I parchi urbani isole felici, servono più investimenti
martedì 11 maggio 2021

Durante la pandemia di Covid-19, le aree verdi urbane sono diventate in molte occasioni isole felici, luoghi di naturalità alternativi alla segregazione delle mura domestiche, una delle poche alternative dove andare, con la chiusura o la limitata fruizione di negozi, ristoranti e altre strutture commerciali e ricreative. Nel 2020 in Italia l’incremento della frequentazione dei parchi pubblici urbani ha raggiunto livelli senza precedenti: esemplificativo è il caso di Parco Nord Milano, grande parco metropolitano, che ha visto l’incremento di un milione di visitatori.

Questo fenomeno, con diversi tempi e forme, è avvenuto anche a livello globale. Negli Usa dove il lockdown ha avuto altre regole rispetto alle nostre, secondo una recente indagine pubblicata dall’Università di Boston, il risveglio dell’interesse nella frequentazione delle aree verdi pubbliche ha riguardato tutto il Paese: dalla Pennsylvania al Minnesota e fino al Texas il numero di visitatori nella primavera del 2020 è incrementato notevolmente rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Perché il verde urbano è stato identificato come una sorta di santuario durante il periodo pandemico?

Con alcune semplici precauzioni come il distanziamento e l’uso di maschere, i parchi e gli spazi verdi delle città hanno contrastato alcuni effetti negativi sulla salute causati dalla pandemia e dal conseguente isolamento sociale e stress, migliorando la salute fisica e mentale. I parchi hanno agito come un vero fattore protettivo, consentendo l’attività fisica, continuando ad aiutare a prevenire cattive condizioni di salute cardiovascolare, diabete, obesità e ipertensione, che sono tutti considerati fattori di rischio per il Covid-19. Inoltre, l’isolamento sociale, le attività didattiche e lavorative da remoto hanno posto una buona parte della popolazione esposta a rischi per la salute mentale che le attività ricreative all’aperto hanno aiutato ad alleviare.

Una recente ricerca dell’Istituto per la BioEconoma del Cnr insieme ad altri articoli scientifici sulle relazioni tra aree verdi e pandemia, evidenziano non solo questi effetti positivi, ma anche come i cittadini abbiano sempre di più percepito chiaramente l’importanza del verde e degli spazi aperti per la propria salute fisica e mentale, proprio durante la pandemia e come richiedano la presenza di una vera e propria infrastruttura verde urbana diffusa che possa essere usufruita in modo equo da tutte le fasce sociali ed economiche della popolazione. D’altra parte, i rischi di diffusione del coronavirus responsabile della ma-lattia in attività all’aperto sono molto limitati come sta emergendo da studi effettuati in Irlanda, Cina, Usa e Giappone, talmente ridotti da non essere paragonabili con analoghe attività in luoghi chiusi. Secondo il Centro di sorveglianza e tutela della salute irlandese, appena un caso di Covid su mille è riconducibile alla trasmissione all’aperto.

Uno studio su 1.245 casi in Cina ha rilevato che solo tre persone sono state infettate all’aperto e stavano conversando senza mascherine. I parchi e le aree verdi aperte al pubblico hanno evidenziato, anche in questa emergenza sanitaria, la capacità di potere fornire un serie di servizi ai cittadini. Gli spazi verdi urbani sono per una buona parte della popolazione la sola alternativa alla segregazione domestica e per questo motivo gli amministratori locali e nazionali dovrebbero considerare le loro potenzialità nel momento di assegnare le risorse finanziarie anche in tempi post-pandemici.

Gli impegni finanziari nel verde pubblico non avvengono nel vuoto: investire in questi luoghi non solo migliora la qualità della vita e della salute pubblica, ma può influenzare anche in modo positivo l’apprezzamento del proprio quartiere, favorendo processi di coinvolgimento nella governance e un senso di appartenenza ai luoghi. Per le politiche del verde urbano sarebbe pertanto auspicabile l’adozione di una strategia più strutturata rispetto a quanto previsto dall’attuale quadro normativo. Assegnare risorse nel verde urbano non è una spesa, ma un investimento che ha ritorni positivi nel breve, medio e lungo periodo dal punto di vista economico e sociale.

Un recente studio dell’Università di Exeter ha rivelato che gli spazi verdi pubblici di Londra apportano 27 sterline di valore per ogni sterlina spesa dai contribuenti. In questa prospettiva è più che plausibile attribuire a interventi per il verde urbano parte dei fondi assegnati al capitolo «rivoluzione verde e transizione ecologica » (59,5 miliardi) del Pnrr.

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