giovedì 9 febbraio 2012
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Il fondamento dell’etica sociale risiede nell’etica della vita. Recenti, ripetuti interventi del presidente della Cei, cardinale Bagnasco, ce lo hanno ricordato, confermando come oggi sia più che mai necessario ricercare attorno al valore della persona umana il denominatore comune capace di far superare all’Italia le lacerazioni che ne hanno destabilizzato le istituzioni e indebolito la stessa tenuta economica. Si tratta di ferite gravi e profonde, che nessuno può realisticamente pensare di sanare mettendo da parte il tema della vita giustificandosi con l’argomento che si tratterebbe di un terreno "divisivo". Infatti, se l’etica della vita è – come è – il fondamento dell’etica sociale, è illusorio pensare a un’autentica promozione sociale abbandonando l’uomo nei momenti di massima fragilità.Sono trascorsi esattamente tre anni dalla morte di Eluana Englaro a Udine. Nessun’altra vicenda ha maggiormente lacerato le coscienze degli italiani negli ultimi anni quanto quella della giovane donna lecchese. Nessun’altra ha così diviso le istituzioni, mettendo in attrito tra loro gli schieramenti politici, una parte del Parlamento contro parte della magistratura, un’altra parte di quello stesso Parlamento contro il governo, e questi contro la presidenza della Repubblica. Nessuna vicenda, pertanto, richiede più di questa una riconciliazione delle coscienze e una ricomposizione anche nelle istituzioni, per identificare insieme il denominatore antropologico in grado di accomunarci come società. Può e deve aiutarci in questo impegno la seconda Giornata nazionale degli stati vegetativi e di minima coscienza, che si celebra oggi e che è stata istituita appunto perché quanto accaduto nel 2009 non diventi oggetto di rimozione o di contesa e chi si trova nelle condizioni di Eluana sia tenuto al centro di una sensibile attenzione delle istituzioni, della scienza, della società. Occorre, insomma, lavorare perché questa Giornata sia sempre più un’occasione preziosa per una riflessione corale sul valore della vita umana in condizioni di disabilità estrema, mettendo da parte polemiche inutili e strumentali.Dev’essere infatti chiaro che attorno ai disturbi prolungati di coscienza si decide quale dignità la società riconoscerà all’uomo fragile negli anni futuri, a che livello verrà collocata l’asticella che separa chi ha diritto al rispetto di tutti e chi invece viene tragicamente considerato "sacrificabile" sull’altare di altri interessi, persino condivisibili, come il contenimento della spesa sanitaria.Quella di oggi è un’occasione preziosa di riflessione, anche per ringraziare gli uomini di scienza che stanno lavorando intensamente per comprendere i disturbi di coscienza. Grazie alla ricerca, la frontiera degli stati vegetativi sembra restringersi progressivamente. Ogni giorno vengono pubblicate indagini che costringono a riclassificare una parte non trascurabile dei soggetti prima etichettati come "stato vegetativo". Si continua a parlare di errori diagnostici, ma il vero limite sta nella nostra incapacità di scoprire un livello di comunicazione residua. Questa scienza, prodotta a livelli altissimi anche in Italia, ha bisogno di sapere che il Paese le presta attenzione. È una riflessione che dobbiamo anzitutto ai pazienti e alle loro famiglie, per non demotivarle nella loro capacità di amore, per aiutarle a trovare un senso alle loro fatiche e a evitare il rischio della solitudine e della disperazione.Meno di un anno fa l’accordo Stato-Regioni sui percorsi di assistenza ai pazienti in stato vegetativo, approvato all’unanimità, ha dimostrato che la ricerca del denominatore comune è possibile. Se si saprà uscire da talune posizioni ideologiche che ancora si affacciano, persino ostili sull’opportunità di celebrare l’importante appuntamento di oggi, la Giornata nazionale del 9 febbraio potrà aiutare tutti a realizzare concretamente le strutture che ancora mancano, come le realtà semintensive per i pazienti che stazionano impropriamente in rianimazione, o le unità di accoglienza permanente per la minoranza di pazienti in cui il recupero di coscienza non avviene. Il 9 febbraio servirà anche a suscitare attorno alle famiglie un’attenzione capace di evitare l’angoscioso fai-da-te alla ricerca di soluzioni e percorsi per i congiunti. E soprattutto, l’attenzione per questi fratelli più fragili potrà aiutare tutta la società italiana ad assumere un volto più fraterno e solidale.Oggi, dunque, ciascuno si senta chiamato a prestare attenzione, ascolto e servizio.
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