Futuro è il nome del figlio
sabato 18 settembre 2021

Ecco che cos’è fedele: il muro che si sgretola, ma non è da solo in questo, poiché si sgretola anche con la statua che in cima reca...
Vladimir Holan, Fedeltà

In ogni esperienza umana la fedeltà è essenziale, nelle comunità carismatiche è quasi tutto. Si articola su più livelli: la fedeltà del fondatore/fondatrice al carisma ricevuto, la fedeltà dei membri della comunità al carisma e al fondatore. Ma la possibilità per una comunità di continuare una buona vita dopo la stagione della fondazione dipende dalla sua capacità di far evolvere le forme di esercizio della fedeltà.
All’inizio, quando un carisma dà vita ad una comunità, la fedeltà ha sue note specifiche e necessarie. I membri della comunità vivono la loro fedeltà come adesione incondizionata al carisma e al fondatore. Sentono di non dover apportare nessuna variazione al carisma, così come viene presentato e proposto: tutti e ciascuno devono eseguire soltanto lo stesso spartito. Perché in questa prima fase la perfezione e completezza dello spartito-carisma appaiono straordinarie e uniche, la sua novità totale.

Di fronte a tale completezza appagante, nessuno sente l’esigenza di sviluppare variazioni e note diverse. Non c’è cosa più utile, sapiente e intelligente da fare che mettere tutti i propri talenti a suonare quell’unica celestiale opera, che sta per cambiare il mondo. E se arrivando in comunità ero un suonatore di arpa, ma nello spartito comunitario l’arpa non è prevista, devo immediatamente apprendere a suonare la chitarra o il flauto. L’eccellenza di questa prima stagione del carisma sta nella ricerca dell’esecuzione perfetta, sinfonica e corale dell’unico tema comunitario. Non servono compositori, solo ottimi orchestrali. Lo spartito originale del carisma non ha bisogno né di creatività né di innovazione, e l’unico interprete e direttore d’orchestra è il fondatore. Ciò non significa che le persone non abbiamo talenti. Spesso ne hanno molti, ma li orientano all’unica mission comune, e vengono usati solo se funzionali a questa mission. Per usare un modello dell’economista Joseph A. Schumpeter, all’inizio l’unico innovatore è il fondatore, tutti gli altri membri sono imitatori, che usano le proprie energie per replicare la stessa "impresa".

Questa interpretazione della fedeltà assoluta è associata a una sua parola sorella: radicalità. Si è tanto più fedeli quanto più si è radicali, quanto più le dimensioni personali e soggettive restano sullo sfondo, fino a scomparire. La radicalità diventa il misuratore della fedeltà. Senza questa gestione della fedeltà e della radicalità è impossibile che un movimento carismatico nasca e soprattutto si sviluppi. L’energia spirituale del fondatore viene amplificata e moltiplicata dalla sequela fedele dei compagni, fino a raggiungere livelli di efficacia ed efficienza sconosciute anche alle imprese di maggior successo. È immensa l’energia che si sprigiona da un carisma nella sua fase fondativa, molta della quale dipende da tutte le energie morali e spirituali donate liberamente dai seguaci del fondatore, in un gioco di specchi che si riflettono l’un l’altro all’infinito. È una supernova dello spirito, una esplosione stellare che sprigiona una luce e una energia quasi infinita – in poche settimane o mesi libera più energia di quella che sprigiona il sole in tutta la sua esistenza. Chi ha la ventura di vivere in prima persona la nascita di un carisma sperimenta in pochi mesi una luce e una energia maggiore di quella di una intera vita "ordinaria", che lascia impresso il suo "tao" nella carne per sempre. Inoltre, chi vive questa fedeltà radicale non si sente né espropriato né manipolato perché è la sola cosa che desidera profondamente e liberamente fare, riconoscendola come intimissima, non esterna. Perché essendo fedele al carisma è fedele alla parte più profonda e vera di sé. Leggere l’origine dei movimenti spirituali con le ordinarie categorie sociologiche e psicologiche produce quasi sempre errori interpretativi colossali – e se ne leggono molti.

Ma – e qui sta il punto – questo modo di vivere la sequela fedele e radicale a un certo punto termina, ed è bene che termini, anche se quasi sempre termina troppo tardi. Perché se continua nelle generazioni successive, ciò che era stata la causa del successo di ieri diventa immediatamente causa dell’irrefrenabile crollo di oggi e di domani. La stessa sequela degli apostoli nei confronti di Gesù cambia dopo la Resurrezione. La fedeltà e la radicalità devono restare e possibilmente crescere, ma deve cambiare sostanzialmente la modalità della sequela sia del carisma sia del fondatore. Questa è impresa ardua, perché l’unica forma di fedeltà che la comunità conosce è quella di ieri, alla quale si è formata, cresciuta, che ha consentito autentici miracoli. È su quella fedeltà che le persone hanno costruito la propria identità. La comunità fa quindi una fatica invincibile a immaginare un’altra forma di fedeltà. E così, venuto meno il fondatore, si tenta la scorciatoia: la fedeltà radicale e incondizionata di ieri si trasferisce intatta alle parole, agli atti e alle opere del fondatore che ora non c’è più. Nasce il mito del fondatore: si può essere ancora fedeli al carisma oggi se si è fedelissimi ad ogni parola che il fondatore ha pronunciato in vita. In altri casi la fedeltà di ieri passa pari pari al successore, che viene trattato come una sorta di "reincarnazione" del fondatore. Errori entrambi molto gravi, anche se vissuti quasi sempre in perfetta buona fede. Perché?

Il rapporto tra un carisma e un fondatore è complesso. Crescono insieme, cambiano insieme, co-evolvono. Le parole che un fondatore ha detto all’inizio della sua esperienza non sono quasi mai quelle che dice alla fine. Il carisma è un seme che cresce nel terreno che lo accoglie, in un rapporto simbiotico con l’ambiente e con la storia. Il fondatore attraversa prove, cambia idea, conosce delle fase regressive, delle involuzioni, vive delle notti oscure, fa degli errori. Finché il fondatore è in vita, anche la fedeltà dei suoi membri alle parole immature o alle idiosincrasie ha il suo senso e il suo valore, perché i fondatori onesti riescono a cambiare idea grazie alla fedeltà paradossale (e costosa) di chi sta loro vicino. Quando però il fondatore termina la sua stagione (muore o esce di scena), se i membri della comunità iniziano a pensare che il fondatore è oggi le sue parole e i suoi gesti di ieri, anche se non se ne rendono conto smettono di credere che il carisma è ancora vivo.

Quindi quando una comunità crede di incontrare il carisma del fondatore nel suo passato, è la fede del carisma che è in crisi. Perde contatto con la storia. Le parole del fondatore erano impastate con il dolore e le speranze della sua gente, con le domande del suo tempo. Tornare oggi a quelle parole per trovare luci ai problemi, significa non prendere sul serio la nostra storia, disprezzare il valore del dolore e le speranze degli uomini e donne di oggi, delle loro domande, non prendere sul serio il valore teologico dell’incarnazione (e questa è l’antica tentazione gnostica). Le risposte di oggi devono invece nascere dal carisma vissuto oggi, non c’è altra strada. Tutte le parole e gesti del fondatore possono essere solo ispirazioni, aurora mai fine di un discorso. Sta quasi tutta qua la maturità e la responsabilità di una comunità carismatica. Chiaramente in questi esercizi si possono commettere errori, perché la fedeltà sfiora l’infedeltà, si oltrepassano le zone di frontiera, ma è solo in questa imperfezione che può rinasce la vita.

Certamente il patrimonio di scritti e gesti del fondatore ha e avrà sempre un ruolo centrale in una comunità carismatica, è uno dei luoghi dove il fondatore vive; ma se vive soltanto qui, in realtà il carisma muore. Perché il primo luogo dove si può continuare a incontrare il fondatore dopo la sua morte è nella sua comunità (che spesso eccede i suoi confini formali), nelle persone che con lo stesso carisma continuano la sua stessa storia. Si comprende allora che chi succede al fondatore dovrebbe segnare una forte discontinuità con il passato – cosa poteva accadere alla Chiesa se Pietro si fosse rapportato con i dodici come faceva Gesù?!. Sono soprattutto i membri più intimi che rendono difficile questa discontinuità, la più forte resistenza al nuovo si trova all’interno della comunità.
La fedeltà che ieri era stata adesione incondizionata, oggi deve diventare fedeltà dissonante, divergente, laterale, rischiosa. Allo sviluppo di nuovi temi allo spartito del carism servono "imprenditori-innovatori", non più imitatori. La creatività impiegata, ieri, tutta al servizio dell’esecuzione della stessa opera, ora dovrebbe orientarsi in nuove melodie legate alla prima eppure diverse. Più compositori, meno orchestrali. Ma tutto ciò è possibile se la comunità e i suoi responsabili credono davvero che il carisma sia vivo. E che quindi quello splendido spartito della prima generazione era solo il primo, non l’unico, forse neanche quello più bello. Era il tema dominante di tutte le opere che verranno: è seme di futuro, è il dna spirituale di quanto nascerà.

Ma anche questo è estremamente difficile, perché persone abituate per anni, decenni, a una fedeltà intesa come allineamento totale a parole, direttive, pensieri che arrivavano da fuori già perfette, non si trovano più nella condizione antropologica ed etica per poter essere creativi. Anche volendolo essere, non sanno semplicemente cosa fare. Non essendosi esercitati in un uso creativo della fedeltà, ora che questa servirebbe il muscolo si è (quasi) atrofizzato. Abbiamo speso tutta la vita in una fedeltà assoluta, radicale, infinita, e ci siamo sgretolati al vento, al ghiaccio, alle tempeste. Una vita può essere splendida anche così. Perché mentre il nostro muro si dissolveva abbiamo visto gli angeli, e una volta abbiamo visto anche Dio. Ma se vogliamo impedire che con noi si sgretoli anche la statua in cima al muro (il carisma), dobbiamo oggi spendere le nostre ultime energie affinché i nuovi membri della comunità riescano a sviluppare un’altra fedeltà, non meno radicale, semplicemente diversa.

Una raccomandazione ai fondatori in vita la possiamo infine dare: non fate atrofizzare i vostri "compositori", perché è tra loro che si trova la possibilità del dopo di voi. Anche una orchestra con pochi elementi può eseguire capolavori, mentre altri stanno componendo i capolavori di domani. Non saranno i vostri scritti e le vostre parole a garantire il futuro: saranno le vostre persone educate alla libertà e alla fiducia che vi salveranno, se ce ne sarà almeno una. Il futuro è il nome del figlio.
Il carisma non coincide con la persona del fondatore. È eccedente. Continua a crescere, vivere, amare, imparare, insegnare anche dopo la sua morte. Una "personale" delle opere di un artista scomparso si fa con le sue opere realizzate in vita; una "personale" di un carisma va fatta con le opere del fondatore e con quelle che la comunità ha continuato a comporre. Quali le più belle?

l.bruni@lumsa.it

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