Sovvertiamo la guerra. Con chi stare, che cosa fare: adesso
sabato 26 febbraio 2022

Si muovono i pezzi sulla scacchiera della guerra d’Ucraina, e ogni mossa aumenta la ferocia dell’aggressione delle armate russe e la disperata durezza della risposta ucraina. E non c’è dubbio da che parte stare. Stiamo con le vittime: l’Ucraina, per prima, perché se un Paese dev’essere annientato, quel Paese è anche la nostra terra, la patria a cui non possiamo rinunciare. E stiamo con ogni singolo caduto, cittadino o soldato, quale che sia la divisa e la bandiera. Stiamo con ogni uomo e ogni donna ingoiati, o sfregiati, dal Moloch riacceso. E stiamo con chi dice e fa pace, e non si rassegna al macello: papa Francesco – la voce più umile, alta e forte – e un popolo di persone, famiglie comunità, reti di amicizia e d’impegno. Sono coloro che osano l’inosabile, che non hanno paura di sembrare fuori dalla cronaca e dalla storia. Ci sono dentro, invece, nonostante risolini e reprimende. A Mosca (dove tanto pesa e più costa) come Roma e Milano, a Londra e a Manchester come a Tbilisi, a Buenos Aires come a Zagabria, a New York come a Firenze, tornata capitale (ecclesiale e civile) di chi lavora per un Mediterraneo «mare di dialogo e di pace»...

No alla guerra. E non domani, ma adesso. E proprio perché sembra impossibile secondo la logica che sinora ha fatto e disfatto il mondo, ma che l’umana coscienza del mondo, adesso, finalmente, può ripudiare. Adesso, e non dopo che le pedine strategiche saranno piazzate, le saette delle sanzioni scagliate, i calcoli fatti e rifatti, le perdite digerite, i dividendi incassati. No alla guerra, in qualunque forma. Ma soprattutto e senza tentennamenti, no alla guerra che infuria già dentro Kiev, e addenta e sbrana e – mentre cala la censura e infuriano le propagande – minaccia di trasformare quel tessuto vitale in una reliquia tragica, emblema d’eroismo, di sopraffazione e di morte. A onta di ogni falsa ragione di guerra, benedetto sia il temerario sogno di fare della città-preda più ambita una «città aperta». Grazie a chi gli ha dato corpo. Grazie a chi sovverte e disarma la logica della guerra. È questa la sovversione che serve al mondo. Questa è la ragione, questo il coraggio.

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