giovedì 12 maggio 2011
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Nel quadro confuso dei tentativi in atto fra Ue e governi europei per dare soluzioni alla "crisi mediterranea" va assumendo particolare inte­resse la proposta che emerge dalle Re­gioni. Appare evidente, dagli eventi che si susseguono, l’esigenza di una nuova strategia, che tenga conto degli errori commessi e dei nuovi attori protagonisti in Nord Africa e Medio Oriente – i popoli e le società civili – troppo a lungo trascu­rati dall’Europa e dai governi europei e che, soprattutto, vada oltre l’intervento militare (già costoso quanto l’avviamen­to di un Piano Marshall): si richiede u­na nuova politica euromediterranea in discontinuità rispetto al recente passato.L’approccio esclusivamente intergover­nativo e bilaterale ha infatti limitato i ri­sultati del processo di Barcellona, ha bloccato in partenza l’Unione per il Me­diterraneo ed è stato superato dal protagonismo dei nuovi attori. Occorre perciò ripartire dal basso per recuperare la fidu­cia nell’Europa della Sponda Sud, a fron­te dell’attrazione politica ed economica esercitata dagli Usa e dai Paesi emergen­ti, Cina in testa. L’Europa possiede un’ul­tima e unica carta da spendere nel Medi­terraneo: la sua prossimità, fatta di entità regionali e locali, culturali ed economi­che, sociali e umane. Queste sono anco­ra capaci di incrementare con i popoli dirimpettai una fitta rete di partenariati e di scambi, finora limitati dal filtro di go­verni spesso corrotti e onnivori. Il processo di democratizzazione politica ed economica può essere così sostenuto, per avviare rapporti simili a quelli attiva­tisi spontaneamente verso l’Est europeo dopo la caduta delle barriere politiche nel 1989. Su questa risorsa, abbondante e diffusa, l’Europa può contare per fon­dare la nuova politica euromediterranea, dotandola degli indispensabili mezzi fi­nanziari e di efficaci strumenti di pro­grammazione e di governance condivise, come la Macroregione. Per attenuare la drammatica pressione che spinge verso Nord milioni di giovani non c’è infatti al­tra via che lo sviluppo a Sud, con investi­menti non dissimili da quelli che alimen­tano la politica di coesione europea. Non si può più far cadere solo le briciole, co­me accade con i programmi destinati al Mediterraneo (Med, Enpi, ecc.), né è ulteriormente sopportabile un differenzia­le di 5-10 volte fra le economie delle due sponde, destinato a suscitare un’irresisti­bile pressione migratoria.Per cominciare a contribuire allo sforzo straordinario e non più rinviabile richie­sto a tutta l’Europa, i Paesi membri medi­terranei possono assumere un’iniziativa concreta e immediata, da inserire subito nel bilancio della Ue: il trasferimento di quote significative di risorse, sia nell’am­bito della politica di coesione dagli obiet­tivi 'Convergenza' e 'Competitività' al­l’obiettivo 'Cooperazione territoriale transfrontaliera', sia dalle altre politiche esterne ai programmi della Politica di prossimità mediterranea. Il sacrificio che questi trasferimenti richiedono alle Re­gioni europee attualmente beneficiarie, va integrato con corrispondenti interven­ti aggiuntivi della Ue affidando la rimo­dulazione e la gestione dei programmi transfrontalieri e di prossimità, così im­pinguati, alle stesse Regioni, di concerto con le aree partner della Sponda Sud, con il compito di accompagnarne l’attuazio­ne, ciascuna come tutor di un’altra.Ciò consentirà di non incrementare mol­to, come pur si dovrebbe, la spesa euro­pea, ma di renderla da vicino più mirata ed efficace nel tempo. Le Regioni mediter­ranee delle due sponde si riuniscono il 14 maggio in Sicilia, in occasione dell’asse­gnazione di Premio 'Al Idrissi' ai promo­tori del dialogo interculturale, ed elabore­ranno una proposta che rilancia dal basso una nuova 'Politica euromediterranea dei popoli'. È auspicabile che tale proposta trovi gli altri livelli di governance attenti e disponibili, a partire dal Parlamento che, come le Regioni, attinge direttamente dai popoli la propria legittimazione.
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