Educazione civica, un'amara disperanza e il lavoro che continuerà a esser fatto
sabato 11 maggio 2019

Caro direttore,
adesso che l’educazione alla cittadinanza sta per essere reinserita per legge nella scuola italiana (ma a me non risulta che se ne sia mai andata: tanto che durante il prossimo esame di maturità dovrà essere affrontata nel colloquio orale), mi auguro che lei possa rendersi conto "dal vivo" che questo tipo di scorciatoie produce soltanto ulteriore stress, confusione e burocrazia. Chi insegnava già in maniera seria non aveva certo bisogno della nuova leggina lava-coscienza che il Parlamento sta per approvare. Continuo a sperare che i mass media smettano di chiedersi inutilmente ogni giorno quando cadrà il governo e inizino a chiedersi quando cadrà la scuola italiana… Nemmeno il fatto straordinario che l’Esame di Stato sia stato cambiato ad anno scolastico in corso ha fatto aprire gli occhi a coloro che sono coinvolti nel mondo dell’educazione. Quasi nessuno ormai ("Avvenire" è ovviamente una felice eccezione) discute seriamente di scuola. I genitori continuano a essere molto confusi; i docenti continuano a essere molto frustrati e disillusi; i giovani sono in attesa di incontrare maestri, non regole (pur bellissime…). Propongo anche a lei un esperimento mentale che sto suggerendo ai miei conoscenti in questo periodo: quante cattive notizie che oggi leggiamo sull’Italia saranno cancellate da un’ora in più di Educazione alla cittadinanza? E quante, se i ragazzi incontreranno adulti autorevoli? Lei dirà: una cosa non esclude l’altra. È vero, ma lo spazio per fare tutto non esiste nella scuola di oggi; bisogna fare scelte. Cominciare dall’etica, invece che da una proposta educativa ragionevole e coinvolgente, è controproducente. Toglie energie ai docenti, già terribilmente fiaccati, e deresponsabilizza ulteriormente i genitori. La realtà come al solito si incaricherà di provarlo. Impietosamente.

Leonardo Eva
Firenze


Prendo sul serio la sua lucida amarezza e il suo ben argomentato allarme, gentile e caro professor Eva. Ma le rispondo esattamente come lei ha previsto: una cosa non esclude l’altra. Se per "regole" in aggiunta da interpretare e da spiegare lei intende quelle scolpite nella prima parte della nostra Costituzione, io spero che i ragazzi incontreranno "maestri" capaci di fargliele capire e amare. Non sono parte di un’etica algida, lontana e astratta, sono saldi pilastri di vita civile e sono, anche, parte essenziale di una «proposta educativa ragionevole e coinvolgente».
So che lei è un docente capace di questo. So anche che è il primo ad augurarsi che la sua previsione di impietoso fallimento della "nuova" Educazione civica (o, se preferisce, alla cittadinanza) in corso di approvazione da parte del Parlamento venga smentita da buone pratiche. E so che, per la parte che le spetta, lei lavorerà con competenza e passione a questo utile e felice esito, come tanti e tante insegnanti che anno dopo anno continuano a fare il bene dei loro ragazzi e ragazze resistendo a frustrazioni, disillusioni, incomprensioni, sottovalutazioni, disattenzioni e "agguati" (dis)organizzativi.
Resistendo a quella disperanza che sembra diventata sentimento collettivo nel nostro teso tempo italiano. Detto questo, scrivo e dico non da oggi e non mi stanco di farlo, che alla scuola italiana va finalmente risparmiato ogni stress, ma solo quello. Non certo le risorse. La "scuola di tutti", con chi ogni giorno le dà anima, è il luogo del più grande investimento civile sul futuro comune. Non è l’unica grande realtà educativa, e noi cristiani lo sappiamo bene, ma è preziosa e insostituibile. Ne ho avuto una nuova prova proprio ieri, nella Bergamo invasa dall'esercito disarmato e disarmante del Sermig (quelli dell’Arsenale della Pace di Torino...), incontrando centinaia di ragazzi liberamente riuniti assieme a professori ed educatori e sottoponendomi, io, di buon grado all’«interrogazione» condotta da una dozzina di loro. C’è un gran lavoro in corso, c’è un gran lavoro da fare. Anche per far funzionare meglio che si può ciò che è mal congegnato nella scuola di oggi... Auguri e avanti, professore. E un saluto caro e grato a lei, alle sue colleghe e ai suoi colleghi in ogni parte d’Italia.


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