono più punti di riferimento chiari e condivisi, quale sia secondo lei oggi la casa dei cattolici in politica, dato che è sempre più difficile per chi si professa tale poter ricoprire ruoli di qualche importanza o anche solo esprimere il proprio punto di vista senza timore di venire in qualche modo "isolato" o messo in condizione di "non nuocere".

Cristina Tassi, Faenza (Ra)

Io credo con Papa Benedetto che i punti di riferimento chiari ci siano e che possano essere riconosciuti, secondo ragione e in retta coscienza, da (quasi) tutti. Credo cioè, cara signora Tassi, che – nonostante certe derive – i valori fondamentali possano risultare ancora e sempre ampiamente condivisi. E credo anche che quei pilastri di civiltà – richiamati più volte in questa pagina e fonte inesauribile del nostro umanesimo – siano la bussola che ci aiuta a “trovare casa” anche politicamente. Comprendo la sua preoccupazione, insomma, e so che è fondata, ma penso che da essa derivi per i cattolici un più forte dovere di chiarezza nella ricerca del dialogo con chi si definisce “laico”. I cattolici italiani non hanno mai coltivato, neanche quando ne hanno avuto occasione, l’ambizione politica di essere “maggioranza schiacciante”, ma nessuno deve illudersi che accettino un destino da “minoranza insignificante”. Questo è un tempo buono per tornare a dimostrarlo.
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