Gli elettori districano tre volte la matassa
mercoledì 6 ottobre 2021

Se fossero state aule di tribunale sarebbe una condanna senza attenuanti. È la bocciatura dei tre magistrati (o ex) candidati alle elezioni di domenica. Il pm anticamorra Catello Maresca non è andato oltre il 21,4% nella 'sua' Napoli. Il napoletano Luigi De Magistris col 15,2% è andato anche peggio nella Calabria dove aveva fatto il pm prima di essere il sindaco di Napoli. Il romano Luca Palamara, con un brillante passato di pm antindrangheta e antiterrorismo, poi assurto a simbolo della deriva correntizia della magistratura dalla quale è poi stato radiato, incassa il 5,9% nelle suppletive della Camera a Primavalle.

Tre candidati 'indipendenti', Maresca portato dal centrodestra, De Magistris coi suoi 'arancioni' sostenuto da gruppi ed esponenti di sinistra, Palamara assolutamente solo, ma con un occhio a destra. Tutti, comunque, caratterizzati dalla loro storia con la toga. Sicuramente di successo per Maresca. Molto discussa ma comunque sbandierata per De Magistris. E perfino da Palamara, anche se ormai assurto a simbolo negativo della magistratura. Ma tutto questo non ha funzionato, diversamente dal passato. Probabilmente la conferma di un periodo di credibilità molto bassa della magistratura, tra scandali e sentenze discusse e discutibili. Non è più la stagione dell’innamoramento post Mani Pulite che aveva portato Antonio Di Pietro in Parlamento col suo movimento Italia dei valori.

Un Parlamento peraltro scelto spesso da magistrati dall’illustre passato come Luciano Violante, Piero Grasso e Franco Roberti. E non solo Parlamento. Basti ricordare il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e lo stesso De Magistris alla guida per due mandati della città partenopea. Magistrati in pensione o magistrati in servizio. Magistrati che dopo l’esperienza politica hanno deciso di rimettere la toga, altri che non l’hanno più rimessa. Cosa faranno ora i tre bocciati? Palamara, anche perché radiato, ha annunciato di voler seguire comunque la scelta politica.

Ma Maresca e De Magistris, che dalla magistratura non si sono mai dimessi? Se sceglieranno di rindossare la toga dovranno farlo non nel territorio dove si sono candidati. Ma basterà per essere ritenuti ancora credibili per indipendenza e autonomia? Ci permettiamo di ricordare le parole quasi profetiche di Rosario Livatino, il 'piccolo giudice' ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990, proclamato beato lo scorso 9 maggio, e vero esempio di indipendenza e autonomia.

«Sarebbe sommamente opportuno – scriveva nel 1984 – che i giudici rinunciassero a partecipare alle competizioni elettorali in veste di candidato o, qualora ritengano che il seggio in Parlamento superi di molto in prestigio, potere e importanza l’ufficio del giudice, effettuassero una irrevocabile scelta, bruciandosi tutti i vascelli alle spalle, con le dimissioni definitive dall’ordine giudiziario».

Purtroppo nel passato anche molto recente abbiamo visto – anche il direttore di questo giornale lo ha sottolineato spesso – troppe 'porte girevoli'. Un andirivieni che ha inciso sulla credibilità della magistratura. Eppure c’è ancora chi crede nella capacità salvifica, taumaturgica, di qualche procuratore. Mischiando giustizia e politica. Anzi facendo politica con la giustizia, o piegando quest’ultima a tesi di parte. È successo e succede a destra come a sinistra.

Quasi una delega in bianco che sa di resa della politica. I pessimi risultati dei magistrati candidati ci dicono che qualcosa è cambiato. Bene così. Sono importanti i magistrati che con rigore e umanità portano a casa importanti risultati e che alle tentazioni elettorali preferiscono l’incontro coi giovani delle scuole. È un doppio servizio al Paese.

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