Pronto Soccorso Psicologico? Sì, in ogni città
sabato 18 gennaio 2020

È nato a Roma il primo Pronto Soccorso Psicologico in Italia, ad opera di una psicologa, la quale sa senz’altro che con la sua opera esaudisce un antico desiderio di grandi scrittori, intellettuali, poeti italiani, che erano in analisi e si lamentavano che, se facevano un viaggio, per esempio da Milano a Roma, dovevano interrompere le sedute che avevano nella città di residenza: e si sa quanto la puntualità e la continuità delle sedute influisca sull’efficacia della terapia.

Pasolini interruppe la sua analisi da Cesare Musatti, in quel momento presidente degli psicanalisti italiani, verso la settima-ottava seduta, e non si presentò più. Aveva toccato il problema dell’omosessualità. Che dunque rimase tale e quale: una pratica, un problema, un rimorso, un tormento. È mio personale convincimento (lo dico ogni volta che ne ho occasione) che la morte di Pasolini cominciò con quella interruzione dell’analisi.

Gli scrittori che frequentavo allora, Ottieri, Volponi, tutti in analisi, si domandavano perché non esistesse il Pronto Soccorso Analitico: tu sei abituato a parlare dei tuoi problemi ogni pomeriggio alle 5, questa abitudine sorregge le tue giornate, se devi saltare un incontro la tua giornata vacilla. Perché nascesse il Pronto Soccorso Analitico, mi dicevano, deve prima esistere la Fratellanza Analitica: tutti quelli che sono in analisi si sentono fratelli, perché l’analisi è un’unica grande famiglia, e passare da un analista a un altro significa pur sempre restare nella stessa famiglia.

Esisteva allora una pratica psicanalitica che non solo ammetteva l’interruzione delle sedute, ma le programmava: prevedeva cinque-sei sedute a fine mese, concentrate in due-tre giorni, e poi un lungo vuoto, per tutti gli altri giorni. Lo psicanalista che conduceva questa analisi era un grande, Salomon Resnik. Ho sempre dubitato di questo metodo.

Se l’analisi è un cibo, fare questa analisi è come mangiare a crepapelle per tre-quattro giorni, e poi digiunare per il resto del mese. Avrai attacchi di fame lancinanti. Devi mangiare. Così come chi ha bisogno di un aiuto psicologico deve trovarlo.

Il Pronto Soccorso Psicologico è necessario come un ospedale. La parola è una medicina, può guarire e può salvare. Se chi ha bisogno dell’aiuto psicologico non lo trova, può peggiorare fino alle più gravi conseguenze, più gravi per lui e per tutti. Molti casi che finiscono a Chi l’ha visto? si concluderebbero meglio se finissero al Pronto Soccorso Psicologico.

I drammi che finiscono in tragedia (passiva, il protagonista muore, o attiva, il protagonista uccide) hanno sempre, o quasi sempre, una tappa prima della conclusione, in cui una parola, o un contatto, un incontro, un colloquio, potrebbero imprimere una svolta.

Si tratta di "salvare", che è lo scopo per il quale viviamo (noi esistiamo per vivere e aiutare a vivere), e i Centri di Pronto Soccorso Psicologico dovrebbero sorgere là dove la nostra o l’altrui vita urta contro un problema che non sa risolvere. Perché non lo vede bene. Ci vuole un altro, che lo veda dall’esterno. Può essere uno psicologo, soluzione più ovvia. Uno che ha dimestichezza con la psiche. Ma anche uno che ha dimestichezza con l’anima (psiche e anima non sono la stessa cosa), con le parole, o con le medicine. Questo Pronto Soccorso Psicologico nato a Roma è il primo. Ce ne vorrebbe uno per ogni città.

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