I vaccini funzionano bene, le quarantene dei piccoli no
giovedì 30 dicembre 2021

Cesare, nove anni, fa la quarta elementare in una scuola di Milano e ha chiuso l’anno in Dad e in quarantena. A differenza delle altre volte, fra il primo caso di Covid, il Tampone zero e il T5, in classe sono spuntati altri tre casi positivi: tutti con sintomi lievi, qualche linea di febbre, raffreddore, mal di testa che vanno e vengono. Per loro l’umore è da montagne russe. Il dolore più grande e i pianti sono per il dispiacere, per aver costretto gli altri a casa, per il Natale (e per alcuni, anche il Capodanno) rovinato. Per sé e per gli altri. I genitori sono tutti vaccinati e stanno bene. E pure i nonni.

Però i bimbi sono a casa in quarantena, come le maestre. I bambini in quarantena con tampone negativo, non potendo stare da soli, hanno trascinato nell’isolamento sociale le famiglie. Nell’ultimo monitoraggio regionale della Lombardia, al 19 dicembre, le classi in quarantena erano 988, con oltre 12mila ragazzi interessati e 660 operatori scolastici. Migliaia di persone a casa, costrette a fare i turni per uscire e comunque impossibi-litate a prendere un treno o un aereo. Un lockdown su misura per famiglie con bambini. Il risvolto positivo è un modo intimo di vivere il Natale, la nascita di Gesù, riflettere sul senso di questo tempo e ciò che conta davvero. Abbiamo imparato molto a causa di questo virus.

A stravolgere le nostre vite, a fare i conti con l’incertezza e la fragilità del progresso e della globalizzazione che abbiamo costruito su terreni d’argilla. E anche, armati di pazienza, a fidarci della scienza e delle istituzioni persino quando si naviga a vista e si emanano decreti e si prendono decisioni che durano lo spazio di un mattino, fra incertezze e contraddizioni. Ora, per fortuna, senza mai dimenticare quello che è stato e le persone che non ci sono più, non siamo di fronte alle scene apocalittiche di un anno fa. Grazie ai vaccini e alla risposta corale degli italiani che hanno aderito alle campagne vaccinali. In ospedale i numeri sono ben lontani dai tassi di occupazione dello scorso anno.

Con gli stessi positivi sono ospedalizzati un decimo dei ricoverati del novembre scorso e nell’80% dei casi più gravi – anche se qualcuno non vuol sentirlo né leggerlo – si tratta di no vax. Il vaccino è la principale arma che abbiamo: ci difende, ci permette di ammalarci senza conseguenze gravi e di rendere il virus meno trasmissibile. Ormai è evidente. Ma se è così, perché bloccare ancore le vite dei più piccoli con quarantene difficili da capire? Cesare non può uscire di casa, pur essendo risultato negativo a tre tamponi in dieci giorni, invece il papà e la mamma possono (e devono) andare a lavorare, incontrare persone. Qual è la logica? Appena due anni fa (sembra sia passato un secolo), gli inverni in cui si facevano le grandi influenze, i titoloni dei giornali erano: 'Sei milioni di italiani a letto', 'Ospedali al collasso, malati nei corridoi' o 'A scuola classi dimezzate'.

Oggi è proibito anche raffreddarsi... Figuriamoci avere una febbre. Senza dover correre a fare un tampone con ansia. Così viviamo e vivremo in coda fuori dalle farmacie. Se vaccino vuol dire fiducia e se i fragili sono in sicurezza, allora diamola la fiducia, al vaccino e ai vaccinati. Piuttosto che chiudere i bambini in casa, si faccia vero monitoraggio, si permetta di fare tamponi gratis e ovunque. Il giorno della prima dose molti hanno pianto di felicità.

Martedì anch’io ho fatto la terza dose, convintamente. Cesare, mio figlio, avrebbe dovuto vaccinarsi in questi giorni, ma essendo in quarantena farà tutto a gennaio. Quando mi auguro potrà riprendere la scuola in presenza, senza nuove ipotesi di didattiche creative. E spero con la fiducia di poter vivere pienamente la sua infanzia, già mascherata. È stato comunque un buon Natale, a casa e con i tuoi. Che la Pasqua sia «con chi vuoi».

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