giovedì 26 febbraio 2009
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Si chiama «Tremonti bond» la risposta italiana alla crisi del credito, la solu­zione per far ripartire la macchina dei pre­stiti alle famiglie e alle piccole e medie im­prese, la formula per rafforzare le fonda­menta delle banche in un momento di al­ta intensità tellurica. Se questi obiettivi sa­ranno centrati in pieno, o anche solo par­zialmente, lo potrà dire solo il tempo. Tut­tavia lo strumento promosso dal ministro del Tesoro ha già un valore più ampio ri­spetto al suo perimetro tecnico: è prova della buona tenuta del sistema bancario italiano, della sua solidità nel confronto internazionale, e allo stesso tempo ha la potenzialità di contribuire, se lo si vorrà, a riscrivere il codice dei rapporti tra 'gran­di' banche e 'piccoli' clienti. La missione dei Tremonti bond (con un rendimento iniziale tra il 7,5 e l’8,5% re­stano prodotti rischiosi e giustamente pre­clusi ai piccoli risparmiatori) è semplice: accrescere temporaneamente con risorse pubbliche il patrimonio delle banche che lo vorranno e consentire agli istituti di cre­dito di prestare più facilmente il denaro senza rischi per la loro stabilità. Speriamo che così effettivamente avvenga, giacché non è vero che le imprese non bussino al­le banche: bussano, ma finora venivano messe in fuga. La riattivazione dei circui­ti del credito, come sanno bene le migliaia di piccole e medie aziende del made in I­taly, è in questa fase non l’unico ma cer­tamente il fattore più importante per con­tribuire a ridare ossigeno all’organismo malato dell’economia, a difendere attività e posti di lavoro. A differenza di quanto sta avvenendo nel­la maggior parte dei Paesi, fino a qui con­siderati più evoluti economicamente e fi­nanziariamente dell’Italia, l’intervento dello Stato resta opzionale, avviene in mo­do tutt’altro che invasivo, non prevede al­cuna nazionalizzazione e comporta un impegno massimo di circa 10 miliardi di euro da parte del Tesoro. Poco a che ve­dere, insomma, con le somme stanziate altrove e con le statalizzazioni che si sono rese necessarie in Gran Bretagna, Irlanda, Olanda e (di fatto) Stati Uniti, o con l’in­tervento diretto nei capitali delle banche avvenuto in Francia, Germania e Belgio. L’'anomalia' italiana è paradossalmente figlia di una tradizione bancaria che me­no di altre – in senso relativo, ovviamen­te – si è lasciata contagiare dalle pratiche della finanza creativa esponendo i pro­prio organismo agli agenti tossici del mer­cato. Un discorso che vale più per i piccoli istituti territoriali, il credito cooperativo e nella gran parte dei casi quello popolare, non a caso le realtà che di questi tempi continuano ad assicurare la circolazione del denaro, ma che con le dovute cautele può essere estesa anche a molti istituti maggiori. E tuttavia, se si vuole, il valore più simbo­lico dei Tremonti bond risiede in quel pro­tocollo che le banche dovranno sottoscri­vere con il Tesoro, se vorranno accedere al sostegno. Una lista di impegni nella qua­le è chiesto di aumentare le somme a di­sposizione di piccole imprese e famiglie, di prevedere condizioni di credito ade­guate allo sviluppo delle attività impren­ditoriali, di favorire concretamente le fa­miglie in difficoltà con il pagamento del­le rate dei mutui. E che contempla l’ado­zione di un «codice etico» tra le cui rego­le vi è quella di porre vincoli ai compensi e ai bonus attribuiti ai vertici aziendali, comprese le eventuali buonuscite. Una lista di impegni, viene da dire alla lu­ce dei limiti e degli eccessi resi oggi evi­denti dall’esplosione della crisi, che per­mette di considerare l’emissione dei bond e l’accettazione delle sue regole come u­na dimostrazione di orgoglio da parte di un istituto, più che un’ammissione di de­bolezza . Il segno che i margini per torna­re a fare banca nel senso più alto del ter­mine, comprendere i reali bisogni di un’impresa o le difficoltà di un nucleo fa­miliare, contribuire a sostenere la ripresa dell’economia nei territori, finanziare le migliori azioni per lo sviluppo, non rap­presentano un compito marginale, ma possono tornare ad essere la prassi. Con o senza bond.
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