Ong e famiglie affidatarie e numerose: se la politica che non fa, vuol capire...
sabato 12 ottobre 2019

Caro direttore,
reagisco a caldo all’articolo sulla "paralisi" degli affidi familiari di Viviana Daloiso e Luciano Moia pubblicato su "Avvenire" dell’11 ottobre «E Bibbiano ora azzera gli affidi» (Clicca qui per leggerlo) che mi ha parecchio rattristato, amareggiato, fatto arrabbiare. Sono un papà affidatario dell’Emilia-Romagna. Vorrei poter urlare a più persone possibili che l’affido familiare non è un business, un capriccio, una passeggiata nel mondo dei Puffi. Almeno per me… Il nostro L. non ha un papà. O meglio, ci sarebbe un papà biologico, ma è sparito nel nulla. La mamma invece, che in questo momento non sta bene, sta cercando di riprendere in mano la sua vita. Così L. è con noi. Cerchiamo di dargli tutto l’amore e la cura di cui siamo capaci, finché ce ne sarà bisogno. Non è semplice. Non è semplice perché la sua storia e la sua fatica, quando vuoi bene, è come se diventasse la tua. La sua rabbia, la sua inquietudine, le paure, le angosce diventano anche tue. Il suo grido lo senti, lo capisci, lo vivi e spesso ti spacca il cuore. È giusto per un bambino nascere con l’astinenza e fare i primi mesi di vita in ospedale per disintossicarsi? È giusto essere abbandonati? Se lo meritava? Certamente no. Poi ti accorgi che anche la mamma, a sua volta, è vittima di una vita difficile e in salita. Allora si prova a tenere insieme tutto, nella pace, nella misericordia, nel Vangelo che accoglie tutto e dona luce nuova. Si prova a voler bene a tutti, non importano gli errori o le mancanze. Non è semplice. Servono tutte le forze, tutta la mente, tutto il cuore… altro che business o capriccio! È la strada faticosa, unica, preziosa della condivisione vera della tua vita con chi ha più bisogno. Il tentativo di salvarsi insieme ,in un simbolico abbraccio che affronta la vita e illumina la notte. Ma che ne sanno certi politici a caccia solo di voti? Peccato per loro. Grazie per il vostro lavoro.
Maurizio, papà affidatario

Caro direttore
leggo "Avvenire" ogni sera, nei ritagli di tempo, dopo una giornata passata al lavoro, dopo aver dato un po’ (sempre troppo poco!) del mio tempo ai miei quattro figli e a mio marito. È l’unico lusso che mi posso permettere. Do attenzione a tanti argomenti, ma soprattutto agli articoli e agli editoriali che parlano di famiglia, di denatalità, un tema che mi interessa molto, anche perché nel mio piccolo paese sono abbastanza attiva nel sociale cercando di promuovere politiche che vadano ad aiutare le famiglie, soprattutto quelle numerose come la mia. Martedì 8 ottobre ho letto l’editoriale di Massimo Calvi, «Manovra 2020 e svolta per la famiglia. Rendetela memorabile» (Clicca qui per leggerlo) nella quale il suo collega giornalista si dice in fondo fiducioso di fronte ai passaggi che le varie forze politiche stanno facendo per arrivare all’Assegno unico per i nuclei con figli. E incalza perché si vada in questa direzione. Lo spero, lo spero di cuore. Ma ieri sera, per la prima volta nella mia vita, ho pianto mentre preparavo la cena.
Ho pianto di nascosto, senza farmi vedere dai miei ragazzi e da mio marito, per non farli preoccupare. Non so che fine farà la nostra Italia, il nostro paesello, la mia famiglia. In due righe, sintetizzando ciò che i dati dicono, numeri alla mano, Calvi ha scritto una verità terribile: «Le ricerche dimostrano che in Italia al crescere del numero di figli i redditi medio-bassi diventano ancora più poveri e i redditi medio-alti vedono scendere più che altrove il reddito disponibile». La mia è una delle famiglie con redditi medio-bassi. Le ultime settimane, tra settembre e ottobre, hanno dato un colpo enorme alla nostra economia familiare. Tra libri di testo, abbonamenti ai mezzi pubblici, università, bollette, non è rimasto quasi niente in cassa. E non sarà semplice superare questo mese. Mio marito è fiducioso, non dice niente, sarà perché è un uomo e la vede in maniera diversa. Nella mia testa, leggendo, si sono accavallati invece mille pensieri. Non so se i miei figli avranno la possibilità, tutti, di studiare all’Università. Sono bravi, hanno degli ottimi voti, si stanno dando da fare, credono nella scuola, ma l’Italia non premia quelli bravi e meritevoli. E non è giusto che a rimetterci siano le famiglie che hanno deciso di essere fiduciose e hanno messo al mondo tanti figli. Non percepisco una attenzione prioritaria del Governo, di qualsiasi Governo, da anni, su questo tema. Non la sento. Non la vedo.
Come "Avvenire" documenta con continuità e come è stato riportato anche nella puntata di "Presa Diretta" sull’inverno demografico, i nostri Governi finora non sono stati in grado di mettere in atto quelle misure necessarie per garantire alle famiglie, soprattutto a quelle numerose, una vita dignitosa e le stesse opportunità di altre famiglie. Non si parla mai di famiglia, bensì vengono effettuati interventi-spot, che vanno ad aiutare soprattutto le fasce più con interventi dedicati ai figli piccoli, agli anziani, ma pochissimi - pressoché inesistenti sono indirizzati agli interi nuclei famigliari "normali". Vedo e sento politici incattiviti parlare solo ed esclusivamente di "chiusura dei porti", magari con in mano il Rosario e il Vangelo. Vedo politici fermamente attaccati alla sedia, lavorare due-tre giorni alla settimana, completamente spesati grazie alle nostre tasse, parlare in tv e non dire niente. Vedo i "soliti" privilegiati… Che cosa ne possono sapere, questi, della nostra vita, tra mille difficoltà e mille salti mortali, fatti quotidianamente per cercare di risparmiare anche i 5 euro? Come possono capire che i miei figli utilizzano le stesse scarpe "da ginnastica" per fare educazione fisica a scuola, scambiandosele perché fortunatamente ce l’hanno in due giorni diversi? Come possono capire che ogni mese devo scegliere quale bolletta pagare, e l’altra "aspetterà"? Come possono capire la tristezza di non poter iscrivere i figli a un’attività sportiva, a un corso di musica pomeridiano o di teatro, perché non si può garantire mese per mese il pagamento della rata? Non potranno mai farlo, perché non lo vivono sulla loro pelle. E non chiedo di diventare ricca, caro direttore. Chiedo solo giustizia ed equità, chiedo che ai miei figli vengano date le medesime opportunità che hanno le altre persone. Chiedo che lo Stato consideri questo argomento come prioritario nella sua agenda. Ringrazio Dio ogni giorno di essere in salute e di continuare a svolgere il mio ruolo al lavoro e in famiglia, ringrazio Dio ogni giorno di averla una famiglia così grande e così intensa. Ma mi accorgo che diventa sempre più difficile. Perché i figli "so’ pezzi ’e core", ma mi piacerebbe che fossero "pezzi ’e Stato". La ringrazio della sua attenzione. E nel caso decidesse di pubblicare questa mia lettera, le chiedo di omettere il mio cognome e il posto dal quale provengo... perché non vorrei che i miei figli si imbattessero in essa e in qualche modo si vergognassero della nostra "povertà". Sa, così son fatti gli adolescenti. Vorrei lasciarli tranquilli e far vivere loro una giovinezza spensierata. Che non vuol dire "nullafacente" (mia figlia più grande si è già trovata un lavoretto per continuare gli studi), bensì tranquilla.
Monica, mamma di 4 figli

Caro direttore,
pubblichi se può questa lettera domenica 13 ottobre, perché quel giorno ricorre un anniversario speciale: il ventennale del conferimento del Premio Nobel per la pace a Medici senza frontiere. La motivazione: «In riconoscimento del lavoro umanitario pionieristico dell’organizzazione nei diversi continenti». Una motivazione che molte Ong (sono socio di una di queste, l’Accri) fecero in qualche modo propria: era il riconoscimento che il nostro servizio, il nostro impegno aveva un valore che andava al di là delle piccole comunità che affiancavamo. Davvero da allora sono passati soltanto vent’anni? Oggi in Italia, le Ong sono incredibilmente diventate sinonimi per parecchie persone, quelle che seguono il "pifferaio magico", di «traffico di esseri umani», sono accusate di essere causa delle molte morti in mare, devono persino rispondere del "reato" di aver salvato vite umane e loro navi sono state sequestrate. Questa la considerazione di cui gode un certo lavoro umanitario. Sfoglio il Codice penale e mi soffermo sull’art. 52: «Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta». È ancora vigente questa norma? O è stata abrogata da uno dei "Decreti Sicurezza"? Recuperiamo la nostra memoria, non lasciamo che timori artatamente ingigantiti ci facciano dimenticare valori che erano – e sono – nel nostro Dna. E da cristiani ricordiamoci (Matteo 7, 21-23) che «non chiunque dice Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del padre mio».
Dario, volontario in una Ong

Non vorrei aggiungere neppure una virgola a queste tre bellissime lettere, di un papà affidatario, di una mamma lavoratrice e "regista" di una numerosa famiglia, di una persona impegnata nel mondo delle Organizzazioni non governative. Lo faccio solo per spiegare brevemente perché in questa domenica d’ottobre ho deciso di proporle tutte insieme in questo mio spazio di dialogo con i lettori. Perché, care amiche e cari amici, vi rappresentano molto bene e in modo molto bello. Questa è la "gente d’Avvenire". E tutti vivono, ognuno in modo certo diverso, una stessa passione civile e una comune e limpida, per quanto esigente, faticosa e mai scontata, adesione a un’idea del vero, del buono e del bello che trova in Gesù di Nazareth, il Cristo, una fonte inesauribile.
Spero che anche coloro che hanno potere – potere soprattutto, ma non solo, di governare l’Italia, rappresentare gli italiani e di fare le leggi – leggano le parole di Maurizio, di Monica e di Dario e le capiscano. Sono eloquenti e istruttive che parlino di uno strumento prezioso e delicato come l’affido familiare messo in crisi da gravissimi errori di addetti ai lavori tanto quanto da una propaganda politica dissennata oppure dell’infinita e incredibile indifferenza, nonostante gli impegni spesi a parole, per il prezioso ruolo sociale e per la concreta esistenza quotidiana delle famiglie con figli, specialmente quelle numerose. E dicono qualcosa di indispensabile a chi si professa e persino protesta cristiano e cattolico, ma denigra e mortifica coloro che cercano di dimostrare che la coerenza tra fede e vita è possibile ed è prima di tutto accoglienza dei piccoli e dei deboli e costruzione, qui e ora, di un mondo più giusto.

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