mercoledì 11 febbraio 2009
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Non può sfuggire, neanche ai non addetti ai lavori quale è il sottoscritto, che la morte di Eluana sia figlia di un mostro giuridico la cui portata rischia di essere catastrofica per il comune senso di solidarietà, se non si procederà subito all’approvazione di una legge specifica in materia. Non c’è bisogno di sapersi muovere in quelli che oggi più che mai sembrano essere i tortuosi spazi di tribunali, corti e procure per capire che, se si arriva a sopprimere un essere umano in stato vegetativo, è necessario recuperare la bussola che segna il cammino della nostra civiltà. Quale può essere lo strumento che consente di trovare un percorso comune che salvaguardi la vita umana, che si ispiri al buon senso e all’amore di cui le suore misericordine sono state il luccicante esempio in questi anni? È indubbio che un cittadino si può trovare spaesato di fronte a questa domanda. La politica si è dimostrata fino a poche settimane fa incapace di intraprendere qualsiasi tipo di iniziativa legislativa e solo quando gli eventi sono precipitati ha dato una svolta coraggiosa che purtroppo si è rivelata tardiva e che con la morte di Eluana rischia nuovamente di perdersi tra i meandri parlamentari. La giustizia ha descritto una parabola che con un eufemismo potremmo definire bizzarra: dopo sette pronunciamenti che sancivano l’inviolabilità della vita di Eluana, si è giunti improvvisamente a decidere che nell’interesse della donna si poteva procedere alla sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione. La Costituzione italiana è stata oggetto di polemiche e forzature sia per gli aspetti relativi ai poteri del capo della Stato e del governo, sia per quelli inerenti alla tutela della salute e all’obbligo dei trattamenti sanitari. Persino la medicina non ha saputo fornire una risposta univoca circa i doveri del personale sanitario codificati nel giuramento di Ippocrate, tanto che si è assistito ad un aspro dibattito tra coloro che volontariamente hanno elaborato il protocollo di morte e chi invece in tutto questo ha indicato la violazione ideologica della missione medica. Non si rischia così che confusione e disinformazione, create ad arte, prendano il sopravvento? Perché ciò non accada, da parte nostra, unitamente alla manifestazione del grande dolore e al ricorso alla preghiera, è necessaria una forte presa di responsabilità. Innanzitutto nella difesa e nell’annuncio della verità: non si può tacere il fatto, come già su queste pagine si è affermato, che Eluana è stata uccisa, ovvero che moralmente è stato compiuto un abominio ben lontano dal rifiuto legittimo dell’accanimento terapeutico. In secondo luogo è nostro compito incamminarsi sulla strada del diritto naturale, percorribile di pari passo da fede e ragione e unica via per un fermo e inequivocabile giudizio sulla vicenda. Quando si parla di leggi e di costituzioni, quindi di diritto positivo, è proprio il diritto naturale la base condivisa per stabilire se una norma sia o non sia buona. In merito alla Costituzione sbaglia chi la idolatra, anteponendola alla vita di una persona, e in egual misura chi la critica solo sulla base di considerazioni relative al momento storico e ai contributi che ne hanno segnato la stesura. 'Non uccidere' è un imperativo che deve trovare la propria codifica, al riparo da qualsivoglia forzatura, nell’ordinamento che uno Stato si dà. Su questo dimostriamoci capaci di guidare la riflessione, lontani da ogni logica di scontro politico e istituzionale.
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