giovedì 29 maggio 2014
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​Gentile direttore, solidale con gli svantaggiati (da sempre) contribuenti monoreddito che mi hanno preceduto con le loro lettere, offro alcune brevi considerazioni: 1) mio reddito lordo 2013 pari a 27.648,79 euro, moglie e due figlie a carico, una all’Università, l’altra appena laureata e in cerca di lavoro all’estero: bonus Renzi = 0; 2) due colleghi, marito e moglie con due figli in età scolare: reddito lordo 2013 pari a 20.000 + 24.000 euro (44.000 euro totali): bonus Renzi = 960 x 2 = 1.980 euro/anno; 3) mia figlia maggiore tre anni fa ha lavorato per alcuni mesi, percependo più dei fatidici 2.840,51 euro per considerarla a mio carico. Ergo, l’anno scorso ho dovuto restituire all’Agenzia delle Entrate circa 1.000 euro in tre “comode” rate trimestrali. Cordiali saluti e, magari più avanti, ci risentiremo per l’Isee. Ah, quasi dimenticavo: e riesco anche a risparmiare…
Lorenzo Raccagni, Padova

 

 

Caro direttore,
continuiamo anche noi la scia di lettere comparse su “Avvenire” riguardanti l’ingiusta penalizzazione dei nuclei familiari (anche numerosi come il nostro: 6 figli) con accanimento sui monoreddito o “quasi”. Già, perché la nostra famiglia si può considerare (almeno per l’anno 2013) “quasi” monoreddito. E non consideriamo nostro figlio maggiore (22 anni) che, per fortuna, ha un lavoro che non lo fa essere più a carico del padre e dà il suo piccolo contributo (anche se cerchiamo di fargli mettere via quel che è possibile nella speranza, un domani, di sposarsi, visto che è fidanzato). Il “quasi” deriva dal reddito minimo di circa 2.650 euro lordi che uno dei coniugi – la moglie – ha percepito nell’anno 2013 lavorando per una cooperativa. Pensavamo di essere a posto, visto che quella cifra non supera i fatidici 2.840 euro soglia intramontabile da anni per essere fiscalmente a carico. Ma ecco la sorpresa (nel compilare il 730). A tale reddito si deve sommare il 50% della rendita catastale della nostra casa di residenza intestata ad entrambi. E così, per poco più di 100 euro, l’altro coniuge – il marito – ha perso la possibilità di ottenere il rimborso per il carico familiare (circa 700 euro). La speranza di una piccola vacanza diventa lontana, come sempre più quella di veder cambiare le cose in questo Paese, nonostante l’energia e i proclami di Matteo Renzi. Dobbiamo dirle che rimpiangiamo il professor Monti che con la sua riesumazione dell’Ici anche sulla prima casa in forma di Imu ci aveva fatto togliere dall’imponibile Irpef il reddito da abitazione principale, considerando poi che sempre grazie a Monti nel 2012 non avevamo pagato un euro di Imu grazie alle detrazioni per i figli. La crociata dell’allora Pdl per togliere l’Imu dalla prima casa attuata, poi, dal governo Letta a noi ha solo portato una perdita. E se anche avessimo pagato allora l’Imu interamente dovuta (circa 300 euro al netto della riduzione per abitazione principale) senza le detrazioni per i figli, ci avremmo comunque guadagnato. Viene da dire che è proprio vero: si stava meglio, quando si stava peggio. Sarà in grado il presidente Matteo Renzi di smentirlo? Allo stato delle cose, non riceveremo neanche i famosi/famigerati 80 euro al mese visto che il reddito del coniuge “capace” risulta tra quelli “abbienti”, sfiorando la ragguardevole cifra dei 30mila euro lordi all’anno. Poco importa se quei soldi servono per 1, 2 o 7 persone. La ringraziamo se in qualche modo nelle pagine del giornale potrà ancora rimarcare quanta strada manca per portare un po’ di giustizia alle famiglie in questo Paese.  
Paolo e Francesca Balloni, Calenzano (Fi)
 

Pro memoria efficaci come i vostri, cari amici, credo che siano molto utili in un momento come questo nel quale, dopo i risultati del voto di domenica scorsa, il presidente del Consiglio Renzi e l’intero Governo sono in condizioni di rimettersi al lavoro con rinnovata lena. Anche i dati dell’Istat – che abbiamo scrutato un po’ alla volta nei mesi scorsi e che, ieri, ci sono stati riproposti nella consueta forma di Rapporto complessivo sulla realtà italiana – sostengono la riflessione e dovrebbero spingere l’azione nel senso di giustizia fiscale e sociale che anche le vostre appassionate corrispondenze dalla mortificata terra delle famiglie monoreddito indicano con forza. L’avanzamento del processo di precarizzazione della famiglia è sotto gli occhi di tutti. E così le norme e le pratiche amministrative che – più o meno maliziosamente – hanno congiurato a rendere fragile la «prima cellula di ogni società», producendo il conseguente infragilimento della vita comunitaria e della vasta e preziosa rete sociale che costituisce uno dei tradizionali punti di forza del nostro Paese. Già, tutto questo è ormai clamorosamente evidente, così come è evidente la correlazione tra il declino demografico e il declino economico e di speranza dell’Italia. Una realtà dura e impossibile da negare anche da parte di chi, a lungo, ha finto di non vedere ciò che stava accadendo e ancora vorrebbe farci credere che la prima necessità delle famiglie italiane è ottenere una via più breve per il divorzio... Su “Avvenire”, in questi anni, dando voce al Forum delle associazioni familiari e a tante storie come le vostre abbiamo tenacemente chiesto una svolta a governi di diverso colore, ma di stessa incapacità di assumere la “questione” e la “risorsa” famiglia come autentica priorità per lo sviluppo del Paese. Non ci siamo mai stancati di spiegare le fondate ragioni di questa battaglia civile, e potete stare certi che – grazie anche all’impulso di tanti nostri lettori – non ci stancheremo di farlo proprio adesso che il premier in carica, Matteo Renzi, si è impegnato a cambiare registro e passo. Un po’ alla volta, ma con decisione. Lo ha fatto attraverso i suoi collaboratori più stretti, a cominciare dal sottosegretario alla Presidenza Graziano Delrio. Lo fatto in prima persona, anche dalle colonne di questo giornale, il 24 aprile scorso, rispondendo alla incalzante lettera di un giovane padre di famiglia romano. L’abbiamo preso in parola, proprio come tantissimi altri, proprio come voi.

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