Gioia dell'annuncio e forza delle omelie. Una riflessione che non finisce mai
martedì 18 agosto 2020

Gentile direttore,

nelle ultime settimane su 'Avvenire' si è scritto di nuovo molto anche di omelie. Considero la Liturgia della parola e l’omelia la mia catechesi settimanale e una 'ricarica' di conforto e di gioia. Se però la predica risulta inadeguata, perché ad esempio punta troppo sul peccato, sul timore di esso, sulla necessità d’un continuo pentimento, quella catechesi per me è priva d’interesse. Prendo ad esempio la Messa del 15 agosto che secondo me conteneva nelle letture un incoraggiamento ad aprirsi agli altri, a cooperare, partendo dall'esempio di Maria, giovane ragazza che si mette in viaggio per la Palestina per andar a dare una mano alla cugina Elisabetta e che si conclude con le splendide parole del Magnificat. Il celebrante invece per gran parte del tempo ha parlato di morte, degli acciacchi degli anziani e del momento in cui ci sarà l’incontro con Dio. Mi sembrava d’essere alla Messa del 2 novembre dove l’argomento morte è di giornata, mentre era la festa dell’Assunta, che dovrebbe indurci a trasmettere gioia agli altri, in specie a coloro che non vengono in chiesa. Mi sono detto, ma magari sbaglio, che non ce la facciamo proprio a trasmettere agli altri che esser cristiani è una scelta di gioia che ci dà lo strumento per affrontare in modo diverso le difficoltà dell’esistenza. Mi sono anche detto che non riusciamo a trasformare le nostre celebrazioni in una festa, in un momento in cui tutto, ma davvero tutto ciò che ci circonda è sofferenza (basta, mi perdoni, aprire i giornali al mattino per averne una prova). Non so se sia questo il motivo per cui molta gente si tiene alla larga dalle chiese, ma credo che dovremmo veramente cambiare qualcosa del nostro modo di comunicare la fede.

Pier Luigi Giacomoni Bologna


A Messa non tutto e non ovunque è triste e monotono come lei ha sperimentato e teme, gentile e caro amico. E se lei considera la Liturgia della parola e l’omelia che frequenta settimanalmente una rigenerante «catechesi» è, credo, perché ha incontrato sacerdoti che gliele hanno fatte gustare così. Ma il problema esiste, e in questi anni di direzione di 'Avvenire' me ne sono reso conto sia dagli interventi autorevoli che ho visto succedersi (ne ho in mente uno, era il gennaio 2010, dell’allora segretario generale della Cei, il vescovo Mariano Crociata) sia dalle lettere che ho ricevuto sul tema. L’ultimo, rapido, dialogo è stato pubblicato pochi giorni fa, il 25 luglio. Mi fermo qui, non senza consigliare a tutti – anche se non si tratta di un manuale di omiletica – la lettura o la rilettura della prima Esortazione apostolica di papa Francesco: la 'Evangelii gaudium'.

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