mercoledì 8 luglio 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
Caro direttore, la lettera dei deputati Garofani e Giacomelli (“Avvenire” del 27 giugno 2015) rivela un punto di vista “a volo di uccello”, di chi osserva il mondo dai “piani alti” della politica e rischia di ritenere reale ciò che è solo una esemplificazione giornalistica che, nel caso della manifestazione di San Giovanni, ha ingigantito aspetti marginali e taciuto quelli sostanziali. Può così capitare di fare inviti al “rispetto, attenzione, riflessione, capacità di ascolto” pensando agli altri e non anche a se stessi. Centinaia di migliaia di giovani coppie con i loro bambini hanno civilmente fatto richieste che con la religione non c’entrano nulla. Il nostro Paese è in una crisi demografica gravissima, con saldo demografico passato a valori negativi, con 22% di over 65 e solo 14% di under 15 (Istat 2014): i migranti dovremo supplicarli di restare a lavorare in Italia altrimenti non si reggerà più il sistema pensionistico/sanitario di un popolo di vecchi! Ogni sette minorenni uno vive in povertà estrema (rapporto CrC su infanzia e adolescenza 2014). Ciò malgrado nei “piani alti” non ci si interroga su una politica in favore della maternità, dell’infanzia e della famiglia. In Italia è molto svantaggioso mettere al mondo figli, sposarsi o nascere in famiglie che abbiano più di un figlio. Visto che si fa riferimento alla Germania per la civil partnership, sarebbe onesto adottarne anche le generosissime politiche in favore della maternità-infanzia-famiglia, ritenute da quello Stato un interesse sociale di prima grandezza. In questo contesto di “incoscienza” della politica per i pericoli mortali che incombono sul futuro della nostra società, la famiglia, ancor più in tempi di grandi incertezze, si rivela una cellula insostituibile della costruzione sociale. Non è interesse pubblico inseguire il pensiero unico, “politicamente corretto”, indifferente verso la maternità e l’infanzia, che banalizza la natalità, la genitorialità, la cura e l’educazione dei cittadini di domani, promuovendo, insensibilmente, la legalizzazione dello sfruttamento, da parte di ricchi omosessuali, del corpo di donne povere (utero in affitto e prelievo di ovociti). Si faccia pure la legge per unioni civili che siano altro rispetto alla famiglia e non ci sarà alcun problema, se la “capacità di ascolto” sarà transitiva.Gabriele Petrolitoconsigliere comunale del Pd Mirano-Venezia Caro direttore, ho letto e riletto su “Avvenire” del 27 giugno sia la lettera di Francesco Saverio Garofani e Antonello Giacomelli, deputati del Pd, sia la sua risposta ben articolata. E dico: finalmente. Sono contenta: in primo luogo che due deputati del Pd dichiaratamente cattolici abbiano espresso con coraggio equilibrato il loro pensiero sul nostro giornale; e che la lettera dei due deputati non sia stata cestinata. Si tratta davvero di leggere senza pregiudiziali le parole di papa Francesco e il testo dell’Instrumentum laboris messo a punto in vista del Sinodo dei Vescovi del prossimo ottobre che, tenendo conto delle risposte dei fedeli di tutto il mondo e, dopo aver confermato che le unioni omosessuali non sono assimilabili al matrimonio e alla famiglia, recita «si ribadisce che ogni persona indipendentemente dalla propria tendenza sessuale va rispettata nella sua dignità ed accolta con sensibilità e delicatezza sia nella Chiesa sia nella società». È un passaggio importantissimo: forse si intravvede una strada per superare la contrapposizione ideologica su temi così delicati, senza fomentare l’insorgere di nuovi steccati o innalzare muri o stabilire anacronistiche distinzioni tra quelli che sarebbero “veri” credenti e quelli che non lo sarebbero e di affermare la possibilità di una convivenza rispettosa tra il principio della laicità e quello della piena libertà di parola e di annuncio della Chiesa, «ospedale da campo» nel quale ci si deve piegare sull’uomo ferito, specie su tutti gli uomini e tutte le donne offesi e umiliati dal dolore. Un confronto e un dialogo più approfondito potrebbe ulteriormente dare forza di convincimento sui valori del matrimonio e della famiglia spesso disattesi dagli stessi sposi che hanno scelto il matrimonio-sacramento. Pinuccia VerganiMontesiro di Besana Brianza (Mb)Il direttore Marco Tarquinio risponde:Mi fa piacere che il consigliere Petrolito abbia molti pensieri e preoccupazioni in comune con me. E mi fa altrettanto piacere che dai “piani bassi” (e più vicini) della politica rimbrotti con chiarezza e passione tanto i parlamentari del suo partito (sui temi familiari e demografici), quanto i populisti xenofobi (sui temi del governo delle migrazioni e dell’integrazione). Dissento solo su un paio di punti. Il primo punto: capisco lo spirito con cui il lettore lo afferma, ma non è vero che le richieste dei manifestanti di piazza San Giovanni «non c’entrino nulla con la religione». C’entrano anche con la fede, ma non hanno una base dogmatica, bensì razionale e civilmente condivisibile (e infatti condivisa) da gente che crede diversamente e pensa diversamente e da tantissimi che hanno pensato in modo diverso anche sull’opportunità di andare in piazza. Peccato che tra tantissima brava gente ci siano stati, e ci siano ancora, anche dei cultori dell’esagerazione e del pettegolezzo, che squalificano se stessi e la causa della “famiglia costituzionale” che dicono di voler difendere, adeguandosi purtroppo agli standard polemici peggiori delle lobby politiche Lgbt. Il secondo punto: non mi convince affatto il “modello tedesco” di unioni civili neanche abbinato a buonissime politiche (sempre “alla tedesca”) di sostegno alla famiglia con figli. Continuo ad augurarmi che queste ultime, saggiamente, prendano finalmente forma, ma spero che la regolazione delle convivenze tra persone dello stesso sesso a cui si sta lavorando in Parlamento si sviluppi in modo serio e originale, secondo un “modello italiano” e per nulla similmatrimoniale. Spero che anche nel Pd in tanti riescano a vedere la questione nei suoi esatti termini, quelli che in modo sintetico ma efficace l’amico Petrolito richiama. E spero che ci riescano ora, non dopo, quando anche in Italia ci sarebbe ancor più da misurarsi con i guasti e le dure pratiche di sfruttamento e mercificazione dell’umano già emerse in mezzo mondo a causa delle spensierate pseudo-conquiste di libertà legate alle cosiddette nozze omosessuali e alle altre vertigini della possibilità alle quali non pochi ormai (anche tra le coppie eterosessuali) credono di potersi abbandonare incuranti delle conseguenze sui piccoli e sui deboli. La signora Vergani mi scrive, con slancio sia ideale sia – ne sono sicuro – concreto, dal “piano basso” e dal “luogo di prossimità” per eccellenza, quell’«ospedale da campo» che, secondo l’insegnamento del Papa, è nella vera natura della comunità cristiana e nella concreta testimonianza dei credenti. A lei posso solo confermare che un dialogo vero – perché sempre rispettoso della ragione e delle ragioni degli altri – sta anche a me a cuore, nella Chiesa e nella società. È necessario tanto quanto l’impegno per dare coerente chiarezza alle visioni e alle azioni che ci caratterizzano da cittadini e da cristiani e ci aiuta a dare priorità allo sguardo e all’azione solidale nei confronti dei “feriti” e degli inermi in un mondo dove mai come oggi, per usare di nuovo un’immagine cara a papa Francesco, i signori del «pensiero dominante» puntano a creare un indifferente e anti-umano sistema di «pensiero unico».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI