Incarnare il Vangelo sino in fondo nelle periferie del nostro mondo
venerdì 24 marzo 2023

L’odierna Giornata di preghiera e digiuno dei missionari martiri, promossa dal Servizio giovani della Fondazione Missio, organismo pastorale della Cei, è un appuntamento dalla forte valenza ecclesiale che dovrebbe scuotere le coscienze. Essa viene celebrata anche quest’anno il 24 marzo, anniversario dell’assassinio dell’arcivescovo di San Salvador, sant’Oscar Arnulfo Romero, ucciso brutalmente nel 1980 mentre celebrava la Messa. Martire del regime militare di cui denunciò le violenze, fu un autentico testimone del Vangelo, affermando i valori della pace e della giustizia. D’altronde, chi, più dei nostri missionari e delle missionarie, caduti sul campo, è stato in grado, parafrasando l’apostolo Pietro nella sua prima epistola, di «rendere ragione della speranza che è in voi»? Mai come oggi è necessario essere testimoni della Buona Notizia in una società globalizzata, provata non solo dal Covid-19, dalle guerre e da una crisi economica senza precedenti nella storia moderna, ma anche profondamente segnata dalle diseguaglianze e da una deriva antropologica, per certi versi, molto più inquietante del famigerato coronavirus per le sue immediate ripercussioni sulla dignità della persona umana creata a immagine e somiglianza di Dio.

E se da una parte è vero che soltanto coloro che hanno provato lo choc della precarietà o l’angoscia delle tragiche ambiguità impresse dalla Storia possono accostarsi più di altri al mistero di Dio, dall’altra s’impone l’urgenza di testimoniare le verità evangeliche con l’intento di renderle intelligibili al mondo intero. A questo proposito, san Paolo VI nell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi scriveva che « L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni» (n. 41). Il cristianesimo, infatti, è una religione che non si limita a enunciare i valori, ma esige che essi vengano autenticamente testimoniati, non ammettendo la separazione e la dicotomia tra l’enunciazione dei princìpi e l’incarnazione degli stessi.

Il tema scelto quest’anno per fare memoria di questi araldi del Vangelo è esplicito e diretto: « Di me sarete miei testimoni». Secondo le informazioni raccolte dall’agenzia d’informazione Fides, nel 2022, sono stati uccisi nel mondo 18 missionarie missionarie: 12 sacerdoti, 1 religioso, 3 religiose, 1 seminarista, 1 laico. La ripartizione continentale evidenzia che il numero più elevato è stato registrato in Africa, dove sono stati uccisi 9 missionari (7 sacerdoti, 2 religiose), seguita dall’America Latina, con 8 missionari uccisi (4 sacerdoti, 1 religioso, 1 religiosa, 1 seminarista, 1 laico) e quindi dall’Asia, dove è stato ucciso 1 sacerdote. Occorre tenere presente per correttezza che nel computo annuale di Fides non sono elencati solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma vengono rubricati anche i cristiani cattolici impegnati in qualche modo nell’attività pastorale, caduti in modo violento, anche se non espressamente «in odio alla fede».

Per questo motivo il termine «martiri» si riferisce esclusivamente al significato etimologico di «testimoni», evitando così di entrare in merito al giudizio che la Chiesa potrà eventualmente dare su alcuni di loro. Tra i caduti in Africa nel 2022 figura anche una nostra connazionale, suor Maria De Coppi, missionaria comboniana, uccisa nell’assalto di matrice jihadista alla missione di Chipene, nella provincia mozambicana di Nampula, nella notte tra il 6 e il 7 settembre.

Le sue consorelle la ricordano come una donna sempre coerente nelle sue scelte, interpretando fedelmente quanto auspicato da papa Francesco: stare permanentemente in periferia, dalla parte dei poveri. Naturalmente il ricordo dei missionari/e martiri non si esaurisce nell’orazione e nel digiuno, ma esige da parte delle nostre comunità gesti concreti di condivisione con chi soffre in terre lontane la stessa vita di Cristo. Tutto questo nella cristiana certezza, come leggiamo negli Atti degli Apostoli, che «c’è più gioia nel dare che nel ricevere» (20,25).

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