venerdì 27 aprile 2012
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Caro direttore,
i leader di Pd, Pdl, Udc hanno detto che il finanziamento pubblico ai partiti è necessario per evitare che la politica sia ostaggio del potere economico. Il concetto è giusto anche se – con un occhio agli anni trascorsi – fa un po’ sorridere. Troppi politici non hanno il senso del ridicolo, ma il concetto base rimane giusto. Voglio però osservare che in qualunque famiglia normale, amministrata da una casalinga normale, quando mancano i soldi, si operano dei tagli su tutti i fronti, tentando di salvare le spese essenziali. Allora io dico: dimezzate i rimborsi, cavatevela con poco come facciamo tutti e siate rigorosamente trasparenti su eventuali sovvenzioni private. Quanto alla tranche di 100 milioni che spetta ancora ai partiti per il 2012, io chiedo: che cos’è prioritario? Distribuire questi quattrini alla politica o dare sussidi a chi non sa come sfamare i suoi bambini? Con 100 milioni si conclude poco? Certo, ma meglio che niente.
Annabella Balbiano Torino
 
Caro direttore,
i politici vanno dicendo che la democrazia ha un prezzo; ammesso che sia così, mi sembra chiaro che non debba avere un prezzo milionario, bensì debba mettere in campo pretese e gestione "in economia". I partiti non devono poter fare "risparmi" per milioni e milioni di euro, ma ottenere rimborsi per spese – modiche – effettivamente effettuate. In altri termini, no ad alberghi pluristellati, a viaggi di super lusso, a rimborsi indiscriminati. Personalmente penso anche che chi fa politica debba mantenere il proprio stipendio come qualsiasi altro cittadino lavoratore, e la conseguente liquidazione.
Anna Maria Tripodi Genova
Sono totalmente d’accordo con la signora Balbiano. E proprio per la grande stima che ho del vero e buono "fare politica" in spirito di servizio e con esemplarità. Per anni ci siamo beccati sorrisi di compatimento e ci siamo sentiti dire che proporre e invocare questo standard nella vita dei partiti e dei singoli politici era un irrealistico e un po’ bacchettone atteggiamento da cattolici e da moralisti. Ci ritroviamo, invece, a essere parte di un enorme coro. Francamente ne sono contento. Mi auguro che questo sentimento collettivo non si affievolisca. Condivido anche le osservazioni anti-privilegio della signora Tripodi. Ma non proprio tutte. Penso, infatti, e ci ho già ragionato su in dialogo con altri lettori, che la retribuzione dei parlamentari debba essere equa, ben proporzionata e uguale per tutti. La politica non può essere un "affare", ma non può nemmeno diventare (o, meglio, ridiventare) un affare esclusivamente per ricchi o, almeno, benestanti. In particolare, non riterrei giusto un sistema retributivo degli eletti in Parlamento che a un professionista di successo garantisse l’ultimo reddito dichiarato prima dell’elezione e a un operaio, o a un’impiegata, un’indennità dieci o venti volte inferiore. Ma credo che neanche questa sia l’intenzione della gentile lettrice genovese. E, dunque, penso che in realtà diciamo più o meno la stessa cosa. Spero che venga ben capita, rispettata e tradotta in pratica da chi ci rappresenta e fa le regole.
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