martedì 6 maggio 2014
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Caro direttore
ho scritto in passato altre lettere nelle quali esprimevo la convinzione che «passando dalla filosofia del respingimento a quella dell’accoglienza» avremmo finito con l’instaurare alcune linee di navigazione ufficiali fra il Nord Africa e l’Italia, su cui far viaggiare gli “immigrandi” pagando un regolare biglietto. Con l’operazione “Mare Nostrum” siamo a metà della strada e abbiamo quasi eliminato i rischi per gli “immigrandi”, aumentando così a dismisura il numero dei candidati. Ci avviciniamo in questo modo all’evidenziare il prevedibile limite di questa filosofia (nulla ha solo il lato buono!): l’insanabile sproporzione fra la domanda potenziale (il bisogno) e l’offerta (la reale disponibilità). Con tutta evidenza non è un problema solo italiano o solo europeo, ma mondiale. La musica sarebbe diversa solo se l’Onu fosse un cosa vera e la smettesse di esprimere belle teorie che non è... obbligato ad attuare e di spendere tonnellate di soldi per diffondere aborto e contraccezione, e avesse il potere che non ha (o che forse in questi anni non si è guadagnato?) ... Capisco che ho fatto un panorama spiacevole, ma il realismo è alla base dell’ottimismo (cercare l’ottimo) e della prudenza (fare in ogni situazione ciò che è bene fare). Qui davvero dobbiamo farci gli auguri!
Camillo Ronchetti, Milano
Magari, caro signor Ronchetti, avessimo instaurato come lei scrive «linee di navigazione ufficiali tra il Nord Africa e l’Italia», o meglio tra l’Africa e l’Europa. Se fosse così, vorrebbe dire che saremmo finalmente giunti a una svolta di civiltà nella non-gestione disumana e quasi sempre criminale dei flussi di profughi e migranti che dalle aree subsahariane, mediorientali e rivierasche si dirigono verso il Vecchio Continente e che l’Italia con la generosa e benedetta operazione “Mare Nostrum” non è più un’eccezione. Vorrebbe dire che finalmente, in Nord Africa, si guardano in faccia le persone e si riconoscono coloro che fuggono da persecuzioni e guerre e, dunque meritano una specialissima attenzione e protezione e quanti, invece, legittimamente cercano di fuggire “solo” dalla miseria e dalla disperazione. Vorrebbe dire che finalmente non si chiudono più gli occhi sui traffici di esseri umani e sulle ingiustizie che sempre sono causa del doloroso sradicamento di persone e famiglie dalla propria terra madre. Vorrebbe dire che gli egoismi degli Stati non paralizzano più le istituzioni sovranazionali: dalla Ue (che ha meno giustificazioni di tutti, essendo già, per molti versi e da molti anni, patria comune di centinaia di milioni di cittadini europei) all’Onu (che può solo qualcosa, ma potrebbe tutto). Vorrebbe dire che avremmo finito di preoccuparci di tagliare il dito (la migrazione forzata di milioni di persone) che indica la grande Luna rosso sangue dello sfruttamento, del malgoverno e dell’indifferenza, e avremmo cominciato a riconoscere che sotto quella Luna c’è un mondo che merita di essere cambiato e reso giusto, cioè più accogliente e meglio “usato”, e aspetta solo che cominciamo a farlo. Perché oggi è già tardi. Ce lo ricordano in modo terribile anche le vittime che tornano a moltiplicarsi lungo la frontiera sud d’Europa. Che si muoia al largo di una costa greca o italiana nulla cambia… Anche questo è realismo, mi creda. Anzi questo è il solo realismo che ci serva davvero. Ce lo conferma, spronandoci e confortandoci, la parola del Papa e dei nostri vescovi. Una parola chiara e forte, che accompagna l’impegno dei tanti che all’ingiustizia e all’indifferenza non si rassegnano. Il gentile signor Petraglia lo dice alla sua maniera. E io lo ringrazio, perché tira evangelicamente una conclusione dal sapore a prima vista “utilitaristico” che spiazzerà qualcuno, ma che mi trova totalmente d’accordo. «Il Signore ci ricompenserà», dice. Sì, saremo ricompensati se agiremo secondo giustizia e umanità, facendo il bene e portandolo nella vita dei «nostri fratelli sfortunati». È proprio così, e sappiamo anche la misura della ricompensa: il centuplo quaggiù, e l’eternità. Ma a quel centuplo quaggiù in troppi ancora crediamo molto poco e persino per nulla. Eppure non ci vuole un grande sforzo per capire che in un mondo più equo e cooperativo, ci sarebbe di più per tutti. Molto di più, molto meglio. Il centuplo, appunto. Non è una promessa facile, ma è una sfida forte e seria. Anche chi non lo ammetterà mai, dentro di sé lo sa. Perché è una sfida dolce eppure totale alle logiche imperanti e ai peccati che, oggi, più opprimono i veri poveri e più disorientano e perdono i presunti ricchi.
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