venerdì 29 luglio 2016
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Tutto bello, ma il mondo dov’è? La domanda dell’osservatore che vede questa grande 'festa della fede' è più che fondata: i giovani che nel dolce splendore di Cracovia stanno vivendo in una bolla di gioia perfetta, della quale sono parte integrante anche gli ovvi disagi di una manifestazione di massa, possono dare l’impressione di essere ignari, dimentichi o – peggio – indifferenti rispetto a quel che accade fuori dalla cittadella globale della Gmg. Noi siamo felici così, sembrano dire a chi gli butta uno sguardo di passaggio, lasciateci almeno questi pochi giorni senza pensieri, al riparo da paure, ingiustizie, sangue, odio: si sta tanto bene avvolti in una bandiera a cantare a squarciagola « Jesus Christ, you are my life » insieme a un australiano, una polacca e un nigeriano, non svegliatemi dal mio sogno, alla vita vera penso da lunedì. Ma la vita non attende, pretende udienza, spezza l’illusione che possa esistere un pianeta di sola asettica fraternità. Anche volessero, i giovani di Cracovia non possono mettersi in ferie dal mondo, perché il mondo è qui, e ha fisionomie di persone con le quali si sa di non condividere nulla salvo l’età eppure si scopre di condividere tutto salvo il passaporto. Una bandiera siriana, cinese, pachistana, irachena o francese – quanto affetto si stanno guadagnando i ragazzi del Paese d’Oltralpe più insanguinato dal terrorismo, arrivati in quantità mai vista in una Giornata mondiale, segno che ha molto da dirci su quel che accade appena fuori dall’Italia – sono il segnale che la storia dei nostri giorni ha messo lo zaino è s’è mescolata al flusso senza fine di giovani che portano il volto e le ferite della loro terra. La Gmg non è un villaggio turistico della fede, questi giovani – tanti giovanissimi, peraltro – esprimono in pieno una generazione per la quale non c’è spazio per esoneri da un’esistenza mai come oggi intrecciata con i fili dei travagli globali, trasformati in domande per la propria vita: c’è un futuro per me? Dovrò abituarmi alla violenza cieca? Riuscirò a tener vivi i miei ideali, o dovrò campare di compromessi? Arriva davanti al Papa una gioventù sfrondata dall’illusione che si possa vivere liberi dall’ombra dell’incertezza e dell’inquietudine, e anzi consapevole che questo pensiero presente a ogni risveglio può certo far assopire in una rassegnazione senza luce ma, se non subìto, è anche in grado di soffiare coraggio e creatività nelle vele già pronte e issate in cerca di vento e mare aperto. Tutto parte dal realismo di sapersi vulnerabili bisognosi degli altri, in cerca di un riferimento, una parola vera, un maestro. La Chiesa e Francesco entrano dritti nel cuore di questa attesa con una proposta all’altezza di ambizioni che non intendono piegarsi alla mediocrità. E lo fanno con un evento che si è guadagnato una credibilità inattaccabile e che in questa edizione sta aggiungendo a proposte consolidate e dall’efficacia garantita la forza educativa dell’impensabile accoglienza nelle famiglie polacche. Anche questo è bagno di realtà. Il mondo di oggi non è fuori dai giovani di Cracovia e dei loro coetanei, gli è piantato dentro, perché è una condizione di esistenza e non un fondale per chiudere gli occhi e immaginare, belli rilassati. I giovani che, avviati a occhio a superare il milione entro sabato, hanno scelto di partecipare a quello che è diventato il più grande appuntamento giovanile del mondo e insieme uno dei più interessanti osservatori sul nostro futuro umano sanno bene di non potersi chiamar fuori, come troppo spesso fanno gli adulti davanti a loro. Sperimentano l’attualità sulla pelle, ne sono avvolti con i fili della comunicazione social, non la conoscono forse con i crismi dell’informazione tradizionale ma la 'sentono' come parte di sé. Sono con i piedi sulla terra sempre, non fuggono. Un esempio sono gli stessi giovani francesi, nessuno dei quali ha lasciato Cracovia dopo la tragedia di Rouen: sanno che si risponde a chi disgrega e divide mostrando al mondo con tutta la forza e la gioia di cui si è capaci che c’è un altro modo di vivere, da figli di un solo Padre, fratelli veri. Lo dicono gli occhi dei ragazzi di Cracovia: non mi faccio illusioni, ma non mi lascerò mai e poi mai 'rubare la speranza'. L’assassinio di padre Jacques Hamel è una notizia che indubbiamente li ha colpiti in profondità imprimendo una direzione ai loro pensieri, come un tornante che si preferirebbe risparmiarsi ma che è inevitabile affrontare per proseguire la strada. Ogni Gmg infatti è un percorso, che dai gemellaggi alla Messa finale porta per mano i ragazzi attraverso la loro vita, invitandoli a guardare in faccia le domande che la attraversano, come quella sull’accoglienza dell’altro. Si parte convinti di scoprire un Paese e portarsi a casa una bella esperienza, si scopre un giorno dopo l’altro che c’è un disegno del quale si rivelano contorni e colori. Il disegno sulla mia vita. Ed è uguale al mondo.
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