sabato 22 dicembre 2018
Testi pubblicati 60 anni fa ma ancora di assoluta attualità. I poveri di fronte all'Avvenimento che ha cambiato il mondo
Il giorno del Dio bambino per don Mazzolari, don Milani e Greppi
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Tra le cause che spiegano, almeno in Italia, per troppi di noi, la riduzione del Natale a superficialità e consumismo, ce n’è una importante: si è esaurito il rilievo che la nascita di Gesù ha avuto in passato nella cultura e nell’arte. Patria del presepe, l’Italia ha diffuso in Europa, tra il Duecento e il Cinquecento, il gusto pittorico delle Natività: da Giotto a Bruegel, dal Ghirlandaio a Guido Reni. I canti natalizi di Alfonso Maria de’ Liguori resistono al tempo e così nenie in dialetto e filastrocche. Ma la nostra letteratura non ha conosciuto a livello popolare trasposizioni moderne dello «spirito natalizio» quale si trova nel "Canto di Natale" di Dickens e in molta produzione filmica anglo-americana.

Eppure un tentativo di questo genere c’è stato. Lo ha compiuto don Primo Mazzolari, pubblicando su "Adesso" testi che hanno cercato di saldare con la modernità il messaggio evangelico. Raccolti dalla "Locusta" di Vicenza e pubblicati nel 1969, tre di questi racconti di Natale conservano inalterato il loro valore educativo. Il primo, del 1950, è a firma di don Lorenzo Milani. Mazzolari qualifica il testo come «pagina natalizia» e lo titola "Per loro non c’era posto".

Sostenuto da accurate ricerche sulla situazione abitativa in Italia, don Milani illustra con passione il dramma delle famiglie vittime degli sfratti e delle insufficienti assegnazioni di alloggi popolari. «In situazione di necessità», ripete in punta di dottrina, la proprietà privata deve cedere davanti ai diritti fondamentali di persone e famiglie. Non è improbabile che questo testo sia entrato nel «dossier» che ha portato alla chiusura di "Adesso". Oggi i proprietari sono spesso anonimi e le ruspe entrano in azione per motivi di «decoro urbano», ma quelli per i quali «non c’è più posto» sono sempre di più: disoccupati, padri separati, precari, rom, immigrati.

Compare nel 1956 la «Storia di Natale», a firma di Antonio Greppi, uno dei migliori sindaci di Milano. Due statue di Maria e Giuseppe, a grandezza naturale, sfuggono al traghettatore che dovrebbe portarle in chiesa e ricompaiono animate, mettendo a nudo il freddo umano di un paese rivierasco del Lago Maggiore. I «rifiuti» sono più elaborati che nella "Notte Santa" di Guido Gozzano. La marchesa, il custode dell’Ospizio, l’oste, il dottore assonnato disegnano un quadro del privilegio sociale ottecentesco, mentre l’equità dei castighi e del premio per la famiglia contadina ne fanno una parabola di grande valore didattico: ne avrebbero bisogno quelli che negano l’identificazione evangelica della famiglia di Nazaret con i migranti di oggi.

Don Mazzolari stesso, nel 1957, firma il suo "Per chi viene". Può arrivare il Bambino, e può darne la notizia festosa il prete reduce da una fallita missione di pace? Nel clima esasperato della guerra, un possidente è stato ucciso. Il colpevole ha scontato gran parte della pena e la vecchia madre vorrebbe rivederlo, ma per la «grazia» servirebbe il perdono della famiglia offesa. Quel perdono va a implorarlo il prete. Trova una tavola circondata da «teste, bottiglie, boccali e piatti con roba e roba»: manca la pietà. «Altro che vent’anni di galera: la forca, ci vuole, la forca!» è la risposta del capo-famiglia. Il quale osa fare al prete l’invito (rifiutato) di salire sulla macchina che verrà inaugurata per andare alla Messa di mezzanotte. La fede del prete-Mazzolari è sfidata, ma egli sa che il Salvatore verrà, misteriosamente, per tutti protagonisti della sua infelice serata.

Le urgenze di oggi sono ancora quelle: appello alla misericordia, denuncia del fariseismo, condanna di una giustizia feroce. Semplici applicazioni del messaggio evangelico. Ma le resistenze di tanti, che pure si professano cristiani, ci dicono che non è così. Ecco allora l’utilità di rifarci a testi che attualizzano i messaggi di Betlemme e di Nazaret.

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