Equilibrio tra foto e parola e logica del rispetto nelle nostre scelte
sabato 24 ottobre 2020

Caro direttore,

ho già avuto modo, in diverse altre occasioni, di manifestare la mia contrarietà alle immagini pubblicate a corredo degli articoli sulla prostituzione. Noto che sono ancora apparse immagini di donne che si suppone siano prostitute nella sezione di cronaca dedicata a “Milano e Lombardia” sia il 17 ottobre (pagina II) sia il 18 ottobre 2020 (pagina III). È vero che le immagini appaiono appositamente sfuocate e che le persone sono riprese di spalle per rendere irriconoscibili i soggetti ma, ciononostante, non riesco a essere d’accordo sulla loro pubblicazione. Questo tipo di immagini non aggiungono niente al contenuto degli articoli e sono quindi inutili. Non posso comunque non esprimere il mio apprezzamento a lei, direttore, e a tutti i suoi colleghi per l’ottima qualità di “Avvenire”.

Walter Barelli, da sempre lettore di “Avvenire”, Porlezza (Co)


Tutti i giornali sono fatti mantenendo un essenziale equilibrio grafico tra parola e immagini. Da lettore attento qual è, gentile signor Barelli, lei si può rendere facilmente conto di questo. Così come del fatto che nei quotidiani, come è “Avvenire”, lo spazio della parola supera di gran lunga quello destinato alle immagini. Spazio che però c’è, ed entro certi limiti è ineliminabile. Per questo dobbiamo corredare con foto alcuni articoli soprattutto quando in pagina hanno speciale ruolo e luogo. Da questo vincolo formale discende una opzione che è anche di sostanza: le fotografie con cui accompagniamo articoli di forte attualità su temi delicati sono, per nostra antica e confermata scelta editoriale, evocativi e non direttamente illustrativi. È una linea di rispetto alla quale siamo fedeli da oltre mezzo secolo. E lei, pur dicendosi in disaccordo, coglie bene questa caratteristica. Ho provato a spiegarle rapidamente perché mettiamo in pagina certe foto; non pretendo di averla convinta, ma spero di averla aiutata a capire le nostre ragioni e, ancor più, di averle dato almeno mezzo motivo per confermare il suo bel giudizio sul lavoro che tutti noi facciamo in questo giornale e per i suoi lettori.

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