Egitto e Arabia saudita ridisegnano gli assetti
mercoledì 30 novembre 2016

Le crescenti tensioni politiche fra Egitto e Arabia Saudita stanno accelerando il mutamento delle alleanze mediorientali. L’Egitto, un gigante da oltre 80 milioni di abitanti, è un Paese ormai dipendente dagli aiuti internazionali e la tenuta della presidenza sempre più autoritaria di Abdel Fattah Al-Sisi è direttamente legata ai prestiti e/o alle donazioni dei partner regionali (Arabia Saudita, ma anche l’assegno statunitense da 1,3 miliardi di dollari annui per le spese militari) e delle istituzioni internazionali. A tre anni dalla contro-rivoluzione di Al-Sisi, la situazione economica del Cairo versa in condizioni pessime: per ottenere un prestito di 12 miliardi di dollari dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), il governo egiziano ha così dovuto tagliare i sussidi sul carburante, provocando un immediato aumento dei prezzi dei beni di prima necessità.

Il malcontento sociale è pertanto destinato ad aumentare. E stavolta i Fratelli Musulmani, la cui leadership è tuttora in carcere, non potranno essere accusati dai militari di fomentare la piazza. In questo scenario, la sospensione 'a tempo indeterminato', da parte dell’Arabia Saudita, delle forniture di petrolio all’Egitto ha messo a nudo un ulteriore fronte critico per Il Cairo: quello delle alleanze regionali. Perché dal 2013 a oggi le monarchie del Golfo sono state le prime finanziatrici dell’Egitto di Al-Sisi: una relazione d’interesse reciproco (denaro in cambio di stabilità e repressione della Fratellanza Musulmana) che presupponeva però, da parte del Cairo, un’adesione rigida alle scelte di politica regionale di Riyadh.

Tuttavia, i rapporti fra egiziani e sauditi sono peggiorati dal 2015. A differenza dell’Arabia Saudita, l’Egitto non guarda con favore all’uscita di scena di Bashar Al-Assad: sulla crisi siriana, gli egiziani hanno addirittura votato presso il Consiglio di Sicurezza dell’Onu una proposta di risoluzione, invisa ai sauditi, della Russia. Due notizie hanno poi fatto crescere i sospetti di Riyadh verso le mosse del Cairo: il recente viaggio del capo dell’intelligence siriana nella capitale egiziana, nonché la proposta dell’Iran di includere l’Egitto nei negoziati Onu sulla Siria. Riguardo allo Yemen, gli egiziani si sono spinti ancora più in là, rifiutando di inviare soldati a combattere contro gli insorti sciiti yemeniti, come invece richiesto dall’Arabia Saudita.

L’avvicinamento fra Egitto e Russia è ormai evidente: oltre ai contratti nel settore della difesa, Il Cairo e Mosca hanno appena condotto le prime esercitazioni militari congiunte. Inoltre, la Russia sta trattando l’utilizzo di alcune basi militari in territorio egiziano, come quella aerea di Sidi Barrani, vicina al confine con la Libia: sarebbe la seconda base aerea russa nel Mediterraneo, dopo quella siriana di Hmeimim. Le altre monarchie del Golfo provano a ricucire lo strappo fra Egitto e Arabia Saudita, soprattutto da un punto di vista energetico: Emirati Arabi Uniti e Kuwait forniranno petrolio agli egiziani.

Grazie a una mediazione russo-iraniana, anche l’Iraq aumenterà l’esportazione di petrolio all’Egitto: un accordo da 1 milione di barili di greggio al mese (erano 200.000), che rivitalizza la cooperazione tra Baghdad, già nell’orbita di Teheran, e Il Cairo. Tra i motivi del raffreddamento tra Egitto e Arabia Saudita c’è poi la questione dei Fratelli Musulmani. Al-Sisi non ha infatti gradito che il re saudita Salman, a differenza del suo predecessore, abbia ammorbidito le posizioni del regno sulla Fratellanza, cercando appoggi locali in Siria e Yemen.

L’attenzione dei sauditi è però monopolizzata dalla competizione regionale con l’Iran sciita: dunque, la priorità di Riyadh è fare fronte con tutte le potenze sunnite, Turchia compresa, per contenere l’influenza di Teheran. Per l’Egitto in crisi economica, il puzzle delle alleanze mediorientali è quindi ricco di tasselli ingombranti.

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