La «cultura dell'incontro» e i suoi frutti generosi
giovedì 26 gennaio 2017

Caro direttore,

nella tragedia del Centro Italia martoriato da terremoti e un durissimo inverno, colpiscono alcune buone notizie. Una di esse, l’alpino che in Abruzzo ha tratto in salvo la piccola Rachele di cinque anni, portandola in spalle sugli sci. Ma al buon cuore dei nostri soldati un po’ siamo abituati. Meno scontata la solidarietà di chi già soffre e non ha patria: come quella portata da dieci migranti, sbarcati tempo fa a Lampedusa. Dieci ragazzi richiedenti asilo, ospiti del "Centro Fenoglio" della località piemontese, stanno lavorando in questi giorni come volontari a Rigopiano e a Penne, imbacuccati nella divisa della Croce Rossa. Dopo anni di stenti e un viaggio che dall’Africa li ha portati nel Nord d’Italia, i giovani sono scesi in Abruzzo a prestare soccorso alla popolazione vittima del terremoto e delle devastanti nevicate dei giorni scorsi: un’opera di restituzione verso il Paese che li ospita. Quei ragazzi del Centro Cri di Settimo sono abituati a lavorare per porgere riconoscenza a chi li ha ospitati. Nel Centro di Settimo Torinese vivono un migliaio di giovani come loro, fuggiti da guerre e stenti, liberi di uscire e regalare opera di volontariato al territorio che li ospita. Non vivono da reclusi, a Settimo. Li vedi per strada, tutti uguali nelle loro tute grigie, raccolti a crocchio attorno alle cabine telefoniche per chiamare casa. O ne scorgi gruppetti nei loro giubbini ad alta visibilità, intenti a raccogliere foglie, pulire i marciapiedi, aggiustare i giochi dei bambini nei parchi. Anche grazie a iniziative di questo tipo Settimo Torinese il 31 gennaio merita di essere nominata Capitale della Cultura 2018.

Teresio Asola

Sono d’accordo con lei, caro amico, praticamente su tutto. E in particolare sul fatto che la giusta e ben regolata accoglienza crea giusta integrazione, la lucida generosità ottiene risposte altrettanto generose. I dieci giovani richiedenti asilo di Settimo Torinese accorsi a Rigopiano e a Penne sono un bell’esempio. Ma non sono i primi e, ne sono certo, non saranno gli ultimi a rispondere al bene col bene. Se e quando sono messi in condizione di farlo… Ricordo come tantissimi italiani – anche se qualche aggressivo e polemico politico se ne è presto dimenticato, mettendo poveri contro poveri – i giovani volontari dalla pelle colorata impegnati a scavare nei giorni d’agosto ad Amatrice e in altre località appenniniche terremotate. Tutto questo è parte della «cultura dell’incontro» che papa Francesco ci invita a far crescere.

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